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Ci sono persone che hanno segnato epoche in panchine come questa
però oggi parliamo di un allenatore il cui palmares forse
non è importante come quello di altri allenatori,
però dovunque è stato ha lasciato tracce profondissime.
Oggi sta scrivendo la storia dell'Athletic Bilbao,
però per capire chi è e conoscere meglio il personaggio
abbiamo deciso di viaggiare nel tempo e conoscere
luoghi e persone che lo possono raccontare.
Con voi, scoprendo Bielsa.
Qui passò la sua infanzia Marcelo Bielsa,
in questo edificio signorile a due piani
vicino al centro di Rosario.
Nonostante il deterioramento dovuto ad alcuni anni di abbandono,
la casa ancora conserva l'impronta dello splendore antico.
I Bielsa, ancora proprietari dello stabile, hanno
qualcosa in comune con gli attuali inquilini, i Torres.
Oggi come ieri un ragazzo pazzo per il calcio occupa la stanza centrale.
Oggi è Josè, ieri era Marcelo, il fratello di Rafael e Maria Eugenia,
quello che fuggiva dalle lezioni di piano saltando da questa finestra
per andare a giocare a calcio.
A solo qualche isolato dai Bielsa viveva e vive tuttora Josè Falabella.
Oggi è il padrino di una delle figlie di Marcelo, ieri era uno dei
migliori amici, erano sempre assieme, come il giorno in cui una vicina,
stanca delle loro pallonate, chiamò la polizia.
Eravamo nel pieno della partita, Marcelo va a calciare un corner,
e noi vedemmo l'agente e ce ne andammo correndo. Lui era piegato,
e quando alza la testa vede il poliziotto davanti a lui
e non poteva scappare. Allora lo portarono in caserma, solo lui.
Marcelo non volle abbandonare il commissariato fino a che
non avesse recuperato il suo pallone. La sua volontà
si impose su quella del padre e del commissario.
Tornò e ricominciammo a giocare, lui sempre ha avuto questo carattere.
Per Marcelo il calcio è sempre stato una cosa fondamentale,
a 13 anni entrò nelle giovanili del Newell's Old Boys.
A 16 il calcio lo aveva assorbito talmente tanto che un giorno
se ne andò di casa per andare a vivere in una pensione,
assieme ai suoi compagni di squadra.
Io gli dissi "Ma come fai ad andartene da casa tua?"
"Ho detto a mia madre che me ne andavo"
Sua madre gli chiese il perchè, e lui rispose "Perchè ho delle cose da fare."
"Va bene."
Marcelo si separò quindi dal cammino tracciato in una famiglia di famosi
avvocati come suo nonno, suo padre e suo fratello.
Bielsa è un cognome pesante in città, conosciutissimo e rispettato.
Non era un signor nessuno, era il figlio di Don Rafael Bielsa.
La rinnovata casa del Newell's si chiama oggi "Stadio Marcelo Bielsa".
Qui lavorava Nelly Diaz, incaricata del bar e complice di Marcelo
sin dal primo giorno.
All'inizio non parlava con nessuno, era un ragazzo silenzioso.
Non si esponeva. Quando iniziò a venire con la bicicletta, mi chiese:
"Signora, può per cortesia controllarmi la bicicletta?"
E poi andava ad allenarsi. E io lì credetti che fosse un ragazzo povero.
Ma no. Non aveva nulla di povero. Era umile.
E dopo 5 mesi tornò a casa, e disse alla madre "Sono tornato."
"Perchè?" "Perchè ho fatto quello che dovevo fare."
Però ormai non si poteva tornare indietro.
Il cammino di Bielsa già era tracciato da quando conobbe
il suo mentore nel calcio. Nel 1972 Jorge Griffa tornò a Rosario
dopo aver giocato 10 anni nell'Atletico Madrid e due nell'Espanyol.
Griffa passò a dirigere il settore giovanile del Newell's
per i successivi 23 anni.
Si presentò un ragazzo, me lo ricordo tuttora, in spogliatoio
in camicia bianca, e mi dice: "Lei viene dall'Europa Jorge, in questo club?"
E io gli rispondo "Sì." "Lei crede che risolverà la situazione che c'è qui?"
"Ci proveremo." "Lei è pazzo."
Questo era Marcelo Bielsa.
Il gioco di quel centrale con il 2 sulla maglia non scappò dall'analisi di Griffa.
La tecnica era limitata
la velocità.. discreta, non era male
Aveva un gran temperamento.
Fondamentalmente un dominatore.
Roberto Rodriguez, meglio conosciuto come "La Tota"
fu compagno di squadra e capitano di Bielsa nella terza divisione del Newell's
Con uno sguardo ti diceva tutto
Quando finiva il primo tempo, dal centro del campo fino allo spogliatoio
ti diceva tutte le modifiche che c'erano da fare e tutti gli errori commessi.
Più che pesante era uno che approfondiva troppo le cose.
Si intrometteva sempre, non voleva che perdessi il ritmo,
non ammetteva errori, aveva l'anima di tecnico già allora.
I suoi compagni lo ricordano divorare la stampa sportiva
e ascoltare le notizie alla radio, allo stesso tempo.
Quando si trattava di conoscenze, Bielsa non aveva rivali.
Sapeva per esempio le ammonizioni che avevano i giocatori avversari,
a me una volta disse su quale gamba attaccare un difensore,
voleva dirti anche com'era il vento.
I successi di quella squadra di riserve portarono addirittura
Bielsa ad essere convocato con la Nazionale in un torneo perolimpico.
La prima squadra e la prima divisone erano parole grosse,
però Bielsa ebbe la sua opportunità grazie all'uomo che
fece debuttare Maradona: Juan Carlos Montes.
Gli mancava un po' di reattività, di chili, tutte cose che
giocando come ultimo difensore a volte lo mettevano in difficoltà.
Marcelo Bielsa arrivò a giocare tre partite in Prima Divisione,
quando vide che il suo gioco non era adeguato, si ritirò.
Aveva 26 anni.
Era conscio della sua condizione. Non ha mai detto "Io sono un fenomeno".
Lo sapeva, ne parlavamo spesso "Marcelo, hai delle possibilità"
"No. "
No, per me giocava bene, ma sarà che lo vedevo con i miei occhi.
Bielsa provò con varie attività, tra le quali due edicole,
come quella che cedette al suo compagno Dardo Jarra.
Più che attività erano degli escamotage per continuare con il calcio.
Lo stesso si può dire degli studi.
Convinse l'amico Falabella a laurearsi in educazione fisica.
Furono tre anni di università, ma in fondo sempre era viva
la sua determinazione a diventare allenatore di calcio.
Dopo una breve esperienza all'Università di Buenos Aires
tornò a Rosario e contattò Eduardo Bermudez e Jorge Griffa.
Marcelo voleva il successo, niente di più
e non gli importava dove raggiungerlo.
Per giocare gli mancavano qualità
ma ne aveva in eccesso per essere un buon tecnico.
Lui mi raccontò che da giovane andò a una conferenza
di un ex allenatore argentino, Carlos Timoteo Griguol, molto famoso
e gli chiese come faceva uno che non aveva avuto un passato
di successi come giocatore a poter dirigere una squadra di Prima Divisione.
E Griguol li consiglia di prendere una buona squadra di ragazzini,
che vada a cercare i migliori della zona, aggiungendo giocatori
che possano fare la differenza e che cresca assieme a questa squadra.
Viene un giorno all'allenamento e mi dice che vuole fare l'allenatore.
E gli dico che lavorerà con me, e allora mettemmo in piedi un gruppo
con cui potesse sentirsi stimolato ad arrivare in Prima Divisione,
con la condizione che andassimo a cercare giocatori
nelle zone interne del Paese.
Anno 1982, i ragazzi di 14, 15 e 16 anni del Newell's furono
il primo incarico di Bielsa.
Il reclutamenteo più ricordato, fu di un calciatore che non conoscevano.
Andammo a Murphy. A cercare Pochettino.
Che noi non conoscevamo!
Si presentano a l'una di notte in un paesino di tremila, quattromila abitanti
dove solo i cani sono ancora svegli, anzi neanche i cani..
Bussammo alla finestra, ci aprì la madre,entrammo a bere un caffè...
Non conosceva nessuno mia madre, pensò che la volessero derubare
o cose così insomma.
.. e in qualche modo la convincemmo verso le due di mattina.
E allora mi svegliano e mi dicono "Che gambe da calciatore,"
"che aria da calciatore!"
Pochettino, Batistuta, Berizzo e Lunari sarebbero stati il banco di prova
per un allenatore con metodi rivoluzionari.
Realizzò lui stesso tutti gli attrezzi di cui aveva bisogno in allenamento.
All'epoca usava un manico di scopa per fare gli slalom, che oggi
tutti usano, ma all'epoca nessuno conosceva.
Non c'erano tempi morti nel suo lavoro,
Tutte le divisioni cominciavano ad allenarsi insieme,
e la sua divisione era l'unica che continuava quando le altre finivano
Un mio compagno un giorno cercava un ostacolo
e uno gli disse: "Ce l'ha El Loco! (il pazzo)" riferendosi a Marcelo
E Marcelo lo sentì, allora ci fermò e ci fece sedere
e ci chiese uno per uno se sapeva che lo chiamavano El Loco
e ovviamente tutti facevamo i finti tonti "No, no, mister"
e un mio compagno gli disse:
"Sì, dev'essere per il modo che ha di lavorare"
"Come????" e avanti così
in un primo momento non gli piaque affatto!
All'epoca giocavamo in Terza Divisione, avevamo uno squadrone,
e ricordo di vedere già in autobus al ritorno la partita appena giocata
Alcuni, come Ricardo Lunari, non hanno dimenticato
la maniera di motivare di Bielsa.
Era tremendo.
Davvero, un errore era rimporverato duramente.
Usava parole abbastanza offensive,
soprattutto pensando che parlava a ragazzini di 15, 16 anni.
Io andai a vivere a Rosario, a 120 km da casa mia, a 15 anni
mi sentivo solo.
E se non fosse stato per l'appoggio della mia famiglia,
sicuramente dopo un anno di Bielsa avrei lasciato il calcio.
Mai potrò dimenticarlo, fu abbastanza traumatico.
Il fatto è che ognuno ha vissuto l'esperienza in modo diverso,
a seconda del carattere e delle azioni di ognuno.
Io, di Marcelo, non ho mai avuto timore.
Io, per esempio, non do molta confidenza o intimità alle persone
e quindi probabilmente mi sono sentito sempre un po' come lui.
Tempo dopo gli chiesi il perchè, e mi rispose:
"Lei non si rendeva conto che io stavo formando "
"giocatori per la prima divisione."
Anno dopo anno le divisioni di Bielsa vincevano ogni campionato
la sua carriera al Newell's cominciò a decollare.
E dopo poco tempo voleva allenare in Prima Divisione
e gli dissi di no, che non avrebbe commesso lo stesso errore mio,
di credere di sapere tutto e in realtà di non sapere niente.
Su incarico di Griffa, Bielsa divise la cartina dell'Argentina
in 70 parti, di 5 sezioni ognuna, con l'obiettivo di provare
ogni anno mille potenziali giocatori del Newell's.
Durante 3 mesi la Fiat 147 di Marcelo Bielsa percorse più di
25 mila km in lungo e in largo per l'Argentina.
A quell'epoca Bielsa frequentava quotidianamente il suo amico
"Lulo" Milisi, dirigente del Newell's e gran racconta storie.
Se Marcelo decide di essere il migliore in una cosa,
diventa il migliore in quella cosa.
E' un pensatore
va a dormire con la testa piena di cose,
a letto è come se non andasse.
Non gli importa niente se, per esempio, gli viene in mente qualcosa,
qualsiasi sia l'ora, se deve vedere una persona, va da questo
e gli suona il campanello a quell'ora.
Come l'ha fatto con me tante volte.
Io vivevo in centro.
Arrivavo a casa sfinito, tutto il giorno in giro lavorando
e quando mi sedevo a cenare, avevamo un'abitudine
con le mie figlie e mia moglie, di fare un minuto di silenzio
per serenarci e rilassarci prima di iniziare a mangiare e parlare.
E in quel momento, arrivava Marcelo.
Quando ci sedevamo a mangiare, capitava Marcelo Bielsa.
E quindi... non c'era pace!
Le mie figlie, all'inizio, lo odiavano,
perchè veniva a toglierci la pace.
Che ora fosse non gliene fregava niente a lui.
Morale, finiva a cenare con noi, sempre,
e così fu come diventammo grandi amici, e mia moglie e
le mie figlie lo adorarono.
Perchè alla fine è così.
Quando lo conosci, lo ami.
Dopo aver vinto tutto con le divisioni del Newell's,
Bielsa fu nominato allenatore della prima squadra nel 1990.
Dieci dei suoi giocatori lo seguirono in prima squadra.
I suoi due centrali titolari avevano 19 e 20 anni.
Ma la nuova sfida era farsi valere con le vecchie glorie.
Gerardo Martino condusse il Paraguay fino ai quarti di finale
al mondiale in Sudafrica.
Però prima fu un idolo per i tifosi del Newell's.
Lo era già all'arrivo di Bielsa, però aveva una particolarità:
non gli piaceva correre.
Tenemmo una conversazione prima della stagione,
dove già mi resi conto che c'era solo un modo
per giocareper giocare in quella squadra.
Ricordo che al tempo erano già dieci anni che
giocavo in Prima Divisione, però vedevo già com'era la cosa
e capivo che non sarebbe stato facile.
Noi vedemmo correre Martino, che era un giocatore
che correva poco, era un grandissimo giocatore, è stato
il mio idolo di sempre, però correva poco.
E quando lo vedemmo correre, ci dicemmo:
"Bè, se corre Martino, corriamo tutti."
Una costante in tutta la carriera di Bielsa, è che gli inizi
non sono mai stati facili.
Nemmeno al Newell's:
Perdemmo la prima partita, si immagini com'era
lo stato d'animo, eravamo distrutti
lo vedevo abbattuto, seduto per terra in spogliatoio
mentre la gente già se ne andava
e io rimasi solo con Marcelo.
Non ci dicemmo una parola, e Marcelo
all'improvviso mi dice:
"Lei non mi dice niente?"
Come se si aspettasse che mi lamentassi di qualcosa
E io gli dico "Sì"
"Cosa?"
"Che è domenica"
Come per rasserenarci, per dire ci pensiamo domani
Una partita in casa del Rosario Central, rivale storico,
fu la svolta di tutto.
Lui stesso lo ricorderà in seguito come il suo
trionfo più adorato.
Non ho mai visto un momento così felice, ero in
spogliatoio quando entrò dal campo,
non avevo mai visto una persona emanare così
tanta felicità.
Ciò che successe da lì in poi è ora nella storia del Newell's.
Quella squadra aggressiva, dinamica e scaltra nelle
palle inattive, vinse due campionati consecutivi di
Prima Divisione e cadde solo alla lotteria dei rigori della
finale della Copa Libertadores.
Tutto in due stagioni consecutive.
Un grido di rabbia fu il simbolo di quei giorni.
Newell's cazzo! Newell's!
Questa, cazzo! Newell's! Newell's!
Nel luglio del 1992, Bielsa ritenne che fosse
impossibile ottenere qualcosa in più da quella squadra
e mise fine a quasi 20 anni di vita condivisa con la
sua seconda famiglia, il Newell's.
Tutti i giorni lo vedevo. Tutti, tutti i giorni.
Veniva con la sua borsa e si sedeva al bar a parlare con me.
In questa parete gestiva il suo bar la signora Nelly,
la signora che si preoccupava della bicicletta di Marcelo,
preparava i suoi panini e gli dava quegli amuleti
a forma di chupa chups, los chupetines.
Ah, los chupetines sono colpa mia.
E' difficile da spiegare, come può essere che
influenzasse il chupa chups che dava tutti i giorni
a Marcelo, però dietro questo chupetin c'era
una attesa, una speranza.
Anche in Messico gli mandavo los chupetines.
Bielsa andò in Messico ad allenare al Atlas di Guadalajara
Ricardo Lunari giocava in Cile, quando una mattina
squillò il telefono.
-Ricardo, le parla Marcelo Bielsa, vorrei portarla qui
a giocare nell'Atlas di Guadalajara.
-Sì Prof. volentieri
-Bene, vediamo cosa si può fare con i club.
Mi chiama credo la mattina dopo e mi dice
-Ricardo, la voglio informare che la Catolica chiede all'
Atlas de Guadalajara un milione di dollari per la sua cessione
e lei sa che non vale questo denaro, mi dispiace.
-No Prof. lo so che non valgo tanto!
-Quindi non si fa il trasferimento.
Dopo 15 minuti mi chiama un dirigente della Catolica
e mi dice
-L'Atlas di Guadalajara paga un milione di dollari per te
quindi puoi andare in Messico.
Vado in Messico, la prima cosa che fa Marcelo, quando
dall'aeroporto mi portano direttamente all'allenamento,
non per allenarmi, ma perchè Bielsa vuole parlarmi,
si siede davanti a me, mi guarda negli occhi e mi dice:
- Io non voglio che lei pensi o sia convinto di
valere un milione di dollari!
-Prof. so che non valgo un milione di dollari!
- Bene, vai tranquillo ad allenarti.
Il periodo messicano di Bielsa durò cinque anni
Nel 1997 tornò nel suo paese per allenare il Velez
e vincere il Torneo di Clausura.
Dopo un anno a Buenos Aires e 4 mesi all'Espanyol,
Bielsa ricevette l'incarico più importante della sua carriera:
Commissario Tecnico della Seleccion Argentina.
Durante più di cinque anni il Predio de Ezeiza, la cittadella
sportiva più grande di tutte le Nazionali del mondo,
fu la casa di Marcelo Bielsa.
In questa camera dormì per tutto il suo soggiorno.
Ancora si conserva una parte del suo lascito, migliaia
di nastri video di partite che Bielsa analizzò minuziosamente
nel suo ufficio.
Questo fu il suo secondo luogo di lavoro, il solo dove
parlava pubblicamente.
L'istanza professionale che significa poter dirigere i selezionati
di una delle potenze calcistiche mondiali,
le caratteristiche personali di Pekerman
sono un elemento che considerai.
Dopo alcuni tradimenti di fiducia, Bielsa smise di concedere
interviste, fino ad oggigiorno.
In cambio, promise di non andarsene dalle conferenze stampa
fino ad aver chiarito l'ultimo dubbio.
Con le conferenze di Bielsa succedeva qualcosa di tragicomico,
le conferenze di Bielsa stancavano il giornalismo.
Siccome duravano molto, dopo 40-45 minuti quelli
che venivano cercando il titolone, se ne andavano.
Bielsa era l'ultimo arrivato in una rosa con alcuni tra
i migliori calciatori del mondo.
Per l'attuale direttore sportivo del Racing Club di Avellaneda,
Roberto Fabian Ayala, non fu un problema.
Credo che sia stato l'allenatore che più mi ha fatto rendere,
quello che più mi ha avvicinato al limite di quanto potevo dare.
E per molto tempo. E questo è solo merito suo.
Un'altra cosa peculiare è che ti tirava fuori questo
attaccamento, che praticamente non ci sono altri sportivi
che ce l'hanno, e che al momento di giocare ti dava qualcosa in più.
Ci fu una partita di qualificazione mondiale contro l'Ecuador
dove se vincevamo ci saremmo qualificati
e per esempio in questa partita ci disse:
- C'è una partita in un quartiere, per strada, con dei ragazzi
c'è una discussione, un giocatore colpsce un altro
a questo esce del sangue, e quando lo vede pensa
"O me ne vado a casa, o lotto faccia a faccia"
Ragazzi, la partita di oggi è vedere il sangue, e lottare.
Nel cammino verso il mondiale 2002 la Seleccion di Marcelo Bielsa
raggiunse la sua massima espressione.
Fummo superiori a tutte le squadre, compreso il Brasile.
Avevamo vinto in uno stadio dove mai l'Argentina lo aveva fatto,
era impressionante come giocava quella squadra, praticamente
a memoria, pressando come si vede fare alle squadre di Bielsa.
Segnando uno stile.
Eravamo i favoriti, sia noi che la Francia sembravamo già in finale.
I pronostici non funzionarono, dopo aver perso contro
l'Inghilterra, l'Argentina si giocò il passaggio agli ottavi
nell'ultima partita del girone contro la Svezia.
Il primo tempo fu uno sterile assedio degli argentini.
Mi ricordo il discorso all'intervallo di Argentina-Svezia
fu la prima volta che sentii Marcelo dire::
- Signori, dobbiamo continuare così, perchè giocando così
vinceremo, non ho nulla da correggere nè da dirvi.
Ed era la prima volta che sentivo Marcelo dire così.
Nel secondo tempo si consumò il disastro.
Fu tremendo. Fu dura in tutti i sensi, perchè
noi tutti credevamo che potesse essere il nostro mondiale.
L'Argentina visse l'eliminazione come una tragedia nazionale.
In quella notte, Bielsa ancora non aveva detto la sua ultima parola.
Termina al partita, siamo fuori del Mondiale, torniamo in hotel
ceniamo, e all'improvviso ci riunisce tutti in una stanza e ci dice
perchè, secondo lui, come commissiario tecnico, eravamo usciti.
Aveva visto la partita che avevamo perso, l'aveva analizzata tutta
completamente, e ci dette la sua spiegazione.
Questo dice molto su come sia un allenatore.
Mi ricordo che finita la spiegazione "El mono" Burgos per primo
si alza e lo abbraccia, piangendo, piangevamo tutti, chiaro
è un Mondiale.
Mi ricordo che tornato dal Giappone rimasi 10 giorni chiuso in
camera mia, non volevo uscire.
Bielsa fu indicato chiaramente come il padre della sconfitta.
Lui ne uscì distrutto.
Credo che lui fosse convinto come il resto della gente che
avrebbe dovuto essere un buon Mondiale.
Gli parlai prima della partita.
Sì.
Me ne pentì dopo.
Gli parlavo sempre.
E quella notte non andò bene.
Come piansi quella notte, Dio mio.
Se c'è una cosa che avrei desiderato era il Mondiale per lui.
Lo meritava.
Una parte della stampa voleva le sue dimissioni.
Ma dopo aver constatato il supporto della squadra,
il Presidente della AFA, Julio Grondona, propose il rinnovo
e Bielsa accettò.
Due anni dopo l'Argentina ebbe l'opportunità di dimenticare
il dramma vissuto in Giappone.
Nella finale di Coppa America contro il Brasile.
Però nell'ultimo minuto Adriano firmò il 2-2
e ai calci di rigore l'Argentina sprofondò.
Ti metti a pensare alla carriera di club di ognuno,
e sono state tutte gloriose, totalmente. E come gruppo,
come Nazionale, era il momento.
E non lo fu. Non lo fu.
Solo un mese dopo sarebbe arrivato il riscatto:
la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Atene fu il primo titolo che
l'Argentina vinse con Bielsa.
E l'ultimo.
Mi congratulai, ci congratulammo a vicenda, sapevamo
che dolore ci portavamo dentro per la finale persa
parlavamo di come per una volta, alla fine, ci andò bene
e che avremmo voluto di più, questa era l'idea.
Però poi, per ragioni personali, dopo la partita con il Perù
decide di porre fine alla sua carriera con la Seleccion.
Dopo 6 anni di incarico, Bielsa addusse motivi di
stanchezza per andarsene.
Oggi i dipendenti dell'AFA ricordano con affetto l'uomo
che usciva di prima mattina per andare a correre per
i boschi di Ezeiza.
Qualcuno che sempre trovò un rifugio nel campo.
Il suo campo.
Come in altre occasioni, Bielsa si ritirò in un luogo che
frequenta fin dagli anni settanta.
Maximopaz.
Qui lo ricordano ancora come il ragazzo che andava a
trovare Laura, la sua fidanzata.
Coco è un suo buon amico. Un contadino con il quale
ha condiviso lunghe chiacchiere e svariate grigliate.
Per la prima volta, Coco, Fito e Pilipollo si riuniscono
per parlare di Marcelo.
Gli piace mangiare ravioli, cannelloni, ***òn
E' una buona forchetta, e ha anche buon gusto.
Con Marcelo parliamo molto di campi,
di queste cose parliamo molto, e di quello che si crede
che non sappia, lui lo sa già.
Non so se sia in Svezia o in Svizzera, però mi sembra in
Svezia, che i campi sono frazioni di due ettari, tre ettari, piccole.
E mi diceva che là, un tizio vende il campo, deve vendere il campo,
la priorità per comprarlo è dei vicini.
Qua il campo lo comprano gli scrittori, i dottori
questa gente compra i campi, per questo il contadino
si sta distruggendo poco a poco.
Ci sono cose che lui ti spiega così bene, che sono facili da capire.
Io insomma sono abbastanza ignorante.
Però non tutto è armonia a Maximopaz, la minaccia dell'oscurità
incombe sempre su Bielsa.
Il suo nemico, anche se poi la domenica ceniamo assieme,
in questo caso sarei io, disgraziatamente per lui
il servizio elettrico è responsabilità mia.
E c'è un grande problema, che quando lui non è nel campo la
corrente non salta mai, e quado invece va nel campo la luce salta.
E ovviamente sapete le cose che Marcelo Bielsa mi può dire
per telefono quando va via la luce.
Chiaramente perchè sta vedendo una partita.
Chiama, e mi maltratta. Mi dice tutto quello che gli passa
per la testa, e io gli ripeto le stesse cose, e lui
si sente come noi.
Fu a Maximopaz dove Bielsa ricevette Pep Guardiola e
David Trueba in un incontro di undici ore, in cui parlarono di calcio
e di altre passioni condivise. Come il cinema.
Nella capitale del Cile un videoclub, "El Manquehue", mostra
un poster dell'Athletic de Bilbao. E' un regalo di Bielsa per il proprietario
come ringraziamento per inviargli film molto difficili da trovare.
Il cinema è una grande passione di Bielsa.
Una delle prime cose che fece appena arrivato in Cile nell'Agosto 2007
fu riunirsi con tre registi per conoscere meglio il paese.
Però molto prima di entrare in Cile, Bielsa aveva già
svolto i compiti per essere il futuro commissario tecnico.
Il presidente della Federazione Cilena, Harold Mayne Nichols,
fu la persona che lo convinse ad accettare l'incarico.
Andammo la prima volta a parlare con lui a Rosario,
e aveva un foglio in cui c'erano i nomi di non so quanti
giocatori cileni. Li aveva tutti, e tutti erano stati analizzati.
Come già aveva fatto ad Ezeiza, Bielsa chiese di vivere a Pinto Duràn,
il complesso sportivo della Federazione Cilena.
Però non era di certo Ezeiza.
Anche io conosco la camera di Ezeiza, dove lui visse, e credo
che quella che ebbe a Pinto Duràn era ancora più piccola.
Le condizioni che trovò a Pinto Duràn erano delle condizioni che..
che non riflettevano ciò di cui una Nazionale aveva bisogno.
Per finanziare la ristrutturazione di Pinto Duràn, Bielsa si dedicò
a tenere conferenze per tutto il Paese.
Il Rosarino ereditò una nazionale con problemi di indisciplina
e di autostima. Nemmeno stavolta l'inizio fu facile.
Però quel nuovo gruppo di giovani e inesperti credeva nel suo allenatore.
Io credo che a molti di noi cambiò la mentalità in quel momento,
ci servì molto per crescere, eravamo una squadra molto giovane,
c'erano addirittura ragazzi che nemmeno avevano debuttato
in Prima Divisione con il loro club, e stavano per debuttare in Nazionale.
Quella stessa Nazionale, giovane ed inesperta, cominciò a mostrare
un calcio differente, rapido, combattivo: solo il Brasile fu capace
di superare il Cile nelle qualificazioni per il Mondiale in Sudafrica
Dopo dodici anni senza partecipare a un Mondiale, questo trionfo
fu una festa nazionale in Cile.
Il Cile amava Bielsa, e lui non volle essere da meno.
Ogni volta che andava a comprare il pane il fornaio glielo voleva regalare.
E questo credo portò a discussioni di un'ora, un'ora e mezza, del tipo
"Ti pago il pane" "Non lo paghi"
"Se lo paga non viene mai più" "Allora non vengo più"
Una grande amicizia che Bielsa ancora conserva è con l'uomo che
fornisce gratuitamente il materiale tecnico alla Federazione.
Se c'è qualcuno in cui Bielsa ha fiducia cieca, è Fernando Saffie.
Almeno una volta alla settimana veniva in questo negozio,
e si sedeva in quella scala laggiù, la gente lo amava
era un idolo.
Saffie fu testimone di come Bielsa si impegnò con il Cile
anche più in là di quello che è il calcio.
Io sono sicuro che aiutò economicamente a varie persone,
persone singole e anche a gruppi, associazioni.
E' molto amico di una persona molto importante in Cile,
Felipe Berrios, un sacerdote gesuita, che ora è in missione in Africa.
Con l'aiuto di Felipe Berrios, Bielsa vide la realtà più cruda del paese
Quando nel marzo 2010 un terremoto devastò la costa cilena,
Bielsa collaborò attivamente.
Le chiederei se può dare qualche parola di incorraggiamento,
di amicizia, affinchè ci rialziamo.
Ogni.. ogni spazio fisico che vedevo, era impossibile da assimilare
e ogni conversazione che tenni, fue una boccata di ottimismo
per il futuro di tutti voi, perchè questa gente ricostruirà
ciò che a perso, sicuramente.
Il Mondiale fu il momento culminante del periodo di Bielsa in Cile.
Dal 1962 il Cile non vinceva una partita in un Campionato Mondiale
In Sudafrica ne vinsero due, complicarono la vita alla Spagna,
e caddero contro il Brasile agli ottavi di finale.
Però quella tappa era sul punto di terminare, Bielsa aveva
condizionato la sua continuazione a quella dell'uomo che lo assunse,
però Mayne Nichols perse l'incarico delle Nazionali e il Rosarino
constatò che con i nuovi capi non poteva lavorare.
Purtroppo i nuovi direttori, in qualche modo, lo obbligarono ad andarsene.
Io parlai con lui nello spogliatoio davanti a tutti i miei compagni,
e gli chiedemmo di rimanere, eravamo felici con lui, che lo
volevamo con noi per molto più tempo.
Però nonostante tutto quello che si è detto, provò fino all'ultimo,
fino all'ultimo sforzo per rimanere in Cile.
Considero i miei tre anni e mezzo in Cile un regalo della vita,
ho imparato molte cose della vita stando qui, sono orgoglioso
e riconoscente per aver vissuto in questo suolo, so che sono
io quello che ci perde ad andarsene, ho cercato di rimanere ma
non ci sono riuscito. Ai calciatori, e se mi è permesso, a tutti i
cileni, voglio dire grazie mille.
In Cile non dimenticano Bielsa.
Si preoccupava sempre della gente e dei tifosi.
Fece moltissime cose che mai si seppero pubblicamente.
Aiutò la gente malata, anonimamente.
Ci dette speranza, professionalità.
Fiducia.
Dignità.
Ci insegnò ad essere Nazione.
Io almeno sentivo che lui amava questo paese.
Ci insegnò ad essere rispettosi.
Ci manca molto.
Un gran vuoto.
Ci manca molto.
Circa duemila tifosi dell'Athletic passano la notte in strada
per un biglietto per Manchester.
In nove mesi scarsi Marcelo Bielsa ha condotto l'Athletic
a dei risultati storici.
Claudio Vivas conosce Bielsa da 26 anni, oggi è il suo secondo allenatore
l'incaricato di posizionare il classico spiegamento di linee, pali e ostacoli.
Tanto Vivas, come Luis Bonini, rimangono in ombra, ai margini della stampa.
Il professor Bonini è il preparatore fisico e il collegamento tra Bielsa e i giocatori.
Lavorano insieme da 14 anni.
Lezama oggi è quello che ieri furono Bellavista, Ezeiza e Pinto Duràn.
Ci sono stati cazziatoni epici, rivolti a me per primo
Io pensavo di aver fatto bene, poi lui me le analizzava e scoprivo di
aver sbagliato tutto.
Non mi ricordo bene il motivo della discussione, ma ricordo che se ci fosse
stata una telecamera nascosta ci sarebbe stato lui con la bocca aperta
e quelli a fianco che stavano ascoltando con la pelle d'oca.
Quando capirono che mi ero rotto il crociato tenemmo una
conversazione molto emotiva, io mi emozionai insomma, perchè
stavo imparando tanto con lui.
Sempre c'è una immagine della Gabarra in spoglatoio, e lui
sempre ci dice "Che bello sarebbe stare lì sopra".
Lì devi trovare un passaggio!
Devi passare così, perchè è l'unico spazio che ti ha lasciato!
Qualcosa gli farà, non so, entrerà nella loro testa,
farà capire ai ragazzi che devono combattere tutti i 90 minuti.
E' un fatto di mentalità. Sentire che si può giocare il pallone.
E' quello che vogliamo, sai, quello che abbiamo sempre voluto tutta la vita
Forza, calcio e classe.
Io mi sono divertito tutta la vita, però adesso di più.
Capisce di calcio. E' una persona eccellente
e molto competente.
Questi sono adesso i paesaggi di Marcelo Bielsa
dove risiede e passeggia a qualsiasi ora
Come già fece in Cile, il Rosarino anche qui si è aperto alla gente
A Las Arenas, Gernika e l'Arbolera,
in maniera discreta, con bambini a cui dedica regali
e attenzioni. o con nuove amicizie, come Manoli
che visita per condividere un po' di morcilla, chorizo e conversazione.
Gli piacciono la morcilla e il chorizo
gli piace osservare e ascoltare... gli piace sì.
E' una persona molto semplice, molto informale.. di classe, via.
Le sue impronte sono ancora vive in differenti luoghi, nei più insospettabili
e nelle persone con le quali si è incrociato nella vita.
Marcelo ha tutto. Tutto quello che deve avere un essere umano, ce l'ha.
L'unica cosa che gli manca è volare.
Se dovessi definirlo con una frase, è uno che si divora la vita.
Se la divora.
Uomo di poche parole, però con un messaggio diretto e profondo.
Ha etica a oltranza, per me ha troppa etica.
Non è tipo da lasciarsi andare troppo.
Però quando si brinda si brinda tutti insieme.
Viene fino a casa mia per parlare di qualcosa che abbiamo in sospeso
cosa che mostra una considerazione speciale o l'affetto che ha per me.
E' chiaro che con il passare degli anni è cambiato.
Giocai secondo le sue idee di allenatore, e mi piaceva.
Sviluppai le sue idee come suo vice allenatore, e anche lì mi piacque.
Ha giocato lo stesso calcio nel Newell's, con il Cile, l'Argentina, e ora a Bilbao
Però al di là dell'ammirazione professionale, quello che conservo di Marcelo
è il grande esempio umanao.
La maniera in cui può sostenere i suoi valori,
non negoziare su questi valori,
in un lavoro in cui è abbastanza difficile riuscirci.
E rende questa professione una professione dignitosa.
Io credo che a prescindere dove stia, sia amato dovunque da chi lo conosca.
- Di dove siete voi? - Giappone.
Giappone. Gran paese il Giappone.
Grazie.
Gran paese.
Grazie.
Gran gran paese, di gente buona, onesta.
Glielo dico perchè, lei crede che me lo stia inventando,
però Marcelo è così, lei non lo può credere.
Nessuno lo può credere.
Vado a leggervi quello che per me è il calcio.
Eravamo tutti molto amici, ci piaceva giocare insieme,
ci divertivamo riuniti, cercavamo di farlo nel miglior modo possibile.
Attaccare molto, e poi recuperarla con il desiderio di tornare ad attaccare
e speravamo nella compagnia della sorte.
Questo è il calcio ragazzi.