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Tutti noi, in fondo, facciamo esattamente ciò per cui siamo tagliati, ed è un discorso
che vale anche per me. Questo libro ha senz’altro a che fare con me, altrimenti non avrei potuto
scriverlo, e nell’averlo scritto c’è qualcosa di autobiografico, è ovvio. La citazione
a inizio libro si riferisce, perlomeno in questo contesto, al fatto che a volte ci ritroviamo
in situazioni, come succede a Caspar Leinen, in cui siamo costretti a risolvere conflitti
radicati dentro di noi. Molti tedeschi sentono ancora il conflitto con il Terzo Reich, e
lo stesso si può dire del nostro sistema giudiziario. Il fatto che io lavori all’interno
di questo sistema chiaramente gioca un ruolo fondamentale.
Il punto è proprio questo: la legge è qualcosa di fisso, immutabile, che resta sempre uguale
nel tempo, oppure dobbiamo interpretarla in base alla società in cui viviamo? Sono due
concezioni diverse del diritto che hanno enormi ripercussioni sulla nostra vita quotidiana.
Esistono leggi composte da appena un paio di punti, solo poche parole, che però devono
essere “riempite”, e sta a noi decidere come “riempirle”. Questo è uno degli
aspetti cruciali del diritto, e anche il tema che affronto nel libro.
In sostanza, il libro parla della questione che lei ha appena sollevato, ovvero cosa intendiamo
noi per diritto, come ci relazioniamo con il sistema giudiziario e cosa vogliamo in
quanto società. È la storia di un giovane penalista che non volendo si ritrova fra le
mani un caso molto grosso. Per lui rappresenterà una sfida non solo dal punto di vista professionale
ma anche personale, per la quale dovrà lottare molto se vuole continuare a essere avvocato
e rimettere a posto le cose. Se vi piacciono le storie di avvocati, se vi piacciono i libri
in generale, allora dovreste leggere Il caso Collini. La cosa più importante, però, è
che leggiate, non importa cosa.