Tip:
Highlight text to annotate it
X
Sono molto stanco.
Vieni a stenderti un po'.
No!
Vieni...
Credo che fossero circa le cinque. Mi ero alzato e andavo
a prendere il giornale nel corridoio. Sono mattiniero, io.
Quando suonō il telefono, ricordo che mi arrabbiai:
avevo dimenticato di nuovo di staccarlo la sera precedente.
Accade spesso che nella notte i pazienti mi chiamino.
Prima lo ignorai, poi risposi.
Non volevo svegliasse mia moglie nella camera accanto.
Era Peter Egermann al telefono. Era molto calmo...
controllava perfettamente la voce. Mi chiese...
di raggiungerlo ad un certo indirizzo.
Dovevo entrare nell'edificio, arrivare in fondo all'atrio
e cercare una porta metallica situata a sinistra della scala principale.
Disse di aver trovato una chiave e di aver lasciato la porta aperta.
Dopo 20 minuti ero lā. Erano circa le 5.30.
Aprii quella porta e trovai una scala che portava a un seminterrato.
Le stanze erano illuminate a giorno,
un registratore faceva un chiasso infernale.
La ragazza giaceva reclinata su una specie di palcoscenico.
Sul suo corpo c'era una grossa coperta di broccato.
Aveva le gambe divaricate.
Il volto insanguinato, gonfio e pallido.
Per ulteriori dettagli rimando al referto optottico.
Egermann dichiarō di avere ucciso la ragazza
e di aver sottoposto la morta a sodomia.
Ad essere sincero...
sono profondamente scioccato, conosco Egermann da 20 anni.
Un uomo dotato, conscio dei propri doveri, sempre amabile
e credo benvoluto da tutti.
Sposato con una donna d'affari assai efficiente.
Una larga cerchia di conoscenze...
Una vita facile, comoda ma senza pretese.
- Una madre famosa... - Cordelia Egermann, l'attrice.
Il padre č morto da poco. La famiglia non ha problemi.
Il fratello č ambasciatore a Vienna,
la sorella č sposata a un noto uomo d'affari.
Qualche tendenza ereditaria a depressioni o altri disturbi?
Non per quanto ne so io.
Peter e Katarina l'hanno mai consultata per qualche disturbo?
Cose da niente che richiedevano del *** o del mogano.
Di recente ho esagerato nel bere e nel restare alzato la notte.
A parte ciō, sono sempre pių conscio del tempo che passa.
Ecco...
Voglio dirti senza parafrasi ciō che mi pesa sul cuore.
Tutti gli uomini hanno qualcosa che li preoccupa, non credi?
Ma la mia preoccupazione č piuttosto particolare.
Per questo vengo da te.
Tu trovi che io mi dilungo troppo. Hai ragione.
Forse perché esito a raccontarti ciō che mi angoscia.
Finché non la esprimerō a parole,
la mia angoscia sarā irreale, come un sogno.
Quando l'avrō espressa a parole, allora sarā una realtā.
Sono terrorizzato dalla voglia di uccidere.
Sono terrorizzato dalla voglia di uccidere una persona.
Sono terrorizzato.
La persona č mia moglie.
La voglio uccidere.
Sono 2 anni che vivo con la convinzione di ucciderla.
Katarina mi ha tradito e io l'ho tradita. Ma questo non c'entra.
Abbiamo un rapporto sessuale fantastico.
Ci amiamo - come devo dire? - senza sentimento.
Voglio dire, senza pensare a ciō che proviamo a vicenda.
Non sono abituato a descrivere le complicazioni sentimentali.
Penso sia inutile dirti quello che forse hai giā capito.
Noi amiamo il nostro piacere. O forse ognuno gode del piacere dell'altro.
Il migliore accordo c'č stato quando uno di noi ha tradito l'altro.
Uso la parola 'tradire' ma č sbagliata.
Ha un peso morale negativo che per noi due non esiste.
'Scambievole libertā sessuale' credo che sia pių esatto.
Sė, chiacchiero. Sono proprio senza speranza.
A voi strizzacervelli interessano i sogni.
Ma i miei sogni sono banali, noiosi...
Voglio che tu mi dica che la mia fissazione di uccidere Katarina
č solo una disfunzione ormonale.
Forse voglio che mi ipnotizzi.
Sarebbe una soluzione.
- Non dici niente? - Perché sei venuto da me?
Neanche tu credi alle tue angosce.
Peter, le persone come te non credono nell'esistenza dell'anima.
- Quindi non comprendo la tua visita. - Sei arrabbiato?
Certo. Perché tu non hai mai dato importanza alle tue paure.
Potresti comunque consigliarmi un tranquillante.
Ti consiglio una bella passeggiata.
Č un rimedio indicato per depressioni e pensieri conturbanti.
Poi bevi del caffč forte, un paio di cognac e ti sentirai un altro uomo.
Grazie, Mogens, mi hai aiutato molto.
Arrivederci.
Non posso.
Siediti.
Credo di essermi un po' affaticato.
Quante volte si dice di odiare.
O di desiderare che l'altro sia morto. Ci si picchia.
Ci si umilia, si inveisce, ci si provoca.
Ci si sputa addosso, ci si tengono le braccia, si lotta, si strilla.
Poi scorre un po' di sangue. Uno dei due trionfa, l'altro č sconfitto
e sta sulla porta del bagno e chiede perdono.
- Questo č poco pericoloso, vero? - Pochissimo pericoloso.
Č tutto come una commedia,
con diverse repliche, pause, sorprese. Le uscite sono preparate.
La mancanza di pubblico č senz'altro fatale.
Ma normalmente non č difficile porvi rimedio.
- E questo non č... - Questo non č altro...
...che una parte ben nota della nostra vita in comune.
Io credo...
No, neanche questo č giusto.
Non č giusto?
C'č una stupida teoria che afferma che alcuni idioti amano le risse
e le umiliazioni reciproche...
Forse questa č una particolare ed insolita forma di contatto tra loro.
Io prendo un pugno sul naso. Urrā, picchiamoci!
Altro che divorzio!
Come pensi di ucciderla?
L'appartamento č in perfetto silenzio.
Lo rischiara la forte luce del sole.
Siamo stati per giorni abbandonati a noi stessi, forse anche di pių.
Non abbiamo avuto un diverbio, c'č un gran silenzio.
Forse č mattina presto. La strada č vuota e silenziosa.
Ho una sensazione di pace,
tutto č molto lontano.
Voglio dire, il lavoro, la vita quotidiana, le voci, le convenzioni.
Non provo né emozione, né paura.
Posso vedere come lei si muove nella stanza da bagno,
inondata dalla luce quasi incredibile del sole.
Si sta pettinando.
Ho sempre amato osservare Katarina.
Anche quando ci siamo odiati, o quando era ubriaca,
ammalata o arrabbiata. Ho sempre goduto dei suoi gesti,
il suo profumo, la sua presenza.
Ora si č voltata verso il grande specchio.
Mi vede riflesso nello specchio.
Č profondamente assorta e respira profondamente.
Io sono in piedi dietro di lei, vicinissimo.
Nella mano destra ho un rasoio aperto.
Per tutto il tempo mi guarda. Ma ora finalmente mi vede.
E le labbra le si aprono in un sorriso appena percettibile.
Sento un suo leggero movimento, e al collo una piccola pulsazione.
Sai che un essere umano ha una grande quantitā di sangue?
Se recidi la carotide,
il sangue schizza ovunque, persino sulle pareti e su di te.
Ha un odore forte ed č appiccicoso.
La tua vittima non muore subito, ci mette minuti per perdere conoscenza.
Č probabile che abbiate il tempo di pensare a tante cose.
Sai, forse ti penti.
Non era come credevi. Non hai avuto l'avventura strabiliante che volevi.
C'č solo Katarina per terra in bagno
con una ferita al collo da cui sprizza il sangue.
- Sei ironico, non č vero? - No.
Se vuoi, posso farti ricoverare subito nella mia clinica.
Ti facciamo tutti i tipi d'iniezioni finché per te č indifferente...
se sei Peter Egermann o l'imperatore della Cina.
Non temere, siamo fenomenali nell'annullare la personalitā altrui.
Senza lo, non c'č paura. Fantastico, vero?
Ho letto che le nuove cure per i malati di mente sono forti.
Ti ho detto che ti prendo sul serio, Peter.
- Ti sto trattenendo. - Un po', sto aspettando visite.
- Allora tolgo il disturbo. - Giovedė alle 4 parleremo per un paio d'ore.
- Non ho pazienti nel pomeriggio. - Molto gentile.
- Ma ti pare. - Dovrei dire a Katarina?
Arrivederci, Peter Egermann. Abbi cura di te.
Ciao, Mogens.
Ti faccio tanti auguri.
- Che vuoi dire? - Per la tua visita.
Trovi la strada?
Ma certo.
La signora Egermann? C'č la signora Egermann?
Sė, č molto importante.
Il professor Jensen.
Sė, aspetto...
Katarina?
Peter č stato qui.
No, č appena andato via.
Puoi venire? Ti lascio la porta aperta.
Sė...
Scusa se ho fatto tardi. Ho dovuto parcheggiare un po' distante...
Poi l'ultimo pezzo ho corso, fa un freddo cane.
Come stai? Fatti guardare.
Ti trovo in forma. Hai qualcosa di bevibile?
- Come si prospetta la tua sfilata? - Andrā bene. Ci vieni?
Ci verrā ***, io non posso.
Terrō una conferenza alla Societā medica, devo fare i compiti a casa.
- Poi parti per la Tunisia? - Sė, venerdė.
- Quanto tempo ci rimani? - Sei settimane.
- Da solo? - Naturalmente.
Questo vino č stupendo.
E tua moglie?
- Facciamo vacanze separate da 7 anni. - Me lo avevi detto.
- Vieni con me. - In Tunisia?
- Perché no? - E Peter?
Penso che lo troverā molto pratico.
Con tutta la tua saggezza non hai ancora capito che amo mio marito.
- Non hai mai? - Spesso.
- Troppo spesso, ma questo non c'entra. - Non capisco.
- Non ha importanza. - Comunque, sono curioso.
Io ti trovo attraente.
Credo perfino che ci divertiremmo molto insieme.
Ma viaggiare č un'altra cosa.
E adesso?
Non sono venuta qui per fare l'amore, ma per parlare di Peter.
- Inoltre, ho anche le mie cose. - Sono 2 patetiche scuse.
- In ogni caso, qui non possiamo stare. - Hai ragione, non qui.
Č una proposta?
- Lė dentro. - Non č la prima volta, vero?
Questo č coperto dal segreto professionale.
Dov'č il bagno?
Accomodati.
Mi spiace, ma non posso.
Sarebbe molto divertente, ma non posso.
- Č per Peter? - Sė, č per lui.
Commovente...
- Perché questa ironia? - Non era ironia, te l'assicuro.
Peter voleva parlarmi.
Afferma di essere ossessionato da una precisa idea fissa.
- Un'idea fissa? - Un pensiero sempre ricorrente.
Lo ha sul serio?
Molti esagerano il significato dei propri disturbi.
Si spaventano, e la paura č forse anche peggiore delle loro fantasie.
Quali fantasie?
Di suicidio, di omicidio, di morte, violenza, azioni violente.
Non so bene. Tornerā da me giovedė. Cercherō di vederci pių chiaro.
- C'č pericolo che lui? - Č probabile che non sia grave.
Che posso fare io?
Dovresti andare via per un po', forse.
Nel bel mezzo della stagione? Sciocchezze.
E poi perché dovrei? Se Peter č malato, ha bisogno di me.
Č possibile che la situazione possa diventare un po' pericolosa per te.
- Che vuoi dire? Che Peter? - Sė.
- Ti ha detto che? - Beh, allusivamente.
Mi sembra del tutto privo di senso.
- Allora non puoi partire? - No, dovresti capirlo.
- Non puoi prendere qualcuno in casa? - No, Peter si opporrebbe.
- Avete 2 nipoti, no? - Uno di 6 e uno di 8, č impossibile.
- E lui non puō partire per un po' - No, č pieno di lavoro.
Poi devono definire un paio di trattative complicate.
Potrei prescrivergli qualche mese di riposo.
Č molto poco realistico.
Per ora, non mi viene in mente niente di meglio.
Sei molto pių preoccupato di quanto non vuoi ammettere.
Esaminati razionalmente, credo che i rischi siano minimi.
Comportiamoci con raziocinio allora.
Non so. La mia intuizione mi fa essere piuttosto preoccupato.
E la tua intuizione non sbaglia?
Molto raramente.
Io pure ho un'intuizione.
E cosa dice?
Che consciamente o inconsciamente,
stai cercando di svelare qualcosa di pių del rapporto fra Peter e me.
- Per quale motivo? - Questo non lo so.
Forse sei fatto cosė.
- Sono stupito. - Mi hai sempre fatto paura.
- Ma non solo paura. - Peter č una parte di me.
Non lo capisci?
Lo porto sempre con me, dovunque vado.
Ora č qui dentro.
Č una cosa che non ho mai provato con nessun altro.
Se avessimo dei figli, sarebbe diverso.
Cosė ognuno di noi č figlio dell'altro.
No, non č esatto.
Nessuno di noi due vuole essere pių saggio o pių maturo.
Ecco perché litighiamo, ci picchiamo e piangiamo.
Nessuno di noi due vuol essere adulto.
Ma abbiamo una circolazione sanguigna comune.
I nostri fasci nervosi sono cresciuti insieme per qualche oscuro motivo.
Vuoi capirlo questo?
Se Peter sta male, subito sto male anch'io.
E voglio correre a casa da Peter, tenerlo stretto e dirgli: "Ora...
e d'ora in poi, capisco tutto ciō che dici, che pensi.
Tutto ciō che provi."
Voglio stringerlo finché lui non mi dirā che cosa c'impedisce
di vederci a vicenda,
nonostante viviamo cosė strettamente insieme...
e sappiamo tutto l'uno dell'altro.
Sono cosė affranta.
Cosa vuole sapere?
Le sarō grato per tutte le informazioni che potrā darmi.
Peter era un figlio desiderato.
Eravamo cosė felici.
La sua infanzia č stata felice. Forse fin troppo protetta, non so.
Era piuttosto pauroso. Aveva paura del buio.
Voleva sempre la luce accesa fuori dalla sua camera.
Aveva paura soprattutto dei cani, dei cavalli, dei grossi uccelli.
I suoi fratelli erano pių robusti. Lui somigliava a me.
Da bambina anch'io ero un po' cagionevole, malaticcia.
Soffrivo di asma e di improvvise allergie.
Ricordo che si mangiava sempre le unghie. Non era bello a vedersi.
Giocava molto con la sorella di 3 anni pių giovane.
Sempre con le bambole e il teatro dei burattini.
A scuola non aveva difficoltā, aveva sempre i voti migliori.
Aveva molto pių talento dei suoi fratelli.
A 20 anni, conobbe una ragazza davvero adorabile.
S'innamorarono e volevano sposarsi a studi ultimati.
Poi incontrō Katarina e si innamorō pazzamente.
Lei ebbe subito una grande influenza su di lui, era lei la prescelta.
Ciō che pensavano o dicevano i genitori di Peter
non aveva importanza ormai.
Chissā, forse dev'essere cosė.
Io non so niente, non capisco niente.
E come potrei d'altronde?
Prima del matrimonio facevo teatro. Poi mi dedicai tutta ai figli.
Mio marito non voleva che lavorassi. Io non ho mai avuto rimpianti.
La mia vita č stata buona e felice.
Qualche giorno fa, Peter č venuto a farmi una breve visita.
Aveva una lista di riparazioni da fare in casa.
Scorremmo insieme la lista.
Lui avrebbe parlato con l'architetto e l'impresa edile.
Č solo una vecchia casa cadente.
E il parco č un po' poco curato.
In alcuni angoli, il tetto č cosė male isolato
che, a neve sciolta, l'umiditā entra in tutta la casa.
Abbiamo parlato di tutti quei lavori. Avevamo un po' di fretta entrambi.
Io avevo ospiti a cena e Peter andava a una conferenza.
Non notai in lui niente d'insolito. Mi disse solo d'essere un po' stanco,
che era stato raffreddato. Katarina era a Parigi,
sarebbe rientrata a metā settimana.
Scherzammo su quelle riparazioni e sul progetto dell'architetto.
Fu davvero divertente. Peter pensava che vivevo in una catapecchia.
Ma io amo la mia vecchia casa.
E non me ne andrō mai via.
Se vuoi accendere la luce e leggere, fai pure.
Io dormo lo stesso.
Credo che mi alzerō per un po'.
- Vuoi che ti scaldi del latte? - No, grazie.
- Apriamo il riscaldamento? - Per me no.
Come va il tuo raffreddore?
- La gola non mi fa pių male. - Bene...
Neanch'io posso dormire.
Sarā il cambiamento del tempo o la luna piena.
O quella orribile cena che Oscar ci ha voluto per forza preparare.
- Che bevi? - Cognac.
- Bevo anch'io qualcosa. - Il tuo schifoso liquore č a sinistra.
Che?! Un liquore alle 3 di mattino? Berrō solo un po' di whisky.
- Č tranquillante e non fa male. - Non dovresti bere cosė tanto.
Bevo quanto mi pare, amore mio. Io non perdo mai l'autocontrollo.
Ieri sera eri piuttosto insopportabile...
Figurati se non lo so.
Hai bevuto troppo e sei diventata insopportabile.
- No, l'ho fatto apposta. - Ah, č cosė, brava!
- Mi piace imbarazzare Martin. - Ti č riuscito alla perfezione.
Lui ha iniziato a palpeggiarmi di nascosto.
Io ho iniziato a bere e l'ho palpeggiato. Sfacciatamente.
Č un modo raffinato di vendicarsi, capisci, piccolo Peter?
- Parlavi forte di cose confuse senza farlo apposta. - Secondo te.
Ma gli altri mi hanno trovata molto carina.
- Al diavolo queste maledette cene. - La settimana prossima cinque.
- Tu ti diverti. - Anche tu.
Non pių adesso.
Domani dobbiamo andare a colazione da tua madre.
- Beh, č importante. - Per te, non per me.
- Č una colazione d'affari. - Io non ho tempo.
Katarina, me l'avevi promesso.
I tuoi grandi soci in affari ritengono che sia un onore
quando gli viene data una schifezza dalla tua vecchia e orribile madre.
E in quella catapecchia... Davvero inconcepibile.
- Mamma č un monumento. - Sė, un vecchio monumento diroccato
di un impero oppressivo fondato tanto tempo fa da tuo padre.
Ora Katarina va a dormire. Devo alzarmi alle 6.45.
Io vado a sdraiarmi nello studio.
- Stamattina non giochi a tennis? - Ad Harry fa male un braccio.
- Fuma troppo. - Il dolore non gli č venuto per il troppo fumo.
Se si fumano 70 sigarette al giorno,
i muscoli e la circolazione ne risentono.
- Sė, certo... - Č una cosa evidente.
Sė, č una cosa evidente che č una cosa evidente.
Allora non devo svegliarti prima di uscire?
- A che ora esci? - Verso le 8.
- Allora svegliami verso le 8. - Buonanotte, amore mio.
Buonanotte, tesoro.
Peter?
Sė?
Vuoi dirmi perché sei cosė infelice?
Non sono né felice né infelice. Parole di merda tra l'altro.
- Sei preoccupato? - Al contrario.
Gli affari vanno benissimo, se č questo ciō che pensi.
No, non pensavo a quello.
Tutte le strade sono chiuse.
Se capisci cosa voglio dire.
- No. - No?
- Fammi un esempio. - La noia.
Noia? Non so neanche cosa sia.
Una delle componenti tipiche della noia
č il fatto che generalmente si prova una noia mortale
quando si deve far capire a qualcuno che cos'č la noia.
Ti racconto una cosa che non avevo intenzione di raccontarti.
Ma non č niente di speciale.
- Solo una sensazione. - Sė...
Č successo ieri mattina presto.
Ero in bagno e mi strofinavo con l'asciugamano ruvido, appena lavato
e profumato...
Improvvisamente ho avuto qualcosa come... una visione, non so.
Guardavo queste cose conosciute che mi circondavano e sapevo...
che non mi sarebbero appartenute a lungo.
Che mi sarebbe stato tolto tutto.
Niente di ciō che vedevo sarebbe stato mio.
Un minuto non me ne ricordavo pių, ma ieri sera mi č capitato di nuovo.
Sono stanco, Katarina.
- Credi che ora riuscirai a dormire? - Ho preso un Nembutal.
Vieni, andiamo a dormire.
- Che ore sono? - Quasi le 4.
Ora inizieranno a passare i camion sull'autostrada.
Nuovo paragrafo.
Sė, nuovo paragrafo...
Dev'essere cosė, Tim. Domani lo cambi, vero?
Non mi costa niente. Hai parlato con Milano?
Telefono ad Arianna oggi pomeriggio. Tu hai parlato con Paul?
10 minuti fa. Č dalle 8 di stamattina che č alla dogana all'aeroporto.
- Nessuno ha visto il nostro aereo. - Comunque, non mandiamo soldi.
Dio, giā cosė tardi? Aspetti da molto? Qui c'č una confusione!
Un quarto della collezione non č ancora arrivato. Fantastico, vero?
- Se ne va? - Sė, un noioso pranzo dalla madre di Peter.
E siamo giā in ritardo.
Appena posso torno. Addio, tesoro. Andiamo.
- Ho bisogno di un drink. - Arriveremo troppo tardi.
- Io ho bisogno di un drink. - Berrai qualcosa quando saremo lė.
Qualcosa di forte per sopportare tua madre e i tuoi ospiti. Ti prego.
Ci fermiamo un istante in un bar. Ci vogliono 2 minuti.
Ne vorrei un altro, Jack. Ora sei terribilmente irritato.
- Sė, lo sono. - Diventi pių bello.
Gli occhi diventano scuri e ti si colorano le guance.
- Mi piaci cosė. - Sono solo stanco.
- Tu hai acconsentito a questo pranzo. - Prima ho chiesto a te.
- Solo quando avevi giā accettato. - Sai che č un pranzo importante.
Arrabbiati quanto vuoi, ma ho bisogno di un altro drink. Jack...
Ok, ti lascio qui, dirō alla mamma che non avevi tempo.
Idea eccellente.
- Desidera altro? - No, grazie.
Non sei pių andata a pranzo dalla madre di Peter?
- Come va lassų? - Tutto ok, facciamo una pausa fino alle 4,
- se non hai niente in contrario. - No, affatto.
- Hai mangiato qualcosa? - Non credo...
Avrei una fantastica idea. Vieni a casa mia per un paio d'ore.
Prima fai un bagno, poi ti stendi mentre io ti preparo un'insalata.
- Mi riposo qui dove sono. - Dai, fa bene uscire un po'.
- Ho degli scrupoli di coscienza. - Per via di Peter?
- Che stupide idee! - Dai, Katarina...
Martin era davvero un'ottima persona. Eravamo affezionati uno all'altro.
Come tu sai, la fedeltā non esiste.
Parlo della vera fedeltā.
Un omosessuale č anche infedele.
A causa della triste realtā che non possiamo avere figli.
- E non li possiamo adottare. - Neanche Peter e io abbiamo figli.
Mi sono sempre piaciuti i bambini. Sarei stato un'ottima madre.
- Non credi? - Certo.
Martin un giorno s'innamorō pazzamente di uno scolaretto.
I genitori erano disperati. Č stato quasi uno scandalo.
Naturalmente, mi sono sentito abbandonato ed ero molto afflitto.
Ho ricevuto l'appartamento per consolarmi.
Martin veniva spesso qui.
Si sedeva su questa poltrona dove sei ora.
A volte si metteva a piangere.
Č stata dura, molto dura.
Quel ragazzo era un vero demonio.
Ma l'appartamento č proprio carino.
Sė, molto.
- Č bello essere con te. - Da quanto ci conosciamo?
- Da 15 anni. - Mio Dio!
Sė, e sono 12 anni che lavoriamo insieme.
- Sei triste? - Ti do questa impressione?
Tu sei sempre cosė cortese, cosė efficiente... cosė calma...
E ad un tratto mi č venuta l'idea che tu sia terribilmente triste.
Perdonami, Katarina. Non volevo metterti a disagio.
- Forse vorrei piangere. - Devi piangere se ne hai bisogno.
Non mi imbarazzerebbe.
Anzi, la considererei una tua dimostrazione di fiducia.
La maggior parte degli omosessuali ama le donne.
Non perché siamo noi stessi particolarmente femminili.
Ma perché sentiamo un maggior contatto con i nostri sentimenti.
Non mi č venuto in mente da solo,
č Martin che l'ha detto. Ma puō essere vero lo stesso.
Ho una tristezza infinita, capisci, Tim? Non l'ho mai io.
Forse non č tristezza, ma una sorta di furore.
Persone come me hanno sempre trascurato l'anima.
E lo capiscono quando l'anima inizia a soffrire. Capisci?
Sė, capisco.
Forse si comincerā piangendo.
Un pianto sempre cosė strano quando prorompe.
Poi ci saranno dei gemiti terribili di disperazione e scoraggiamento.
Poi grida disperate,
ripetute all'infinito...
A tutti capita di crollare di quando in quando.
Nella vita mi č capitato un paio di volte.
Chissā se sono particolarmente triste per i miei fallimenti... non credo.
Spesso l'amore ne era la causa.
Io dipendo morbosamente dalla vicinanza di una persona.
E quando dico vicinanza, parlo sul serio.
Sempre la stessa storia. A volte il corpo č d'impaccio,
a volte č l'anima.
Quando ci si basa su speranze e illusioni, compromessi, allora...
Mio Dio, comincio a teorizzare ora.
- Ho un regalo per te. - Un regalo?
Aspetta, ora lo vedrai.
- Tieni. - Ma, cara Katarina...
Beh, era destinato a Peter. Ma si č comportato da stupido, non lo avrā.
- Č molto carino. - L'ho comprato a Milano.
Penso che ti stia bene. Ho notato che a volte porti questo colore...
Che ne dici?
- Non m'invecchia? - Rifiuti d'invecchiare, eh?
Non m'importa delle rughe. Č questa bruttezza che mi affligge.
La pelle č secca e ruvida, anche se la copri con un palmo di crema.
Questa profonda ruga intorno alla bocca...
Un giorno mi sono svegliato e mi sono guardato allo specchio.
All'improvviso era lā.
Ho temuto di avere un leggero infarto.
Il collo va ancora bene e il contorno occhi non č ancora una catastrofe.
Ma le mani sono terribili. Ho chiesto a 3 medici cosa potevo fare.
Queste macchie possono farle sparire, ma non le vene e le rughe.
Mi guardo la bocca e le mani...
e ancora non posso crederci.
Eppure sono un ragazzo. O forse invece non lo sono pių.
Il tempo č un concetto di cui non capisco niente.
Gli esperti dicono che sicuramente non esiste. E lo trovo giusto.
Quando chiudo gli occhi, mi sento ancora come se avessi 10 anni.
Persino nel fisico. Poi riapro gli occhi...
...e vedo nello specchio
questo vecchio devastato.
Un vecchio bambino. Non č fantastico?
Un vecchio bambino e nient'altro.
No, c'č anche dell'altro invece.
Che cosa, Tim?
- Si diventa cosė. - Non capisco.
Si diventa semplicemente cosė.
La storia della vicinanza č solo un sogno.
Tutto č grettezza e porcherie.
Molto spesso devo andare in certi luoghi e lā scelgo i tipi peggiori.
Non riusciresti a credere ai tuoi occhi.
Godimento, frenesia, orrore e porcherie...
Tutto in una selvaggia confusione.
Č la vita affettiva del tuo vecchietto. Altro che vicinanza...
E un giorno verrō assassinato. Beh, anche questo ha il suo fascino.
Sono guidato da forze che eludono il mio controllo.
Dottori, amanti...
...pillole, droghe...
...alcool, lavoro...
Non servono a niente.
Sono forze segrete. E come si chiamano? lo non lo so.
Forse č la vecchiaia stessa. Lo sfacelo.
Non lo so.
Sono forze di cui non sono padrone.
Mi chino verso lo specchio e guardo la mia faccia riflessa
che mi č abbastanza nota.
Mi rendo conto che in questa combinazione di sangue, carne...
nervi ed ossicini, due cose sono inconciliabili.
Non so neanche definirle.
Due cose inconciliabili.
Il sogno della vicinanza, della vita in comune...
della capacitā di dimenticare se stessi e ciō che vive intorno a noi.
E poi la violenza, le porcherie, il terrore della morte che incombe.
Molto spesso penso che le due cose abbiano un'origine comune.
Non lo so.
E come potrei saperlo?
I miei sogni erano un po' troppo belli forse.
E per castigarti...
la vita ti colpisce quando meno te l'aspetti.
Per castigo, hai il tuo agognato orgasmo
con il naso cosė affondato nella merda che quasi ti soffoca.
Katarina, guardami.
Ti prego, prendimi la mano.
Accarezzati delicatamente la guancia.
Senti la mia mano?
Lo senti che č la mia?
Che sono io?
Per favore, il suo nome anagrafico completo.
Tim. T-l-M.
Questo č il suo nome d'arte. Il suo pseudonimo, o cose del genere.
- Vorremmo le sue generalitā. - Il mio nome č solo Tim.
In Europa e America mi chiamano cosė.
Secondo i documenti, lei si chiama...
...Tomas lsidor Mandelbaum. - Se lo sa, perché me lo chiede?
Č la nostra routine. Lo facciamo per non confonderla con altre persone.
Impossibile.
- Č solo un colloquio informale. - Allora spenga il registratore.
- La disturba? - Certo, se no non l'avrei chiesto.
- Ora č spento. - La ringrazio molto.
Posso offrirle del caffč, del vino o una sigaretta?
- No, grazie. - Forse dell'acqua o del tč?
Purtroppo qui non siamo molto attrezzati.
No, grazie.
- Allora possiamo iniziare, signor Tim. - La prego.
- Sia certo, non le creerō disagio. - Ne sono convinto anch'io.
Ho chiesto questo colloquio perché lei č un amico di famiglia.
Sono il pių stretto collaboratore di Katarina da 10... no, 12 anni.
Negli ultimi 10 anni siamo stati soci,
invece nei primi due impiegati da altri.
- Lei conosce Peter Egermann? - Ma certo.
- Com'era il rapporto tra i coniugi? - Buono.
Dal colloquio con la madre di Peter ho avuta tutt'altra impressione.
Ha avuto 2 impressioni contrastanti. Non č incredibilmente interessante?
Lei aveva una relazione con Peter Egermann?
No.
- Perché ha esitato? - Non ho mai avuto rapporti con Peter.
Non ci siamo mai toccati. Ci saremo dati la mano o abbracciati...
- ma solo da buoni amici. - Mi scusi per la mia franchezza.
Ci sono abituato.
- Lei conosceva la ragazza assassinata? - Sė.
La conosceva bene?
- Eravamo buoni amici. - Come mai era buon amico di una prostituta?
Non so come classificare la sua domanda, signor commissario.
Non so se č maligna, insinuante o ingenua.
Non mi piace. Non c'entra con un colloquio informale.
Non aveva lo scopo di ferirla.
Mi sforzerō di crederle.
Lei vive da solo?
Sė, vivo da solo.
Lei procurava incontri occasionali alla sua amica?
- Sė, a volte. - Allora lei ha fatto incontrare Peter e Katarina Krafft
- o "Ka" com'č comunemente nota? - Sė, ha indovinato.
- Come sono andate le cose? - Era una domenica l'autunno scorso.
- Ero alla stazione. - Doveva partire?
Lė si incontrano giovani di diverse nazionalitā
che si guadagnano qualcosa la domenica.
Per caso, incontrai Peter. Era all'edicola dei giornali stranieri
dove aveva comprato alcuni giornali.
Abbiamo preso... una tazza di caffč insieme.
Non so perché gli raccontai come mai mi trovavo alla stazione.
Peter mi sembrō interessato. Poi mi disse che lui...
non era mai stato con una prostituta.
Gli raccomandai Katarina Krafft, gli diedi l'indirizzo...
e gli promisi che gli avrei parlato. Questa č tutta la storia.
Questa č la veritā. Ma nello stesso tempo una mezza veritā.
Ero molto arrabbiato con Katarina Egermann.
Ho sempre avuto rabbia verso di lei, anche se allo stesso tempo mi piace.
Mi piaceva l'idea che Peter la tradisse con una prostituta.
Anche questa č una mezza veritā.
Gli uomini deboli seguono vie stravaganti.
Dovrebbe saperlo, signor commissario.
Mi deprime che sia stato io a far incontrare l'assassino e la vittima.
Scusi se parlo in modo cosė drammatico.
Io avevo la coscienza sporca purtroppo.
Colpa della mia omosessualitā, penso.
Anche questa č solo una mezza veritā.
E qui inizia a diventare una cosa interessante, non crede?
La veritā č che volevo avere Peter per me stesso.
Ma purtroppo non l'avevo capito.
Desideravo che avessimo un segreto comune.
Volevo allontanarlo a poco a poco da sua moglie.
Sapevo che non c'era amore nella sua unione.
Ed ero ossessionato dall'idea che un giorno si sarebbe rivolto a me.
Che infine mi avrebbe scoperto.
Che avrebbe capito... che lo amavo in segreto.
Sentimentalmente, Peter era in punto di morte.
Come si puō esserlo per fame, sete o dissanguamento.
Io sapevo che avrei potuto salvarlo.
Speravo cercasse il mio aiuto.
E la mia vicinanza.
Non credo di sbagliarmi.
Le persone del mio genere hanno un intuito per queste cose.
Anche quello che le ho raccontato finora forse non č la veritā.
Alcune sagge persone affermano che la cecitā č totale.
Che ci comportiamo secondo un modello previsto.
E che siamo vincolati od oppressi fin dalla nostra nascita.
Ma questo č del tutto indifferente, d'altronde.
Non trova?
Caro Mogens...
ciō che ora intendo descrivere non č un sogno propriamente detto,
anche se tutto č successo di notte sotto effetto di sonniferi e alcool.
Se affermassi che tutto appariva pių vero e terrificante
di quanto non sia nella triste realtā della mia vita di ogni giorno,
sarebbe una banalitā.
Getta tutto nel portaimmondizie.
Non scrivo per essere divertente, ma solo perché mi ci sento costretto.
Sognavo di dormire.
Sognavo di sognare.
Tutto era molto sensuale.
Intendo in un senso pių ampio, non solo erotico.
Ma in qualche modo c'era una chiara relazione tra il mio basso ventre...
e un buon profumo intenso del calore di una donna.
Sudore...
saliva...
l'odore fresco di folti capelli.
Mi muovevo con gli occhi chiusi su una superficie vasta e scintillante.
E tutto era un silenzio.
La mia soddisfazione era totale.
Sentivo un ridicolo bisogno di raccontare una storia divertente.
Perō non potevo parlare.
Il che non mi affliggeva minimamente.
Al contrario, sentivo che tale contrasto era legato al mio silenzio.
E che il mio cervello era concentrato intensamente sulle mie mani.
O meglio sulla punta delle dita.
Su ogni dito avevo un piccolo occhio...
che con entusiasmo ammiccante registrava
questo scintillante biancore e quel preciso contrasto.
Cosė andava bene.
Cosė poteva continuare.
Io pensavo...
No, in realtā non pensavo affatto.
Mi fluiva come un nastro variopinto tra le labbra.
"Se tu sei la mia morte, sii la benvenuta, o morte.
Se tu sei la mia vita,
sii la benvenuta, o vita."
Mi trovo in un ambiente chiuso senza porte né finestre,
ma anche senza tetto o pareti.
Probabilmente ero chiuso in una sfera o in un ellissoide.
Non so. Non ho mai pensato di cercare i confini di questo ambiente.
Sognavo di svegliarmi da un sonno profondo.
Ero sdraiato sul pavimento che era morbido come uno spesso tappeto.
Mi sentivo piacevolmente caldo e soddisfatto.
Katarina giaceva accanto a me, ancora immobile. Dormiva.
Io sapevo che questo era tutto un sogno.
Dicevo a me stesso a mezza voce che non dovevo avere paura.
L'unico pericolo č avere paura.
Essere presi dal panico, cercare di uscirne,
piangere o strillare, o battere i pugni sulle pareti.
Decisi di mantenere la calma.
Katarina si stava lentamente svegliando.
Io cercavo di parlarle.
Ma non ci riuscivo.
Lei si comportava come se non notasse la mia presenza.
Era morbida e indifferente in maniera eccitante.
E io volevo fare l'amore.
Ma lei mi sfuggiva e non mi riusciva di penetrare in lei.
Mi guardava attraverso le palpebre socchiuse e sorrideva.
Mi prese una tale rabbia che dovetti trattenermi per non ucciderla.
Quasi soffocavo dalla rabbia e dallo spavento.
Avrei dovuto stare calmo
e non avere paura.
Essere controllato, non imprevedibile.
Avevo fallito in pieno.
Ma ci fu anche un momento di tenerezza.
Di completo silenzio.
Ed č difficile descrivere proprio questo momento.
L'aria era cambiata,
era divenuta pių mite e leggera da respirare.
La luce grigia era sparita,
lasciando il posto a un'alba morbida e soffusa
che era come una mano amica che carezzava i nostri corpi feriti.
Ci incontrammo in un'improvvisa interioritā, senza riserve.
Qui sopravvenne qualcosa di orrendo.
Qualcosa d'impensabile, d'irrevocabile e fatale.
Katarina improvvisamente era morta.
Sapevo di averla uccisa io in modo orribile
e straziante.
Mi svegliai di nuovo e mi sedetti sul letto.
Fuori, sull'accesso all'autostrada si era creato un forte traffico.
Tutto era normale.
Katarina dormiva accanto a me e respirava tranquillamente.
Puoi aiutarmi forse?
Esiste un aiuto poi?
Vivrō ancora molto?
Ma vivrō veramente?
Oppure il sogno era il mio unico fugace momento di vita?
Di realtā veramente vissuta e conquistata?
Mi scusi se telefono cosė presto, posso parlare col professor Jensen?
No, grazie, mi scusi.
Grazie di essere venuto, non sapevo che fare.
Perché non provi a parlargli?
- Č di sopra in terrazza. - Sė.
Saltare di sotto č onorevole ma č inumano straziare i propri simili.
Se qualcuno ti vede, avverte subito la polizia.
Hai freddo?
- Vado a prenderti la pelliccia, se vuoi. - Ti ringrazio molto.
- Katarina, mi dai la sua pelliccia? - Vado a prenderla.
- Peter... - Lasciami.
- Tanti cari saluti da Marta. - Povera Marta, l'abbiamo disturbata.
No, usciva presto per un'operazione alla clinica pediatrica.
Esagera sempre lei...
- Vieni, siediti accanto a me. - Sto bene qui per terra.
Siamo stati per un drink da Johann e Marianne.
Poi siamo finiti in quel nuovo ristorante italiano vicino al teatro.
Lā abbiamo trovato Melkers insieme alla moglie.
Hanno insistito perché andassimo a casa loro.
Mi dai una sigaretta?
- Grazie. - Cos'hai qui al collo?
- Le si č rotta la collana. - Ah sė?
Sė, mi ci sono impigliato e la collana si č rotta.
Stai attenta che la ferita non s'infetti.
Katarina dice che mi vuole lasciare.
Allora io dico: "Benissimo. Sarebbe un'ottima azione."
Allora lei dice che senza di me non sa cavarsela.
E io dico che me la cavo meglio senza di lei.
Lei dice che sono impotente.
- Il tracollo č stato al ristorante. - Sono impotente solo con lei.
All'inizio abbiamo riso ma poi ha iniziato a rifarmi il verso.
- Una cosa penosa, ho pianto. - Katarina sa quando piangere.
- Ti dico perché abbiamo litigato. - Alle signore il pezzo forte.
Sta' un attimo zitto, Peter. La tua comparsa in scena l'hai giā fatta.
Quando siamo tornati a casa, Peter era eccitato, voleva scopare.
Io ero stanca e pensavo dentro di me: "Basta che duri poco."
Ma Peter aveva intenzione di fare una prestazione eccezionale.
Mi sono detta: "Puoi ancora farcela. L'ho fatto cosė tante volte."
Ha provato a scoparmi da dietro, ma non riusciva ad infilarmelo.
Probabilmente era troppo ubriaco.
Io ho iniziato...
...ho iniziato a ridere!
Lui si č arrabbiato e ha iniziato a rimproverarmi gridando.
Ma io non riuscivo a smettere di ridere. Non potevo trattenermi.
Allora gli ho suggerito un pompino perché so che gli piace un sacco.
Lui ha preso la collana e ha iniziato a torcerla, quasi mi ha soffocata.
Io riesco a soddisfarti. Ho il mezzo sicuro per sfinire Katarina.
- Devo dirti come si fa? - In questi 10 anni in comune...
mi hai procurato di certo 832 orgasmi.
513 volte ho recitato,
poi sono stata costretta a chiudermi in bagno per aiutarmi da sola.
Ma in tutte le occasioni ho avuto un misero piccolo spasimo.
E di questo ti sono molto grata.
Peter Egermann mi ha portato a farmi sentire donna.
Maledetto stupido Peter, mi fai pena.
Mi fai tanta pena.
Ora ascolterai il disco della fedeltā perversa di Katarina.
Intratteniamo il nostro amico con un altro dei nostri numeri.
Sentila, la linguaccia gli funziona ancora.
Č che ha paura di stare zitto.
In silenzio si ascolta la veritā.
Quella di Katarina. Io non ne possiedo.
Katarina ha un contratto a vita con autentiche veritā universali.
In parte perché č donna,
e quindi ha diritto a una particolare visione delle cose.
In parte perché lei č Katarina,
scelta e creata da Dio in un momento particolarmente felice.
Credo che mi dovrō stendere per un po'.
- A che ora dobbiamo essere dai Bauer? - Alle 10.
Hai tempo di riposare un'ora e di farti una bella doccia calda.
- Devo aiutarti? - Grazie per l'offerta.
Ce la faccio da solo. Grazie d'essere venuto, caro Arthur.
Sei un vero amico. Quando vedo te e Katarina insieme,
improvvisamente mi rendo conto di che coppia straordinaria sareste.
Come disse Cristo sulla croce: "Madre, guarda tuo figlio.
Figlio, guarda tua madre."
Mi sono comportata come un'oca isterica.
A cosa stai pensando?
Che metterai il disco col refrain: "Č colpa mia. Scusami, amore mio."
Chi mette per primo questo disco fa la parte generosa di solito.
Se penso di essermi comportata come un'oca isterica, non dovrei dirlo?
No.
- Che devo fare allora? - Niente.
Come vuoi, Peter.
Puoi restare qui, basta che stai zitta.
- Peter. - Smettila, non serve a niente.
- Ti prego, parliamone. - No.
Non potremmo provare almeno?
Ci abbiamo provato 100 volte prima d'ora.
Al primo litigio usiamo come arma tutto quello che ci siamo detti.
Ricordi all'inizio del matrimonio come ci impegnavamo?
Avevamo un capitale.
Un capitale d'amore, se preferisci.
Lo abbiamo buttato via
senza procurarci niente di nuovo, sai perché?
Noi accettiamo le regole del gioco senza saper giocare.
E subiamo l'imbroglio.
Sai cosa mi fa pių paura?
Quando non posso andare a lavorare,
leggere il giornale o mangiare a orari regolari.
Soffrire d'insonnia, di stitichezza, avere l'auto in avaria,
essere ammalato, avere mal di denti.
Ogni pericolo allarma il sistema di sicurezza che ho a lungo escogitato.
Se č come dici, dovresti fare a meno di bere.
Bevo per avere il coraggio di mettere fuori uso il mio sistema.
Che ci guadagni a questo modo?
Mi faccio saltare in aria a brandelli.
E cosa rimane poi?
Un groviglio di sangue, di carne e di nervi.
E dici che č meglio questo?
Almeno mi adeguo di pių alla realtā che mi circonda.
Sto seduta qui, tutta sola nella mia grande casa.
Non ho nessuna voglia di vedere gente.
- E neanche di uscire. - Dovresti viaggiare per un paio di mesi.
Sė, mia sorella mi ha chiesto di andare a trovarla a Parigi.
Penso che dovresti farlo.
- E se Peter vuole che vada da lui? - Ci sei giā andata?
No, non ci riesco.
Non ancora.
- Io ci sono stata ieri. - Ah sė?
Non sembrava essere molto in sé.
Pensi che si tormenti?
Per il professor Jensen le iniezioni lo aiutano a non tormentarsi.
Anch'io mi sarei fatta un'iniezione per fuggire da questo inferno.
Perché č un vero inferno.
Vado su e gių da sola tutto il giorno.
Mi metto la pelliccia per fare una passeggiata nel parco.
Ma non riesco a uscire. Non so cosa devo fare.
Forse dovrei consultare un medico, il buon Jacobi č cosė vecchio.
Dirō al professor Jensen di mettersi in contatto con te.
- Sė, forse mi sarā utile. - Domattina lo chiamerō.
Sono sola, Katarina.
Se vuoi, verrō a trovarti tutti i giorni.
- Hai giā tante preoccupazioni. - Tutti ne abbiamo.
Č della madre la colpa, dirai tu. Sei sempre stata critica
verso il mio rapporto con Peter.
Anche tu verso il nostro matrimonio.
Ma io sono sua madre, Katarina. Gli sono pių vicina di tutti voi.
Io l'ho partorito e cresciuto. Lui č una parte della mia vita.
Tu non hai figli. Non puoi capire i sentimenti di una madre.
La responsabilitā...
Le colpe...
- La vergogna. - Hai ragione. Non posso comprendere.
- Scusa, non volevo farti del male. - Non mi hai fatto del male.
- Mi fai solo pena. - Non credo che lo pensi davvero.
Ormai sono qui da pių di 20 minuti e hai parlato solo dei tuoi sentimenti.
Delle tue difficoltā, delle tue colpe, della vergogna.
Perdonami, Katarina. Credevo fossi venuta per parlare con me.
Credevo che avremmo parlato...
di ciō che proviamo.
- Io non so cosa mi ero immaginata. - Io ho pensato anche a te.
Ogni ora del giorno.
Sono molto sola anch'io.
Giā.
Con grande stupore guardo indietro alla nostra vita,
alla nostra realtā precedente, e dico che forse abbiamo sognato.
Recitato o cos'altro diavolo abbiamo fatto mai.
Questa č la vera realtā ed č insopportabile.
Io parlo, rispondo, rifletto, mi vesto... dormo e mangio.
Č un quotidiano costringimento. Un'esterioritā strana e insensibile.
Ma dietro questa maschera io piango continuamente.
Piango per me stessa.
Per non poter essere mai pių come prima.
Ciō che č stato, non tornerā pių, č finito per sempre, distrutto...
Come un sogno.
E piango per Peter.
Non sono mai riuscita a mettermi nei pensieri e sentimenti altrui.
Ma ad un tratto penso di capire ciō che Peter pensa e sente.
Capisco che č solo e indifeso e che solo la sua paura gli fa compagnia.
Cosė solo.
Sė č allontanato per sempre, per quanto lo si chiami non tornerā pių.
Ma la cosa pių brutta...
pių orrenda, di cui non riesco quasi a parlare č quella povera ragazza.
Mi ripeto che forse ha avuto paura solo per un breve momento,
che non ha capito che cosa le succedeva.
Non serve a niente.
Non serve a niente.
- Buonasera. - Buonasera.
Si chiude! Basta per oggi!
Fate fagotto, si chiude!
Basta per oggi!
Salve.
- Dice che č disposta a restare fino alle 6. - Grazie.
Sarebbe proibito per l'assicurazione contro gli incendi... - Sė, grazie.
Alle 6 deve andarsene. La mattina c'č la visita della polizia.
Gli agenti notturni vogliono divertirsi un po' e bere un caffč.
Nei rapporti della polizia si chiama "controllo di routine".
Accomodati, ho quasi fatto.
Vuoi un bicchiere di vino?
- Preferirei che tu fossi truccata. - Come vuoi.
- Se non č troppa fatica. - No, affatto.
Se posso fare a meno delle ciglia finte...
- Sė, certo. - C'č un'aria pesante qui, vero?
Sė, un po'.
Hanno scordato la ventilazione quando hanno trasformato gli ambienti.
Non abbiamo finestre.
Se vogliamo aria, dobbiamo aprire la porta sulla cantina.
Č stupido, perché capitano strani ospiti. Togliti il cappotto...
Scusate, ho scordato il mio giornale, devo portarmelo via.
L'ho comprato stamattina e ora č cosė tardi...
- Non si dimentichi: alle 6. - D'accordo.
Ti č piaciuto il mio numero?
Non eccessivamente.
- Č molto che lavori qui? - 3 anni.
Ho cominciato qui quand'era ancora nuovo.
- Guadagni bene? - Non posso lamentarmi.
Hai ancora un po' di vino?
Le bottiglie sono sullo scaffale vicino al frigo.
Ti trovo un po' buffo...
Trovo in te qualcosa di buffo.
- Hai combinato qualcosa? - Non credo proprio.
Una delle altre ragazze voleva restare qui a fare la guardia.
Forse sono stata stupida a mandarla via.
Non preoccuparti.
Qualcosa c'č perō.
Sė, qualcosa c'č...
Hai paura, per caso?
- Esperta di uomini. - Sei anche ironico?
Sono sempre ironico. Č una specie di malattia la mia.
Oh, i ragazzi... Insopportabili.
Senti, qui č piuttosto scomodo.
Non trovi? Potremmo andare in una delle altre stanze.
Dai, vieni.
Entra...
- Questa č la tua stanza? - Č qui che ricevo i clienti.
Fa un caldo bestiale. Posso aprire la finestra?
Non ci sono finestre.
- Qui non resisto. - Allora andiamo sul palcoscenico.
C'č molto pių spazio ed č anche molto carino.
Dai, vieni.
- Come ti chiami? - Ka.
Per la veritā, mi chiamo Katarina.
- Hai lo stesso nome di mia moglie. - Questo č buffo.
Volevi dire qualcosa?
Mi sono espresso male prima.
Ho trovato il tuo numero ingenuo e piuttosto noioso.
Te, al contrario, ti trovo molto attraente.
Attraente...
Siediti, cosė ti posso guardare.
Va bene cosė?
Meglio se ti alzi in piedi.
Cosė č meglio?
Guardami.
Beh?
Non ti chiedono mai gli altri uomini di fare cose sgradevoli?
Questo č peggio.
Tutte le strade sono chiuse.
Vuoi andare via?
- Tutte le strade sono chiuse. - Perché dici delle cose cosė buffe?
Vieni.
Te l'avevo giā detto che dobbiamo tenere chiuse tutte le porte.
Devi rimanere qui.
Ti faccio un caffč?
La luce č troppo forte. Non si potrebbe spegnere?
Abbiamo giā reclamato, ma figurati se ci stanno a sentire.
- Che cos'č questo odore? - Odore?
- Sė, sento un odore... - Qui c'č sempre odore di polvere, sudore
profumo, fumo di sigarette...
Quando il gabinetto č otturato, odore di merda.
Senti odore di qualcos'altro?
- Forse č solo la mia immaginazione. - Io non li sento pių i profumi.
Non sento pių niente.
Da bambina, mia madre mi ha portato dai suoi genitori in Danimarca.
- Ricordo che profumo hanno lė le stagioni. - Le stagioni?
Giā. L'inverno...
L'inverno odora di neve, di stufe a carbone e guanti umidi.
Invece api e formicai č l'odore dell'estate.
In primavera c'č il profumo del ghiaccio che si scioglie nei fossi
e di uova pasquali appena rotte, e di pioggia.
Ma l'autunno č il pių bello.
Non stavo dormendo.
Quando ti decidi a toglierti questo stupido cappotto?
Fa piuttosto caldo qui, non ti pare?
Certo.
Sono molto stanco.
Riguardo al paziente, abbiamo come risultato una madre dominante...
e un pessimo rapporto col padre causa di una latente omosessualitā,
della quale Peter Egermann deve essere stato appena conscio,
che ha agito in modo disturbante nei suoi rapporti con la moglie
e con le altre donne con cui egli ha avuto dei contatti.
Questi fatti, come pure un istinto di paura e di aggressivitā
contro la madre dominante non hanno trovato alcuna valvola di sfogo
nell'ambiente sociale in cui viveva Peter Egermann...
poiché in quell'ambiente ogni scoppio emotivo viene visto quasi come...
qualcosa di vergognoso e di osceno.
Perciō, il paziente ha iniziato ad ignorare i sentimenti pių intimi.
Invece di essere se stesso, egli ha assunto degli atteggiamenti
interpretando il ruolo che educazione e ambiente gli avevano dato.
Mi scusi, professore. Non sapevo che era ancora qui.
Volevo solo prendere alcune anamnesi.
Ne ho ancora per un paio di minuti. Buonanotte.
Un senso del dovere molto sviluppato
e un'autodisciplina esercitata fin dall'infanzia,
aventi come obiettivo il successo sociale, hanno impedito al paziente
qualsiasi forma di sfogo naturale degli istinti.
Egermann era anche molto attaccato alla moglie, che come la madre...
ha una personalitā altamente volitiva e possessiva.
Una paura ingiustificata e l'angoscia associata a questa paura
vengono ritualizzate in un modello sociale chiuso,
nel quale un notevole consumo di narcotici e di alcool
sono una valvola di sicurezza accettata, a volte raccomandata.
Oso affermare che nulla sarebbe successo,
se fosse rimasto nel suo ambiente.
La catastrofe avviene quando ha luogo il suo contatto con una prostituta.
All'improvviso tutto č possibile.
L'impulso scatenante puō essere stata una piccolezza.
Una parola, un gesto, un tono di voce...
La ragazza viene uccisa in un momento di cortocircuito emotivo.
E in un momento probabilmente estatico,
Egermann compie l'atto sessuale con la morta.
La slavina degli istinti č entrata in movimento.
Solo colui che uccide possiede, o meglio domina completamente.
Il paziente ha infranto le barriere sociali ed emotive
e da quel momento č un potenziale suicida,
secondo la stessa norma che ho appena formulato:
solo colui che si uccide possiede completamente se stesso.
Dopo essersi alzato,
dopo aver fatto colazione e aver rifatto il letto
- si alza prima di tutti gli altri -
si siede per una partita a scacchi contro il computer.
Lo mette ad un alto grado di difficoltā
e gioca per diversi giorni.
Con il personale č esteriormente gentile,
ma allo stesso tempo poco affabile.
Nella cura del corpo č accurato,
pulisce la sua stanza almeno una volta al giorno.
Nel rifare il suo letto č estremamente scrupoloso.
Impiega un quarto d'ora a renderlo spianato e ordinato come vuole lui.
Non legge libri, né giornali.
Non ascolta la radio, né guarda la TV.
A volte soffre di crisi di panico.
Ma si rifiuta di accettare aiuto e i nostri tentativi di contatto.
La notte ha vicino a sé un vecchio e logoro orsacchiotto,
probabilmente un ricordo dell'infanzia.
Un mondo di marionette Un film di Ingmar Bergman