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Quando io leggo in Plutarco,
ho noia, ho schi fo di questa età d'imbelli !
Oh, se nel freddo cenere de' miei padri ancor vivesse
dello spirto d'Arminio una scintilla !
Vorrei Lamagna tutta far libera
così, che Sparta e Atene sarieno al paragon serve in catene.
Una banda, una banda; eroi di strada.
Col pugnale e col bicchier nessun vale il masnadier!
Son gli ebbri, inverecondi miei compagni d'errore !
Quanto, o padre, mi tarda il tuo perdono
per lasciartai perversi in abbandono !
O mio castel paterno,
colli di verde eterno,
come fra voi quest'anima redenta esulterà !
Amalia ! Ate m'appresso,
m'apri il tuo casto amplesso!
Le pure gioie rendimi della mia prima età.
Écco un foglio a te diretto.
Tremi tu?
Beato io sono!
Questo, amici, è il mio perdono.
Come imbianca e muta aspetto !
Tristo me! Di mio fratello!
Per mia fé, lo scritto è bello!
“T'annuncia il padre tuo per la mia bocca di non far sul ritorno alcun pensiero,”
“se non vuoi solitario e prigioniero d'acqua e pane cibarti in una rocca.”
Pane ed acqua ! Il cibo è grasso !
Fiere umane, umane fiere, dure più d'alpestre sasso !
Così calde e pie preghiere non l'han tocco, intenerito?
Ah, potessi il mar, la terra, sollevar con un ruggito,
e contro l'uomo unirli in guerra!
Senti, o Moor!
Do v'è la spada che dà morte a tai serpenti?
Noi l'abbiam. Ti calma e senti. Comporremo una masnada.
Ladri noi? Chi v'ha pio vuto, spirti iniqui, un tal pensiero?
E tu capo e condottiero.
Per la morte, io non rifiuto!
Nostro?
Vostro!
Écco la mano.
Viva, viva il capitano !
Nell'argilla maledetta l'ira mia que' ferri immerga !
Vo' la strage alle mie terga, lo spavento innanzi a me.
Furie voi della vendetta, meco avvolti in una sorte,
qui do vete a questa forte mano mia giurare la fé.
Noi giuriamo a questa forte mano tua la nostra fé.
Vecchio! Spiccai da te quell'odiato primogenito tuo !
La piangolosa lettera ch'ei ti scrisse io l'ho distrutta.
Una mia ne leggesti, o ve tel pinsi con sì cari colori...
Alfin la colpa della natura,
che minor mi fece, castigai nel fratello.
Ora nel padre punir la debbo.
ll dritto! La coscienza !
Spauracchi egregi per le fiacche animucce.
Osa, Francesco! Spàcciati del vecchiardo.
È vivo a stento questo logoro ossame.
Un soffio...
È spento.
La sua lampada vitale langue, è ver, ma troppo dura.
Se va lenta la natura, giuro al ciel, l'affretterò.
Mente mia, trova un pugnale
che trapassi il core umano,
né svelar possa la mano che lo strinse e lo vibrò.
Trionfo, trion fo ! Colpito ho nel segno.
Arminio, t'a vanza !
Signor, che volete?
Mi sei tu fedele?
Qual dubbio n'avete?
Or ben! Secondarmi tu de vi un disegno.
Tra vestiti in modo che niun ti ravvisi.
Poi vanne a mio padre.
Gli narra che spento sul campo di Praga,
fra un monte d'uccisi, lasciasti il suo Carlo.
Ma s'io vi consento, darammi poi fede?
Berrà la tua nova, mel credi.
Fornirti vogl'io di tale una prova,
che l'uom più sagace cadrebbe in errore.
Fra poco, Francesco, sarai qui signore!
Tremate, o miseri, voi mi vedrete
nel mio verace, terribile aspetto.
D'un vecchio debole che non temete,
più non vi modera la stanca man.
Al riso, al giubilo succederanno
singulti e lagrime, timor, sospetto.
L'inedia, il carcere, l'onta, l'affanno strazio ineffabile di voi faran.
Venerabile, o padre, è il tuo sembiante
come il volto d'un santo.
Oh, sia tranquillo il sonno tuo !
T'involi al dolor della vita, e ti consoli.
M'hai bandito il mio Carlo,
ogni mia gioia pertua cagion perdei,
ma con te corrucciarmi non potrei.
Lo sguardo avea degli angeli che Dio creò d'un riso.
I baci suoi stillavano gioir di paradiso.
Nelle sue braccia un vortice d'ebbrezza n'avvolgea,
come due voci unisone sul core il cor battea.
Anima uniasi ad anima fuse ad un foco istesso.
E terra e ciel pareano stemprarsi in quell'amplesso.
Dolcezze ignote all'estasi d'un immortal gustai.
Sogno divin ! Ma sparvero, né torneran più mai.
Mio Carlo...
Ei sogna.
Oh, quanto misero sei !
Ti s veglia, amato padre, e le tue larve spariran.
Francesco ! Pur nel sogno mel togli?
Io son, mi guarda; la figlia tua son io.
Tu qui?
Pur or sognava di Carlo nostro.
O povera fanciulla !
L'april delle tue gioie io disfiorai.
Non maledirmi.
Maledirti? Oh mai!
Carlo, io muoio...
Éd, ahi! lontano tu mi sei nell'ultim'ore.
Una fredda, ingrata mano
nell'avel mi comporrà.
Caro è il pianto all'uom che muore,
ma per me chi piangerà?
Oh, lasciarti io pur vorrei, dolorosa umana vita,
or che tutto io qui perdei, né la terra un fior mi dà !
É per sempre a Carlo unita spaziar l'eternità !
Un messaggero di trista no vella! Vi piace udirlo?
Che porti? Favella !
Di Carlo vostro contezza vi reco.
- Dov'è? - Viv'egli?
Compagno fu meco fra le colonne di re Federico
che lo raccolse fuggiasco, mendico.
Misero!
A Praga pugnò quell'ardito,
fin che nel corpo fu tutto ferito.
Taci, spietato !
Parla vami a stento:
"Porta a mio padre quel ferro cruento,"
"e digli: il figlio da voi ributtato”
“fra l'armi e le stragi morì disperato."
Son io quel padre dal ciel maledetto!
Éd era "Amalia” l'estremo suo detto.
La trista io sono che al pianto sorvisse !
Leggi !
ll tuo Carlo col sangue vi scrisse:
"Dal giuro, Amalia, ci scioglie la morte.”
“Sii tu, Francesco, d'Amalia consorte."
Carlo, Carlo, mai non m'amasti!
Tigre feroce, qual sangue versasti !
Carlo, Carlo, mai non m'amasti!
Sul capo mio colpevole
l'ira del ciel discenda!
Ma tu che s velta, o perfido,
m'hai la bestemmia orrenda,
rendimi tu, tu rendimi l'ucciso mio figliuol!
Padre, lo assunse ai martiri il Dio dei travagliati,
perché quaggiù non fossimo come nel ciel beati.
Ma lo vedrem, consolati, là tra le stelle e 'l sol.
Ma tu che s velta, o perfido, m'hai la bestemmia orrenda...
Grazie, o dimon! Lo assalgono dolor, rimorso ed ira.
Padre, lo assunse ai martiri il Dio dei travagliati.
Non so, non so più reggere al suo dolor paterno!
Rendimi l'ucciso mio figliuol!
Ma lo vedrem, consolati, là tra le stelle e 'l sol.
Grazie, o dimon! Lo assalgono dolor, rimorso ed ira.
Questa menzogna orribile mi fia rimorso eterno.
La disperanza or mesci vi, potente, ultima dira.
Rendimi l'ucciso mio figliuol!
Éi muore !
È morto.
Oh Dio !
Morto?
Signor son io !
Dall'infame banchetto io m'in volai,
padre, e qui mi ri fuggo,
all'obliato sepolcro tuo
che sola la furtiva mia lagrima consola.
Godiam, ché fugaci son l'ore del riso.
Dai calici ai baci ne guidi il piacer.
La fossa, una croce ne manda un avviso:
- la vita è veloce, t'affretta a goder. - Empio!
Lasciamo i lamenti di stupido rito. Plorarsugli spenti è folle dolor.
Empio!
Non turbino i negri colori il convito.
Qui brilli e n'allegri la tazza e l'amor.
Tripudia, esulta sull'ossa di tuo padre !
La sorte futura de' fiacchi è terrore,
ma sillaba oscura de' forti al pensier.
Godiam, ché fugaci son l'ore del riso. Dai calici ai baci ne guidi il piacer.
Ah, ma la pace che nella vita gli rapisti,
in morte funestar non gli puoi !
Non penetra l'esecrata tua voce in quella pietra.
Tu del mio Carlo al seno volasti, alma beata,
e il tuo soffrirterreno
or si fa gioia in ciel.
Sol io qui vivo in pianto
deserta e sconsolata.
Oh, quanto invidio il tuo felice a vello!
- Ah, signora ! - Che vuoi !
D'un gran misfatto chieggo perdon.
- Mi lascia! - Uditemi. - lmportuno !
ll vostro Carlo vive!
- Che parli? - ll vero.
É vostro zio vive ancor esso.
Arrèstati!
Gran Dio !
Carlo vive? O caro accento, melodia di paradiso !
Dio raccolse il mio lamento, fu pietoso al mio dolor.
Carlo vive? Orterra e cielo si ri veston d'un sorriso.
Gli astri, il sole non han più velo, l'universo è tutto amor.
Perché fuggisti al canto del festivo convito?
Un'altra voce mi suonava nel cor.
La pia preghiera
che trasse a quella tomba il padre tuo.
Vuoi piangerlo in eterno?
Ah, smetti alfine questo cordoglio che m'irrita,
e questa che mi cela i tuoi vezzi oscura veste.
lo t'amo, Amalia, io t'amo d'immenso ardente amore !
Meco a regnarti chiamo,
t'offro la mano e il core.
ll tuo sovrano ed arbitro
schiavo ti cade al piè.
Tu che pur dianzi a morte trae vi il mio diletto,
m'in viti ortua consorte a nuzial banchetto?
Émpio ! All'in fame talamo non salirai con me !
Tracotante! Or ben sapranno rabbassar la tua cervice quattro mura.
O vil tiranno, da te lungi io son felice.
Tu lo speri? Oh no, proterva !
Qui starai,
mia druda e serva.
No !
Sì, mia druda!
Al sol tuo nome vo' che arrossi ogni persona.
Voglio trarti per le chiome.
lo t'offesi. A me perdona!
Ti scosta, o malnato, se pur non t'è caro
sentirti l'acciaro confitto nel cor !
Mi regge, mi guida la spada omicida,
lo spirto indignato del tuo genitor.
O vil femminetta, chi sfidi non sai.
Col sangue dovrai l'oltraggio scontar.
Catene, flagelli, tormenti novelli
perte la vendetta mi debbe insegnar.
Tutto quest'oggi le mani in mano.
- Oh ! Non sapete? - Che v'ha di strano?
- Rolla è prigione ! - Prigion? Che sento !
Darà, vi dico, de' calci al vento.
Che disse il capo?
Che far di Praga vuole un falò.
Se l'ha giurato, lo manterrà.
- Povera Praga! - Tu n'hai pietà?
Povero il Rolla che va tra poco...
Oh! Non vedete quel vasto foco?
Eccovi il cero ! La non è fola,
il capitano tenne parola.
Che fuoco orrendo ! Che mai seguì?
ll finimondo certo è venuto.
Soccorso ! Aiuto !
Morte e demonio ! Chi si fa presso?
L'ombra del Rolla?
Per Dio, egli è desso!
D'onde ne vieni così serrato?
lo?
Dalla forca dritto filato.
Dell'acquavite ! Non reggo più.
Bevi e poi narra.
Narralo tu.
l cittadini correano alla festa
e noi, lanciate più canape ardenti,
gridammo “ Al foco! ” da questa e da quella.
Ed ecco pressa, tumulto, lamenti.
La pol veriera scoppiò con tempesta,
e la paura confuse i sergenti.
ll duce allora piombò sulla folla
e trasse il laccio dal capo del Rolla.
Viva ! Vittoria di braccio e pensier.
Chi gli so vrasti non ha il masnadier.
Sì! M'ha tirato fuor dalla fossa.
Éccolo ! Ha l'aria mesta e commossa !
Capitano, qual è la tua mente?
Noi partiam coll'aurora vegnente.
Viva, viva il masnadier!
Come splendido e grande il sol tramonta!
Degno è ben che s'adori!
ln questa forma cade un eroe !
Natura ! Oh, sei pur bella !
Sei pur bella e stupenda.
Ed io deforme, orribile così !
Tutto è qui riso.
lo sol trovo l'inferno in paradiso!
Di ladroni attorniato,
al delitto incatenato,
dalla terra io son reietto,
maledetto io son dal ciel.
Cara vergine innocente !
Se mi corre a te la mente,
più mi duol la mia catena,
la mia pena è più crudel.
Capitano, noi siamo cerchiati.
- Da quant'armi? - Da mille soldati.
Su, fratelli, stringetevi assieme.
Non temete da gente che teme!
Su, fratelli, corriamo alla pugna come lupi di questa boscaglia!
Trionfar d'una schia va ciurmaglia ne farà disperato valor.
Nella destra un esercito impugna chi brandisce la libera spada.
Basta un sol della nostra masnada per la rotta di tutti costor.
Dio, ti ringrazio!
In questa solitudine ignota io mi sottrassi agli artigli dell'empio.
O ve son io?
Qual deserto mi cinge?
Orma non veggo di battuto sentier,
ma sterpi e sassi che fanno inciampo
agli stanchi miei passi.
Le rube, gli stupri, gl'incendi, le morti,
per noi son balocchi, son meri diporti.
Quai voci? Ohimè!
Caduta sono in man de' ladroni. O ciel, m'aiuta !
- S'appressano. - Gran Dio !
Pietà, crudeli, d'un' felice!
Amalia!
- Ah, chi mi appella? - Guardami. - Chi sei tu?
Più non ravvisi nel mio volto abbronzato...
- Ei non m'è novo. - ...Carlo?
Spirti del ciel, alfin ti trovo.
T'abbraccio, o Carlo/ Amalia, abbracciami !
Premi il tuo cor sul mio !
Mai più, mai più di viderci potrà né l'uom, né Dio !
Carlo, Carlo fuggiamo!
Orrende voci mi giunsero pur or.
Di che pa venti se qui teco son io?
Non sappia mai a che mostri d'abisso io mi legai !
Qual mare, qual terra da me t'ha diviso?
Deh! Cessa, in felice, l'inchiesta crudel !
Mendaci no velle ti dissero ucciso.
Beato se chiuso m'a vesse l'a vel !
Tu dunque, mio Carlo, provasti gli affanni?
Li possa il tuo core per sempre ignorar !
Anch'io, derelitta, ti piansi lung'anni.
E un angelo osa va per me lagrimar?
Ma un'iri di pace fugò le tempeste.
Finîro i tormenti, le angosce finîr.
É l'estasi, o cara/caro, d'un'ora celeste
cancella i ricordi di tanto soffrir.
Qui nel bosco? Solinga? Smarrita?
Perché sei dal castello fuggita?
Odi, o Carlo: tuo padre sepolto...
A qual pianto, a qual onta fu tolto !
...m'ha Francesco, il no vello signore,
minacciato la vita e l'onore!
Ah, ribaldo !
Ma Dio mi ti guida !
Nel tuo Carlo, cor mio, ti confida.
- Vieni meco ! - Con te nella vita, poi nel cielo !
Bell'alma tradita !
Lassù risplendere più lieta e bella
vedrem la stella del nostro amor.
Lassù fra l'anime beate in Dio
berrem l'oblio d'ogni dolor.
Lassù risplendere più lieta e bella
vedrem la stella del nostro amor.
Lassù fra l'anime beate in Dio
berrem l'oblio d'ogni dolor.
Le rube, gli stupri, gl'incendi, le morti,
per noi son balocchi, son meri diporti.
Fratelli, cacciamo quest'oggi la noia,
ché forse domani ci strangola il boia.
Allegri ! Cacciamo quest'oggi la noia,
ché forse domani ci strangola il boia.
Noi meniam la vita libera, vita colma di piacer.
Porge un antro a noi ricovero, serve un bosco di quartier.
Qui ci sfama una pinzochera, là c'impinza un fittaiuol.
Tien Mercurio il nostro bandolo, è la luna il nostro sol.
Gli estremi aneliti d'uccisi padri,
le grida, gli ululi di spose e madri
sono una musica, sono uno spasso
pel nostro ruvido cuore di sasso.
Ma quando quell'ora d'un tratto risuoni
che il boia ne conci pel dì delle feste,
sbrattati dal fango stivali e giubboni,
cogliam la mercede dell'inclite geste.
Poi tocca la meta del bre ve cammino, le canne innaffiando dell'ultimo vino...
n'andremo d'un salto nel mondo di là.
Ben giunto, o capitano !
A qual segno è la notte?
A mezzo il corso.
Dormite, io veglio.
Ti delusi, Amalia!
Tuo per sempre mi credi,
ed io per sempre m'ho diviso da te.
Anche i mal vagi trovano il sonno.
Ed io nol trovo!
O vita, tenebroso mistero!
É voi non meno, morte ed eternità,
profondi arcani, chi vi sa penetrar?
Quest'arma vile franger mi potrebbe il gran sigillo.
Frangasi !
É lo farò per lo sgomento d'un viver angoscioso?
No! Soffrir io voglio.
Dee sul dolore trionfar l'orgoglio.
Tutto è buio e silenzio.
Ésci al cancello, misero abitator di questa rocca.
Giunta è la cena tua.
Che sento !
Arminio ! Sei tu?
Son io; ti ciba.
Omai la fame mi divorava.
Addio!
Cala nella tua fossa.
È mal consiglio lo starsene qui teco!
lniquo figlio !
T'arresta !
- Ohimè ! Son colto! - Chi sei? - Pietà, signore !
Son reo, non ebbi il core.
- Arminio ! Un altro ascolto. - Chi parla in quella torre?
- Signor! - Ti scosta! O ch'io...
Chi sei? Chi mi soccorre?
Qual voce? Il padre mio !
Ombra del Moor!
Che pena da' morti a noi ti mena?
Ombra non son, né privo di vita ancor.
Sotterra posto non t'han?
Sì, vivo là dentro!
Oh cielo e terra! Qual anima d'inferno vi ti cacciò?
Mio figlio Francesco.
Oh caos eterno !
Odi, ed inarca il ciglio!
Oh caos eterno !
Un ignoto, tre lune or saranno,
mi narrò che il mio Carlo era spento.
S venni, oppresso da subito affanno,
e creduto fu morte il sopor.
Risensando, mi trovo serrato fra quattr'assi.
Mi scuoto, lamento.
S'alza il panno.
Francesco ho da lato.
"Come?” esclama "Risusciti ancor?”
Ricomposto e qui tratto il feretro,
ne le varo il coperchio di nuovo.
“Ro vesciate laggiù quello spettro.”
"Troppo ei visse !" mio figlio gridò.
Preghi, pianti suonarono in vano.
M'han gittato in quell'orrido co vo.
É fu desso, il mio figlio inumano,
che dell'antro le porte serrò.
Destate vi, o pietre!
Che fu? Chi n'assale?
Vedete quel vecchio?
Sotterra vivente l'han fitto le branche d'un figlio infernale !
- É quegli è mio padre ! - Quel vecchio cadente?
Vendetta !
La grido a' tuoi cieli, Divin Punitore di tutti i perversi!
Che tenebra eterna lo sguardo mi veli
se pria dell'aurora quel sangue non versi.
É voi, masnadieri, quest'oggi sarete ministri dell'alta giustizia divina !
Piegate le fronti, sul fango cadete
dinanzi al Potente che a tal vi destina.
Poi tutti sorgete sublimi, tremendi com'angeli d'ira!
Che vuoi? Ce l'apprendi.
Giuri ognun questo canuto santo crin di vendicar!
Ti giuriam questo canuto santo crin di vendicar!
Di qui trarmi il parricida dal banchetto o dall'altar !
Di qui trarti il parricida dal banchetto o dall'altar !
Di serbarlo al ferro mio vivo, intatto !
Lo giuriam!
Struggitrice ira di Dio,
la tua spada oggi noi siam.
Tradimento ! Risorgono i defunti!
Mi gridano: assassino !
Olà!
- Signore! - Non udisti rumor?
- No, signor mio. - No? Va' !
Corri al pastore e qui lo guida.
Rimanti !
Un altro in via.
Che! Voi tremate?
lo? No.
Non tremo.
Arminio, di': risorgono i morti?
O v'ha ne' sogni nulla diver?
Pur ora un terribile io n'ebbi.
Oh, come in volto pallido siete !
Ascoltami !
V'ascolto.
Pareami che sorto da lauto con vito
dormissi fra l'ombre d'un lieto giardino.
Quand'ecco, percosso da fondo ruggito, mi sveglio,
ed in fiamme la terra m'appar.
É dentro quel fuoco squagliati, consunti gli umani abituri...
Poi sorgere un grido:
“O terra, rigetta dal grembo i de funti !"
"Rigetta i de funti dal baratro, o mar !"
Éd ossa infinite coprir le pianure.
Fui tratto a quel punto sui gioghi del Sina,
e tre m'abbagliaro splendenti figure.
L'immagine è questa dell'ultimo dì !
Armata la prima d'un codice arcano, sclamava:
"lnfelice chi manca di fede! ”
É l'altra, uno speglio recandosi in mano, dicea:
"La menzogna confondesi qui.”
In alto una lance la terza libra va, gridando:
“Venite, figliuoli d' Adamo."
É primo il mio nome fra nembi tuona va,
che il Sina copriano d'un orrido vel.
Ogni ora, passando, d'un nuo vo misfatto
gra vava una coppa che crebbe qual monte.
Ma il sangue nell'altra del nostro riscatto
tenea la gran mole sospesa nel ciel.
Quand'ecco un vegliardo, per fame distrutto,
spiccosi una ciocca di bianchi capelli,
e dentro la tazza di colpe, di lutto
quel veglio a me noto la ciocca gittò.
Allor, cigolando, la coppa giù scese,
balzò l'avversaria sublime alle nubi,
e tosto una voce di tuono s'intese:
"Perte, maledetto, l'Uom Dio non penò.”
M'hai chiamato in quest'ora
a farti giuoco della fé, come suoli?
O già t'incalza l'eternità?
Chimere.
A me lo s vela il tuo pallor.
Tu tremi!
Di che?
Del Dio che neghi
e che ti rugge nell'anima con fusa.
Già lo senti chiederti ragion de' tuoi delitti.
Che far mi può?
Se l'alma non è mortale,
pro vocar vo' tanto quel tuo Dio che la strugga.
Or qual peccato più lo mette in furor?
Son due le colpe:
il parricidio e 'l fratricidio.
Taci,
spirto menzognero !
Ma non può concepirle uman pensiero.
Precipita dal monte un furibondo stuolo di cavalieri.
Al tempio tutti! Tutti preghin per me !
La rocca in polve!
M'assolvi !
Iddio lo può,
l'uom non t'assol ve.
La rocca in polve!
Trema, iniquo! ll lampo, il tuono ti sta sopra.
Odimi, Éterno !
Sarà la volta estrema, ch'io ti prego.
La rocca in polve!
Dio ti nega il suo perdono, sta l'abisso innanzi a te.
È la prima e sarà la volta estrema, ch'io ti prego.
Sta l'abisso innanzi a te.
Odimi, Éterno !
Trema, trema !
Ah no, l'in ferno non si dee beffar di me!
Francesco! Mio figlio !
Che ! Lo compiangi?
Me non vendica il ciel per le tue mani,
me sol castiga !
Al padre tuo perdona,
spirito del mio Carlo !
Ei ti perdona.
Per sempre io l'ho perduto!
Ah sì! Per sempre!
Éd io misero vivo?
ll ciel m'ispira! Se carpir gli potessi...
Or dammi il prezzo del tuo riscatto, o vecchio,
e benedici al tuo liberator!
Misericorde così sia teco Iddio
come il sei tu !
Mi bacia, o vecchio pio.
Come il bacio d'un padre amoroso
l'abbi tu, ben amato stranier.
Come il bacio d'un figlio pietoso
a me pur lo figuri il pensier.
Tutto il dolce d'un labbro paterno
dal tuo labbro nel cor mi passò.
Del mio cielo perduto in eterno
un fuggente splendor mi beò.
Qui son essi!
- Capitano ! Capitan! - Chi siete voi?
Non è qua... n'uscì di mano...
Grazie a Te che tutto puoi !
Allegri, compagni! Stupendo bottino !
Lasciatemi, o crudi! Mio Carlo, ove sei?
- Amalia! - Tu vivo? - Chi guida costei?
- Tu, tu mi di fendi ! - Vincesti, o destino!
- Vaneggi, o mio sposo? - Tuo sposo?
Strappate costei dal mio collo !
Quel vecchio svenate!
Lei purtrafiggete, me stesso, voi tutti !
Oh, fossero i vivi d'un colpo distrutti!
Delira?
Quel figlio da te maledetto fu pur dal Signore percosso, reietto !
Ma voi che nel fondo dal ciel mi traeste,
ministri esecrati dell'ira celeste...
Amalia, m'ascolta!
Ascoltami e muori, miserrimo padre!
Que' tuoi sal vatori son ladri, assassini!
Li guida il tuo Carlo !
S ventura, sventura!
Perché non celarlo?
Caduto è il reprobo ! L'ha colto lddio.
Sogni di gaudio, per sempre addio!
l ceppi, il carcere, la scure, il rogo,
son questi i pronubi del nostro amor.
Angelo o demone, no, non t'abbandono !
L'inseparabile tua sposa sono.
Con te di videre vo' scettro e giogo,
vo' cielo ed erebo, gioia e dolor.
M'ama quell'angelo, m'ama ed oblia !
- Mio Carlo! Per sempre mio! - Amalia ! Per sempre mia !
Morranno i secoli, cadranno i mondi...
Né s'apre un baratro che mi sprofondi?
...in noi coll'anima l'amor vivrà.
Spergiuro, ascoltaci! Più non rammenti gl'irrevocabili tuoi giuramenti?
Tremuoti e turbini Dio più non ha?
È vero ! È ver!
Nostro ti fecero queste ferite.
Mirale, o perfido, le abbiam per te.
Se non puoi frangere la tua ca tena,
vanne, allon tana ti, ma pria mi s vena !
lnsopportabile vi ta mi resta.
Dammi ques t'ul timo pegno d'amor.
Mi s trappano dagl'occhi il velo!
Queste ferite abbiam per te.
Dal mio precipito sogna to cielo!
M'ingoia un vortice, mi trae con sé.
Nostro tu sei !
M'udi te, o demoni !
M'a ve te offerto un capo orribile d'on ta coperto.
lo v'offro un angelo!
Che fai? T'arresta !
Ora al pa tibolo !