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Lei ha esplorato il tema dell'intersoggettività inconscia
tra la mente del paziente e la mente dell'analista.
. Puoi dirci qualcosa su questo modello?
Certo.
Questo non è un modello nuovo,
in realtà è implicito nelle nozioni freudiane.
Nel suo lavoro del 1912
sulle "Raccomandazioni a medici che praticano la psicoanalisi",
ha argomentato
su come l'analista debba essere molto ricettivo
verso l'inconscio
che sta comunicando con il suo inconscio.
Freud ha proposto questo oltre 100 anni fa,
questo modello di un inconscio trasmettente
dal paziente
all'analista,
il cui inconscio ricevente
prende e decodifica questi messaggi inconsci,
e lui usa la metafora del telefono.
È un po' così: L'inconscio tramettente del paziente
in qualche modo si trasforma in segnali, e in realtà
non sappiano di che natura siano questi segnali.
Questa registrazione inconscia,
i segnali, passano attraverso una qualche misteriosa rete
e sono ricevuti dall'inconscio ricevente
dell'analista, il quale quindi li decodifica.
È un processo molto complesso. È stato per me affascinante, nel mio lavoro,
che questo modello che Freud ha introdotto, in realtà è stato ignorato,
per moltissimi anni.
È stato toccato brevemente
da autori come Theodore Reich - che ne scriveva negli anni '20 e '30
ma lui era uno un po' fuori dal coro. -
Di sicuro è stato ignorato quasi completamente
anche nella psicoanalisi americana.
Così in anni recenti c'è stato un interesse crescente
in ciò che è stato chiamato intersoggettività.
Leggendo la gran parte della letteratura, ho avuto l'impressione
che la visione corrente
dell'intersoggettività ha largamente ignorato
il modello freudiano in cui questo è un processo profondamente inconscio.
In molte scuole il termine intersoggettività è stato usato
per descrivere come il controtransfert dell'analista
la reazione al materiale del paziente - era collegato
alla natura di ciò che il paziente stava comunicando coll'analista.
Così, per esempio, il paziente può star parlando di suo padre,
magari con molta emozione
riguardo al suo proprio padre;
Questo potrebbe essere un indizio che conferma all'analista
che c'è qualcosa di veramente importante che sta succedendo.
Sullo scambio cosciente fra l'analista e il paziente:
Cioè il paziente sta avendo un transfert paterno, ed io - il suo analista -
mi sento come suo padre, o penso a mio padre, e di conseguenza
c'è questo "intersoggettivo".
A me, questo mi colpisce
colpisce come troppo superficiale, troppo ovvio.
Una delle cose su cui mi sono trovato a interrogarmi
è stato: Qual è il processo
attraverso il quale l'inconscio trasmettente
del paziente-per usare il termine di Freud -
trasmette all'analista, e qual è il processo
tramite cui l'inconscio dell'analista
decodifica la trasmissione.
Ciò cui sono giunto è stato il ruolo importante dell'identificazione proiettiva
e relativamente a questo
il mezzo attraverso cui il paziente trasmette qualcosa
inconsciamente, è proprio attraverso l'identificazione proiettiva.
Ora - non so quanto tu voglia che io mi dilunghi si questo -
Per la Klein l'identificazione proiettiva
era principalmente per scaricare la psiche da esperienze
dolorose ed ingestibili - semplicemente evacuarle.
Bion iniziò a considerare
l'identificazione proiettiva come una esperienza di tipo più comunicativo.
Questo apre ad una prospettiva in cui possiamo cominciare a pensare
a come un inconscio trasmetta ad un altro:
Attraverso l'identificazione proiettiva, e l'analista che ha
il suo inconscio ricettivo introietta, prende dentro di sé
quello del paziente. Tutto questo accade spontaneamente, inconsciamente,
ma lascia ancora aperta una domanda su come faccia l'inconscio
trasmettente del paziente a codificare il suo messaggio
e come faccia l'Inconscio dell'analista a decodificarlo.
Questo mi ha portato a pensare al concetto bioniano di funzione alfa.
La funzione alfa è un'idea molto complessa su cui ho scritto.
Sostanzialmente essa si struttura attraverso le comunicazioni
precoci fra la madre e l'infante, in cui il bambino proietta
in un modo estremante primitivo qualcosa nella madre,
delle "sensazioni intollerabili" Bion spesso dice
"una paura di morire" - la madre la accoglie dentro di sé,
e attraverso quel processo di accoglimento la sottopone a quella che.
Bion chiama una rêverie. È attraverso questo processo di rêverie
che l'esperienza emozionale grezza proiettata dal bambino
può essere assorbita dalla madre, che a sua volta la trasforma
attraverso quello che Bion più tardi avrebbe chiamato
funzione alfa.
È interessante notare che Bion arrivò alla funzione alfa
dallo studio delle proprie esperienze personali
della tragedia della prima guerra mondiale,
ne scrive estensivamente con considerevole emozione.
Fu attraverso queste esperienze che arrivò a
rendersi conto che c'è un qualche modo attraverso cui
l'analista deve essere in grado di prendere dentro di sé esperienze dolorose,
così come lui - giovane comandante carrista durante la guerra - era stato
profondamente influenzato da tutto quello che gli succedeva intorno.
Ma allora il carico sull'analista - tornando alla metafora madre/bambino -
sull'analista o sulla madre è quello di tollerarlo.
È attraverso questa tolleranza, il dare parola
a queste esperienze introiettate inviate dal bambino, che la madre può
trasformarle tramite la sua funzione alfa in qualcosa che abbia senso.
Una cosa semplice come un bambino che si sente irritato perché il
suo pannolino è bagnato e sta diventando freddo e appiccicoso,
dopo un sufficiente lasso di tempo la madre può arrivare
ad identificare certi tipi di vocalizzi o lamenti
o quant'altro dal bambino e dire "oh ecco il mio bambino piange perché
ha il pannolino bagnato, non perché ha fame o ha freddo o altro..".
Così in modo analogo spetta all'analista di essere in grado di introiettare
quanto il paziente sta inconsciamente trasmettendo
tramite l'identificazione proiettiva,
e di tollerarlo.
Secondo lei, quali sono le implicazioni cliniche di questo modello intersoggettivo
cioè quando noi consideriamo la situazione psicoanalitica
come campo di due persone?
In base a quanto ho detto, una implicazione clinica
è che parte dell'alleanza terapeutica
è una sorta di corrente sottomarina del transfert materno
per il paziente: In questo contesto l'analista
deve essere in grado di prendere dentro di sé
la proiezione del paziente - la ricettività e estremamente importante -
prenderla dentro di sé e tollerarla
e, attraverso la sua tolleranza ed il pensare sulle cose, lui la trasforma
da esperienza emozionale grezza che è solo sensazione nuda e cruda
in qualcosa che ha un significato psicologico per il paziente.
A dirlo sembra tutto facile semplice e confortevole
ma - come sappiamo - ci sono delle esperienze, in particolare
quelle che il paziente ci chiede di accogliere dentro di noi,
che magari per quel particolare analista sono estremamente
difficili da tollerare, data la sua individuale psicologia.