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Andate là, che siete due bizzarre ragazze!
Oh, cospettaccio! Cosa pretenderesti?
Per me nulla.
- Per chi dunque? - Per voi.
- Per noi? - Per voi.
- Siete voi donne o no? - E per questo?
E per questo dovete far da donne.
- Cioè? - Trattar l'amore en bagatelle.
Le occasioni belle non negliger giammai,
cangiar a tempo, a tempo esser costanti,
coquettizzar con grazia, prevenir la disgrazia sì comune
a chi si fida in uomo,
mangiar il fico e non gittare il pomo.
E poi?
E poi... Caspita, fate voi.
- Cosa dobbiamo far? - Quel che volete.
Siete d'ossa e di carne, o cosa siete?
Una donna a quindici anni
dee saper ogni gran moda:
dove il diavolo ha la coda,
cosa è bene, e mal cos'è.
Dee saper le maliziette
che innamorano gli amanti,
finger riso, finger pianti,
inventar i bei perché.
Dee in un momento dar retta a cento,
colle pupille parlar con mille,
dar speme a tutti, sien belli o brutti,
saper nascondersi senza confondersi,
senza arrossire saper mentire,
e qual regina dall'alto soglio
col ''posso e voglio'' farsi ubbidir.
Par ch'abbian gusto di tal dottrina.
Viva Despina che sa servir!
Sorella, cosa dici?
Io son stordita dallo spirto infernal di tal ragazza.
Ma credimi: è una pazza.
Ti par che siamo in caso di seguir suoi consigli?
Oh, certo, se tu pigli pel rovescio il negozio.
Anzi, io lo piglio per il suo vero dritto:
non credi tu delitto, per due giovani omai promesse spose
il far di queste cose?
Ella non dice che facciamo alcun mal.
È mal che basta il far parlar di noi!
Quando si dice che vengon per Despina!
Oh, tu sei troppo larga di coscienza!
E che diranno gli sposi nostri?
Nulla: o non sapran l'affare, ed è tutto finito;
o sapran qualche cosa, e allor diremo che vennero per Despina.
Ma i nostri cori?
Restano quel che sono.
Per divertirsi un poco e non morire dalla malinconia,
non si manca di fé, sorella mia.
Questo è ver.
- Dunque? - Dunque, fa' un po' tu.
Ma non voglio aver colpa, se poi nasce un imbroglio.
Che imbroglio nascer deve con tanta precauzion?
Per altro, ascolta: per intenderci bene,
qual vuoi sceglier per te de' due Narcisi?
Decidi tu, sorella.
Io già decisi.
Prenderò quel brunettino,
che più lepido mi par.
Ed intanto io col biondino
vo' un po' ridere e burlar.
Scherzosetta, ai dolci detti io di quel risponderò.
Sospirando, i sospiretti io dell'altro imiterò.
Mi dirà: “Ben mio, mi moro!”
Mi dirà: “Mio bel tesoro!I
Ed intanto che diletto,
ed intanto che diletto,
che spassetto io proverò!
Ah, correte al giardino, le mie care ragazze!
Che allegria! Che musica! Che canto!
Che brillante spettacolo! Che incanto!
Fate presto, correte!
- Che diamine esser può? - Tosto vedrete.
Secondate, aurette amiche,
secondate i miei desiri,
e portate i miei sospiri
alla dea di questo cor.
Voi, che udiste mille volte
il tenor delle mie pene,
ripetete al caro bene
tutto quel che udiste allor.
Secondate, aurette amiche,
il desir di sì bei cor.
Cos'è tal mascherata?
Animo, via, coraggio!
Avete perso l'uso della favella?
Io tremo e palpito dalla testa alle piante.
Amor lega le membra a vero amante.
Da brave, incoraggiateli!
Parlate.
Liberi dite pur quel che bramate.
Madama...
Anzi, madame...
- Parla pur tu. - No, no, parla pur tu.
Oh, cospetto del diavolo!
Lasciate queste smorfie del secolo passato.
Despinetta, terminiam questa festa:
fa' tu con loro
quel ch'io farò con questi.
La mano a me date, movetevi un po'!
Se voi non parlate, per voi parlerò.
Perdono vi chiede un schiavo tremante.
V'offese, lo vede, ma solo un istante.
Or pena, ma tace.
Or lasciavi in pace.
Non può quel che vuole, vorrà quel che può.
Su, via, rispondete!
Guardate,
e ridete?
Per voi la risposta a loro darò.
Quello ch'è stato, è stato.
Scordiamci del passato;
rompasi omai quel laccio,
segno di servitù.
A me porgete il braccio,
né sospirate più.
Per carità, partiamo; quel che san far veggiamo.
Le stimo più del diavolo s'ora non cascan giù.
Oh, che bella giornata!
Caldetta anziché no.
Che vezzosi arboscelli!
Certo, certo, son belli:
han più foglie che frutti.
Quei viali come sono leggiadri!
Volete passeggiar?
Son pronto, o cara, ad ogni vostro cenno.
- Troppa grazia! - (Eccoci alla gran crisi!)
Cosa gli avete detto?
Eh, gli raccomandai di divertirla bene.
- Passeggiamo anche noi. - Come vi piace.
- Ahimè! - Che cosa avete?
Io mi sento sì male, sì male, anima mia, che mi par di morire.
Eh, via, non fate...
Io mi moro, crudele, e voi burlate?
Io burlo?
(Dunque, datemi qualche segno, anima bella, della vostra pietà.)
Dunque, datemi qualche segno, anima bella, della vostra pietà.
Due, se volete.
Dite quel che far deggio, e lo vedrete.
Scherza, o dice davvero?
Questa picciola offerta d'accettare degnatevi.
- Un core? - Un core.
È simbolo di quello ch'arde, languisce e spasima per voi.
- Che dono prezioso! - L'accettate?
Crudele! Di sedur non tentate un cor fedele.
La montagna vacilla.
Mi spiace, ma impegnato è l'onor di soldato.
- V'adoro! - Per pietà!
- Son tutto vostro! - Oh, Dei!
- Cedete, o cara! - Mi farete morir.
Morremo insieme, amorosa mia speme.
L'accettate?
L'accetto.
lnfelice Ferrando!
Oh, che diletto!
ll core vi dono, bell'idolo mio;
ma il vostro vo' anch'io:
via, datelo a me.
Mel date, lo prendo;
ma il mio non vi rendo.
lnvan mel chiedete,
più meco ei non è.
Se teco non l'hai, perché batte qui?
Se a me tu lo dai, che mai balza lì?
Perché batte qui?
Che mai balza lì?
È il mio coricino che più non è meco.
Ei venne a star teco,
ei batte così.
Qui lascia che il metta.
Ei qui non può star.
T'intendo, furbetta.
Che fai?
Non guardar.
- Nel petto un Vesuvio d'avere mi par! - Ferrando meschino!
- Nel petto un Vesuvio d'avere mi par! - Possibil non par.
L'occhietto a me gira.
Che brami?
Rimira, se meglio può andar.
Oh, cambio felice
di cori e d'affetti!
Che nuovi diletti, che dolce penar!
Barbara, perché fuggi?
Ho visto un aspide, un'idra, un basilisco!
Ah, crudel, ti capisco!
L'aspide, l'idra, il basilisco,
e quanto i libici deserti han di più fiero
in me solo tu vedi.
È vero!
Tu vuoi tormi la pace.
Ma per farti felice.
Cessa di molestarmi!
Non ti chiedo che un guardo.
- Pàrtiti! - Non sperarlo,
se pria gli occhi men fieri a me non giri.
O ciel!
Ma tu mi condanni,
mi condanni a morir.
Ei parte... Senti! Ah, no!
Partir si lasci, si tolga ai sguardi miei
l'infausto oggetto della mia debolezza.
A qual cimento il barbaro mi pose!
Un premio è questo ben dovuto a mie colpe!
ln tale istante dovea di nuovo amante i sospiri ascoltar!
L'altrui querele dovea volger in gioco?
Ah, questo core a ragione condanni, o giusto amore!
Io ardo, e l'ardor mio non è più effetto di un amor virtuoso.
È smania, affanno,
rimorso, pentimento,
leggerezza, perfidia
e tradimento!
Per pietà, ben mio, perdona
all'error d'un'alma amante;
fra quest'ombre e queste piante
sempre ascoso, oh Dio, sarà!
Svenerà quest'empia voglia
l'ardir mio, la mia costanza,
perderà la rimembranza
che vergogna e orror mi fa.
Per pietà, ben mio, perdona
all'error d'un'alma amante;
fra quest'ombre e queste piante
sempre ascoso, oh Dio, sarà!
A chi mai mancò di fede
questo vano, ingrato cor!
Si dovea miglior mercede,
caro bene, al tuo candor!
Amico, abbiamo vinto!
- Un ambo, o un terno? - Una cinquina, amico:
Fiordiligi è la modestia in carne.
Bravo tu, bravo io, brava la mia Penelope!
Lascia un po' ch'io ti abbracci per sì felice augurio,
o mio fido Mercurio!
E la mia Dorabella? Come s'è diportata?
Ah, non ho neppur dubbio!
Assai conosco quella sensibil alma.
Eppur, un dubbio, parlandoti a quattr'occhi,
non saria mal, se tu l'avessi!
Stelle! Cesse ella forse alle lusinghe tue?
Ma no, tu vuoi prenderti meco spasso.
Ella non ama, non adora che me.
Certo! Anzi, in prova di suo amor, di sua fede,
questo bel ritrattino ella mi diede.
ll mio ritratto!
Ah, perfida!
Ove vai?
A trarle il cor dal scellerato petto
e a vendicar il mio tradito affetto.
- Fermati! - No, mi lascia!
Sei tu pazzo?
Vuoi tu precipitarti per una donna che non val due soldi?
Non vorrei che facesse qualche corbelleria!
Numi! Tante promesse,
e lagrime, e sospiri, e giuramenti,
in sì pochi momenti come l'empia obliò?
Perbacco, io non lo so.
Che fare or deggio?
A qual partito, a qual idea m'appiglio?
Abbi di me pietà,
dammi consiglio.
Amico, non saprei qual consiglio a te dar.
Barbara! lngrata! ln un giorno! ln poch'ore!
Certo, un caso quest'è da far stupore.
Donne mie, la fate a tanti,
che, se il ver vi deggio dir, se si lagnano gli amanti
li comincio a compatir.
Io vo' bene al sesso vostro,
lo sapete, ognun lo sa;
ogni giorno ve lo mostro,
vi do segno d'amistà.
Ma quel farla a tanti, a tanti
m'avvilisce in verità.
Mille volte il brando presi
per salvar il vostro onor.
Mille volte,
mille volte vi difesi colla bocca e più col cuor.
Ma quel farla a tanti, a tanti
è un vizietto seccator.
Siete vaghe, siete amabili,
più tesori il ciel vi die',
e le grazie vi circondano
dalla testa sino ai piè.
Ma, ma, ma la fate a tanti, a tanti,
che credibile non è.
Io vo' bene al sesso vostro, ve lo mostro;
mille volte il brando presi, vi difesi;
gran tesori il ciel vi die', sino ai piè.
Ma, ma, ma la fate a tanti, a tanti,
che, se gridano gli amanti, hanno certo un gran perché.
ln qual fiero contrasto,
in qual disordine di pensieri e di affetti io mi ritrovo!
Tanto insolito e novo è il caso mio,
che non altri, non io basto per consigliarmi.
Alfonso, Alfonso,
quanto rider vorrai della mia stupidezza!
Ma mi vendicherò.
Saprò dal seno cancellar quell'iniqua...
Saprò cancellarla...
Cancellarla?
Troppo, oh Dio, questo cor per lei mi parla.
Tradito,
schernito
dal perfido cor,
io sento che ancora quest'alma l'adora,
io sento per essa le voci d'amor.
Bravo! Questa è costanza!
Andate, o barbaro! Per voi misero sono.
Via, se sarete buono vi tornerò l'antica calma.
Udite: Fiordiligi a Guglielmo si conserva fedel,
e Dorabella infedele a voi fu.
Per mia vergogna.
Caro amico, bisogna far delle differenze in ogni cosa.
Ti pare che una sposa mancar possa a un Guglielmo?
Un picciol calcolo, non parlo per lodarmi, se facciamo tra noi...
Tu vedi, amico, che un poco di più merto...
Eh, anch'io lo dico.
- lntanto mi darete cinquanta zecchinetti. - Volontieri.
Pria però di pagar,
vo' che facciamo qualche altra esperienza.
- Come? - Abbiate pazienza.
lnfin domani siete entrambi miei schiavi.
A me voi deste parola da soldati di far quel ch'io dirò.
Venite.
Io spero mostrarvi ben
che folle è quel cervello
che sulla frasca ancor vende l'uccello.
Ora vedo che siete una donna di garbo.
lnvan, Despina, di resister tentai.
Quel demonietto ha un artifizio, un'eloquenza, un tratto
che ti fa cader giù se sei di sasso.
Corpo di satanasso! Questo vuol dir saper!
Ma ecco la sorella.
- Oh, che ceffo! - Sciagurate!
Ecco per colpa vostra in che stato mi trovo!
Cosa è nato, cara madamigella?
Hai qualche mal, sorella?
Ho il diavolo che porti me, te, lei,
Don Alfonso, i forestieri e quanti pazzi ha il mondo!
- Hai perduto il giudizio? - Peggio, peggio; inorridisci:
io amo,
e l'amor mio non è sol per Guglielmo.
- Meglio, meglio! - Ma non so
come mai si può cangiar in un sol giorno un core.
Che domanda ridicola!
Siam donne! E poi, tu com'hai fatto?
Io saprò vincermi.
Voi non saprete nulla.
Farò che tu lo veda.
Credi, sorella, è meglio che tu ceda.
È amore un ladroncello, un serpentello è amor.
Ei toglie e dà la pace,
come gli piace ai cor.
Per gli occhi al seno appena un varco aprir si fa,
che l'anima incatena e toglie libertà.
Porta dolcezza e gusto
se tu lo lasci far,
ma t'empie di disgusto
se tenti di pugnar.
È amore un ladroncello,
un serpentello è amor.
Ei toglie e dà la pace,
come gli piace ai cor.
Se nel tuo petto ei siede, s'egli ti becca qui,
fa' tutto quel ch'ei chiede, che anch'io farò così.
Despina! Despina!
Cosa c'è?
Tieni un po' questa chiave, e senza replica,
senza replica alcuna, prendi nel guardaroba
e qui mi porta una spada, un cappello
e un vestito de' nostri sposi.
E che volete fare?
Vanne, non replicare!
Comanda in abrégé, Donna Arroganza!
Al campo, al campo!
Altra strada non resta per serbarci innocenti.
Ho capito abbastanza. Vanne pur, non temer.
Eccomi.
Vanne. Sei cavalli di posta voli un servo a ordinar.
Di' a Dorabella che parlarle vorrei.
Sarà servita.
Questa donna mi par di senno uscita.
Oh, come ei mi trasforma le sembianze e il viso!
Come appena io medesma or mi ravviso!
Fra gli amplessi in pochi istanti
giungerò del fido sposo;
sconosciuta, a lui davanti
in quest'abito verrò.
Oh, che gioia il suo bel core proverà nel ravvisarmi!
Ed intanto di dolore meschinello io mi morrò.
Cosa veggio!
Son tradita!
Deh, partite!
Ah, no, mia vita!
Con quel ferro di tua mano questo cor tu ferirai,
e se forza, oh Dio, non hai,
io la man ti reggerò.
Sorgi, sorgi!
lnvan lo credi.
Per pietà, da me che chiedi?
ll tuo cor, o la mia morte.
- Ah, non son, non son più forte! - Cedi, cara!
- Dei, consiglio! Non son più forte! - Cedi, cara!
Volgi a me pietoso il ciglio!
ln me sol trovar tu puoi
sposo, amante, e più, se vuoi.
ldol mio, più non tardar.
Giusto ciel!
Sposo, amante,
- e più, se vuoi. - Crudel!
- ldol mio, più non tardar. - Hai vinto.
Fa' di me quel che ti par.
Abbracciamci,
o caro bene,
e un conforto a tante pene
sia languir di dolce affetto,
di diletto sospirar!
Ah, poveretto me, cosa ho veduto! Cosa ho sentito mai!
- Per carità, silenzio! - Mi pelerei la barba,
mi graffierei la pelle e darei colle corna entro le stelle!
Fu quella Fiordiligi, la Penelope, l'Artemisia del secolo!
Briccona, assassina, furfante, ladra, cagna!
Lasciamolo sfogar.
- Ebben! - Dov'è?
- Chi? La tua Fiordiligi? - La mia Fiordi...
fior di diavolo, che strozzi lei prima e dopo me!
Tu vedi bene, v'han delle differenze in ogni cosa.
Un poco di più merto...
Ah, cessa, cessa di tormentarmi;
ed una via piuttosto studiam di castigarle sonoramente.
Io so qual è: sposarle.
Vorrei sposar piuttosto la barca di Caronte!
- La grotta di Vulcano. - La porta dell'inferno.
Dunque, restate celibi in eterno.
Mancheran forse donne ad uomin come noi?
Non c'è abbondanza d'altro.
Ma l'altre che faran, se ciò fer queste?
ln fondo, voi le amate queste vostre cornacchie spennacchiate.
Ah, purtroppo!
Purtroppo!
Ebben, pigliatele com'elle son.
Frattanto, un'ottava ascoltate.
Felicissimi voi, se la imparate.
Tutti accusan le donne, ed io le scuso
se mille volte al dì cangiano amore;
altri un vizio lo chiama, ed altri un uso,
ed a me par necessità del core.
L'amante che si trova alfin deluso
non condanni l'altrui, ma il proprio errore;
giacché giovani, vecchie, e belle e brutte,
ripetete con me:
Così fan tutte!
Così fan tutte!
Fate presto, o cari amici, alle faci il fuoco date
e la mensa preparate con ricchezza e nobiltà.
Delle nostre padroncine gli imenei son già disposti.
E voi gite ai vostri posti finché i sposi vengon qua.
Facciam presto, o cari amici,
alle faci il fuoco diamo
e la mensa prepariamo
con ricchezza e nobiltà.
Bravi, bravi! Ottimamente!
Che abbondanza! Che eleganza!
Una mancia conveniente l'un e l'altro a voi darà.
Le due coppie omai s'avanzano; fate plauso al loro arrivo.
Lieto canto e suon giulivo empia il ciel d'ilarità.
La più bella commediola non s'è vista o si vedrà!
Benedetti i doppi coniugi
e le amabili sposine!
Splenda lor il ciel benefico,
ed a guisa di galline
sien di figli ognor prolifiche,
che le agguaglino in beltà.
Tutto, tutto, o vita mia, al mio fuoco or ben risponde.
Pel mio sangue l'allegria cresce, cresce e si diffonde.
Sei pur bella!
Sei pur vago!
Che bei rai!
Che bella bocca!
- Tocca e bevi! - Bevi e tocca!
E nel tuo, nel mio bicchiero
si sommerga ogni pensiero
- E nel tuo, nel mio bicchiero - e non resti più memoria
- si sommerga ogni pensiero... - del passato ai nostri cor.
Ah, bevessero del tossico,
queste volpi senza onor!
Miei signori, tutto è fatto;
col contratto nuziale il notaio è sulle scale
e ipso facto qui verrà.
Bravo, bravo! Passi subito!
Vo a chiamarlo.
Eccolo qua.
Augurandovi ogni bene, il notaio Beccavivi
coll'usata a voi sen viene notariale dignità.
E il contratto stipulato colle regole ordinarie
nelle forme giudiziarie, pria tossendo,
poi sedendo,
clara voce leggerà.
Bravo, bravo, in verità!
Per contratto da me fatto,
si congiunge in matrimonio
Fiordiligi con Sempronio
e con Tizio Dorabella, sua legittima sorella,
quelle, dame ferraresi, questi, nobili albanesi,
e per dote e contradote...
Cose note, cose note!
Vi crediamo, ci fidiamo, soscriviam, date pur qua.
Bravi, bravi, in verità!
Bella vita militar!
Ogni dì si cangia loco,
oggi molto, doman poco,
ora in terra ed or sul mar.
Che rumor, che canto è questo?
State cheti; io vo a guardar.
Misericordia! Numi del cielo!
Che caso orribile! Io tremo! Io gelo!
- Gli sposi vostri! - Lo sposo mio...
ln questo istante tornaro, oh Dio! Ed alla riva sbarcano già!
Cosa mai sento! Barbare stelle!
ln tal momento che si farà?
- Presto partite! - Ma se ci veggono?
- Presto fuggite! - Ma se ci incontrano?
Là, là, celatevi, per carità!
- Numi, soccorso! Numi, consiglio! - Rasserenatevi, ritranquillatevi.
Chi dal periglio ci salverà?
ln me fidatevi, ben tutto andrà.
Mille barbari pensieri
tormentando il cor mi vanno.
Se discoprono l'inganno,
ah, di noi che mai sarà?
Sani e salvi, agli amplessi amorosi
delle nostre fidissime amanti
ritorniamo di gioia esultanti
per dar premio alla lor fedeltà!
Giusti Numi!
Guglielmo! Ferrando!
Oh, che giubilo! Qui? Come?
E quando?
Richiamati da regio contrordine,
pieno il cor di contento e di gaudio,
ritorniamo alle spose adorabili,
ritorniamo alla vostra amistà.
Ma cos'è quel pallor, quel silenzio?
L'idol mio perché mesto si sta?
Dal diletto confuse ed attonite...
Ah, che al labbro le voci mi mancano.
- Se non moro un prodigio sarà. - ...mute mute si restano là.
Permettete che sia posto quel baul in quella stanza.
Dei, che veggio!
Un uom nascosto!
Un notaio!
Qui che fa?
No, signor, non è un notaio.
È Despina mascherata
che dal ballo or è tornata e a spogliarsi venne qua.
Una furba uguale a questa...
La Despina! La Despina!
- ...dove mai si troverà? - Non capisco come va.
Già cader lasciai le carte. Raccoglietele con arte.
Ma che carte sono queste?
Un contratto nuziale...
Un contratto nuziale!
Giusto ciel! Voi qui scriveste.
Contraddirci omai non vale!
Tradimento, tradimento!
Ah, si faccia il scoprimento,
e a torrenti, a fiumi, a mari
indi il sangue scorrerà, sì!
Ah, signor, son rea di morte
e la morte io sol vi chiedo.
ll mio fallo tardi vedo.
Con quel ferro un sen ferite che non merita pietà!
Cosa fu?
Per noi favelli il crudel, la seduttrice!
Troppo vero è quel che dice, e la prova è chiusa lì!
Dal timor io gelo, io palpito.
Perché mai li discoprì?
A voi s'inchina, bella damina,
il cavaliere dell'Albania!
ll ritrattino pel coricino,
ecco, io le rendo, signora mia!
Ed al magnetico signor dottore
rendo l'onore che meritò!
Stelle, che veggo!
Son stupefatte!
Al duol non reggo!
Son mezze matte!
Ecco là il barbaro
che c'ingannò!
V'ingannai, ma fu l'inganno
disinganno ai vostri amanti,
che più saggi omai saranno,
che faran quel ch'io vorrò.
Qua le destre, siete sposi.
Abbracciatevi e tacete.
Tutti quattro ora ridete, ch'io già risi e riderò.
ldol mio, se questo è vero,
colla fede e coll'amore
compensar saprò il tuo core,
adorarti ognor saprò.
Te lo credo, gioia bella,
ma la prova io far non vo'.
Io non so se qui io sogno, mi confondo, mi vergogno.
Manco mal, se a me l'han fatta, ch'a molt'altri anch'io la fo.
Fortunato l'uom che prende ogni cosa pel buon verso,
e tra i casi e le vicende da ragion guidar si fa.
Quel che suole altrui far piangere
fia per lui cagion di riso,
e del mondo in mezzo ai turbini
bella calma troverà.