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Questo viaggio vuole essere uno sguardo di fiducia nel futuro.
Abituate a vivere in una società per la quale si prevede solo un futuro grigio,
immobile e di difficile cambio,
viviamo un momento di azione sociale che ci impulsò a scoprire
se la utopia della quale si parlava era possibile.
Questo viaggio è una ricerca e una scoperta.
Ancora meglio, è un viaggio di ricerche e scoperte,
basate sulle nostre proprie inquietudini ed interrogativi,
e di risposte e di idee di fronte ad un pianeta ferito
e una realtà che ci preoccupa.
Fin da piccoli già ci impongono una forma di vivere
che non è sincera, è atroce.
Possiamo dire che ci troviamo di fronte ad una crisi del capitalismo,
però in questo caso già siamo di fronte anche ad una crisi civilizzatoria.
Una crisi propria di ciò di più basico della condizione umana.
La gente sa che viviamo in un sistema che è assolutamente in rovina
però si dedica a dipingerne la facciata, e ridono un poco di tutti coloro
che stanno facendo un buco per piantare le cementa di una nuova casa
perché quella che abbiamo sta crollando.
Credo che si possanno fare bene le cose, e che a lungo tempo niente va a sopravvivere più
di tutto ciò che è ben fatto, o di un sistema che sia ben fatto,
perché il sistema va ad autoregolarsi,
o va crollando finchè non riusciamo a trovare qualcosa che funzioni bene.
E questo va ad essere in continua evoluzione e cambio.
Difficoltà ci saranno sempre, è una lotta continua,
però l'importante è che si lotti in una direzione che ti piaccia, che ti convinca.
Se di una maniera gli esseri umani passarono da animali ad umani,
fu precisamente per sviluppare una dimensione di mutuo appoggio e di cooperazione,
che è presente anche in altre specie animali,
però la nostra si è sviluppata fino a dei livelli incredibili.
Siamo la specie più sociale
ed i livelli di socialità negli esseri umani sono incredibili.
Ciò che fa il capitalismo è deteriorare e distruggere
precisamente ciò che ci fa umani.
Progresso basicamente vuol dire andare avanti,
Però, chiaro, per sapere se andiamo avanti in qualche senso significativo
necessitiamo punti di referenza, progredire rispetto a cosa?
La maggioranza sociale ha avuto l'impressione che effettivamente progrediva, avanzava,
che il paese si europeizzava, che si costruivano infrastrutture,
che il PIL cresceva, che le cifre dell'educazione
o dell'accesso alla sanità migliorava, che la gente si arricchiva...
Questo è stato identificato come progresso.
Però fate caso che in quelle che probabilmente sono le dimensioni basiche della vita umana
lontani dallo stare avanzando, stiamo retrocedendo. Non stiamo andando meglio, stiamo andando peggio.
Se facciamo caso alla qualità del vincolo sociale, la cultura, la capacità di farci carico delle nostre proprie vite,
le relazioni con gli ecosistemi e con la natura...
In tutti questi terreni, quelli che io direi che sono i basici,
quelli che permetterebbero formulare criteri di progresso autentico,
stiamo retrocedendo.
Il sistema attuale, il sistema capitalista, il sistema liberal produttivo,
come si usa chiamarlo, ha un dilemma.
Si chiama il dilemma della crescita, già non può crescere
perché non restano le sufficienti risorse naturali per tutti.
Però allo stesso tempo neanche può decrescere, 55 00:04:54,320 --> 00:04:57,440 perché non c'è niente peggio di una economia di accrescimento che decresce.
Si chiama recessione,
è ciò che stiamo vivendo proprio ora con la crisi.
Quindi dobbiamo trovare una nuova via che ci permetta uscire da questo dilemma.
La crescita impossibile a livello ecologico, e la recessione sociale, anche impossibile,
perché questo si chiama ingiustizia.
Quindi, siamo di fronte a due ingiustizie che dobbiamo superare:
L'ingiustizia ambientale e l'ingiustizia sociale.
E per questo, questo sistema capitalista, è oggi un sistema che dobbiamo
andar superando di una forma o un'altra.
E la miglior forma che, penso io, abbiamo di farlo è la relocalizzazione.
Quello che chiamiamo relocalizzazione, cioè, fare a livello locale
i cambi che un giorno saranno il sistema globale.
C'è una filosofia, che di fatto già figura nella costituzione della Bolivia,
ed anche il presidente dell'Uruguay, Mújica, ne parla spesso,
che è la filosofia del "buon vivere",
che significa un cambio abbastanza grande
di ciò che è il sistema di vita alla quale siamo abituati,
che realmente ci fa felici.
Ovvero, una forma di vita molto più tranquilla tra gli stessi esseri umani,
uomini e donne, e tra gli esseri umani e ciò che ci circonda.
Io credo che questa filosofia sarà quella che nel futuro sarà più predicata
perché già c'è molta gente giovane che non vuole un futuro come quello che gli abbiamo lasciato,
che anzi vogliono costruire una vita molto diversa.
Dopo molte ore di strada arriviamo a Matavenero,
un ecovillaggio che si trova situato nelle montagne della valle del Bierzo.
Nel 1989, un gruppo di persone
decisero di rialzare le pietre di questo paese
che si trovava abbandonato da circa 20 anni.
Quando la gente venne qui 22, 23 anni fa, qui non c'era niente, quasi non c'erano alberi.
Iniziarono a recuperarlo ed iniziarono a vivere in tende indiane, al principio.
E con gli anni... quando io venni qui già vivevano nelle case.
Però qui iniziammo a costruire le case, molte in rovina che anticamente
erano qui, e che erano distrutte, che non sappiano di chi sono,
che tutto questo ha il suo catasto, però per esempio qui... questa casa ha 6 anni,
mai è venuto nessuno a dirmi "io vivevo qui".
Però è successo con questa casa, in un'altra, in altri posti...
che viene gente e dice "quando ero piccolo vivevo qui"
"e qui viveva tizio e qui viveva non-so-chì"
e la gente quando viene di solito è contenta che tutto questo sia in piedi.
perché qui sono passate molte storie, molte vite, molte vite rotte come molte case che sono crollate
e dopo molti anni vengono qui e vedono che c'è vita. E questo gli piace e lo apprezzano.
perché la gente quando venne al principio portò... beh, fu una cosa molto bella,
perché il paese si era incendiamo dieci anni prima. Quindi era abbastanza...
i rovi erano piccoli, questi alberelli non esistevano, erano bastoncini.
E quindi portarono molte piante, molte cose, piante medicinali, alberi da frutta...
e tutto questo andò crescendo.
Ovvero ora abbiamo il risultato di circa ventitre anni.
Qui ha funzionato sempre con assemblea, con un consiglio.
Sempre senza nessun tipo di gerarchia, nel quale tutti hanno lo stesso potere.
Curiosamente Matavenero è un paese legale, ha una sua giunta del vicendario, ha la sua struttura istituzionale.
Cioè ha un sindaco, ha un tesoriere, ha un vicepresidente,
Però questo funziona solamente per l'esterno, qui dentro il sindaco è uguale a tutti gli altri.
Però chiaro, le assemblee, non è facile.
Per esempio, quando nacque tutto questo movimento del 15M
quando andai a vederlo era come qui.
Davvero lo stesso che succede qui era quello che vedevo lì.
Il tema delle assemblee, la forma di organizzarsi.
E certo, nel 15M vedevo molte persone tentando di mettersi d'accordo
e questo è molto bello. Però questo nella vita quotidiana,
con gli anni, e anni, e anni, già... non è facile.
Quindi suppone a livello interiore un lavoro personale molto forte
per funzionare davvero con questo sistema.
Cioè un sistema molto elaborato, sono sistemi nei quali devi avere dei valori,
una capacità, e questo non è facile.
Io venni qui perché qualcosa non andava... non mi tornava.
Io lavoravo da sei anni come parrucchiera ed arriva il momento nel quale dici
bene, che sto facendo? Che succede qui? Che c'è? Cos'è questo?
E qualcosa ti dice, che ne faccio della mia vita?
Vediamo, vado a sposarmi, ad aver figli, vado ad ipotecarmi,
lavorare così fino a chissà quando
no, no. Quindi che succede,
che all'improvviso spunta questo paese, vengo a trovare un mio amico,
Uy! Che cosa speciale! Lì si parla di cose molto interessanti,
si parla di autosufficienza, si parla di gruppo, di condividere,
si parla di creare, si parla di utopie, di tutto è realizzabile, non ci sono mete,
forza, andiamo! Unire le forze, tutte queste cose.
Quindi c'è un boom, un momento di euforia a Matavenero,
ed io sono molto felice di averlo vissuto, nel quale tutto era possibile.
Io venni qui dieci anni fa. Allora io... la mia professione, sono maestro,
stavo lavorando nelle scuole ufficiali dello stato ed iniziai a conoscere
negli incontri degli ecovillaggi che si fanno in Spagna,
conobbi gente che viveva qui, a Matavenero. E già mi parlarono del progetto.
E mi andava di avere l'esperienza di poter lavorare in una scuola libera,
Con bambini che hanno ricevuto un'altra educazione, 140 00:10:56,600 --> 00:11:02,100 che stanno vivendo in un contesto che è completamente differente da quello che è il normale.
Rinunciai al mio lavoro interinale e venni qui direttamente con le valigie.
E niente, quindi a fare una nuova esperienza nel mondo dell'educazione.
La scuola della quale ci parla Kuke è una scuola libera, dove i più piccoli,
oltre le materie basiche, imparano professioni concrete,
essendo loro stessi a marcarsi le proprie mete.
Inoltre imparano le conoscenze di ciò che li circonda e dei mezzi naturali,
sull'agricoltura ecologica, la costruzione, l'artigianato ed incluso circo e musica.
Alcuni di questi bambini se ne andranno. Ed altri, come molti già hanno fatto,
torneranno per far parte di questi commerci
che formano la piccola economia del paese.
L'agricoltura ecologica, il sistema di acque comuni e l'energia solare
sono la base fondamentale per l'autosufficienza a Matavenero.
La comodità qui è di un'altra maniera.
Però qui hai anche uno stile di vita che quasi non ha impatto sull'esterno.
Ovvero tu hai la tua luce, hai la tua acqua, hai la tua casa, hai il tuo calore,
stai mantendendo i boschi con la tua legna, hai il tuo sistema solare,
hai la tua acqua che sta innaffiando tutto. Quindi è a zero sprechi.
E questo fuori, la gente deve pagare di più, ogni volta di più.
Quindi stai dipendendo da qualcuno. Qui in questa parte siamo più indipendenti.
Quello che ci ha salvato è che il progresso così buono che ci hanno offerto, qui non è arrivato. 161 00:12:25,300 --> 00:12:31,400 E questo è anche qualcosa che qui è molto chiaro, è un punto in comune tra tutti nel paese.
Qui non vogliamo strade.
E dice la gente "Come non volete? Che vi asfaltino qui."
Io esco un sacco di volte carico di tamburi, facendo su e giù con i bambini,
Ogni volta che devo salire è una faticata. Però se qui ci fosse la strada io non vivrei qui.
E con gli anni vedi che questo già non è più un esperimento, che già è un progetto che è più o meno solido.
E vedi gente che ha 28 o 29 anni che sono cresciuti qui, vedi bambini di 1, bambini di 5 anni.
Vedi che la famiglia di Matavenero già è ampia, ampia, ampia.
Venire qui non ti lascia indifferente. Vieni qui, passi il tuo tempo, la tua vita
una settimana, due mesi, tutta la tua vita, quello che sia.
Ognuno a sua maniera.
Ci dirigiamo verso un ecovillaggio molto diverso dal precedente.
Si trova situato a pochi metri dal paese di Valdepiélagos,
e da lì la stretta relazione con i suoi abitanti.
L'ecovillaggio si costituì a Madrid
come società cooperativa di abitazioni nel 1996,
quando un gruppo di persone sensibili al tema del medio-ambiente
decisero di riunire le forze e creare questo spazio abitativo,
causando il minor impatto possibile alla natura.
Con lo sforzo e la convinzione dei suoi soci per concepire uno spazio sano, fedele alle sue idee
ed ecologicamente sostenibile, riuscirono finalmente a creare un quartiere di 30 case,
basandosi sull'architettura bioclimatica e sull'uso di materiali ecologici.
Offrono inoltre diverse attività e corsi
come quelli che si realizzano negli incontri della rete iberica di ecovillaggi della Spagna.
Noi, il problema che abbiamo trovato, sono i terreni.
Quando si riqualificano i paesi, la gente che possiede terreni li vende carissimi.
Quindi siamo in un vicolo cieco, i giovani non hanno soldi
e per questo se ne stanno andando nei paesi sui Pirenei, paesi dove un terreno vale meno soldi.
E nella Comunidad di Madrid, dato che il terreno è caro, quasi non ci sono progetti.
E la gente che ha più sensibilità verso l'ecologia è forse anche quella che ha meno soldi.
Gente giovane con pochi soldi. E la gente che ha i soldi già è molto ben integrata nel sistema e non le interessa tutto questo.
O dice: "Beh, sono cose da gente giovane, da idealisti" 193 00:14:48,380 --> 00:14:52,000 Siamo così focalizzati al pensare che terminiamo gli studi,
un buon lavoro, guadagnamo 2000 euro e già saremo felici di sicuro.
E questo non si compie necessariamente sempre. Bisogna contemplare altre possibilità.
Forse guadagnare meno soldi, però sfruttando ciò che hai a disposizione facendo il lavoro che vuoi fare,
con le persone che vuoi, mangiando il cibo che vuoi.
È il tipo di pianificazione che stanno facendo moltissimi giovani che vogliono andare nei paesi ora.
Tra il 1950 ed il 1975 si produsse un forte esodo rurale. La immensa maggioranza era gente giovane.
Questa fuga fu la conseguenza della crisi delle regioni agricole,
l'impianto di macchinari e la necessità di manodopera nelle città.
Oggi assistiamo a quello che è stato denominato "neo-ruralizzazione".
Si tratta di un esodo urbano, un ritorno alle pratiche agricole artigiane ed alle professioni di sempre,
essendo rioccupati quei paesi che furono abbandonati e che in Spagna ammontano già a quasi 3000.
Se in ogni paese vivessero una media di 200 abitanti più di mezzo milione di persone avrebbe una casa.
E non solo, ci sarebbero inoltre più strumenti a favore per poter sostenersi.
Negli incontri dei popolarizzanti rurali che si realizzano in Spagna,
vediamo come questo ritorno al campo è ogni volta maggiore.
L'idea è cosa possiamo fare noi che siamo qui. E la situazione ci presenta due soluzioni:
o continuiamo con questo ritmo pazzesco di fuga di fronte a ciò che pianificano i governi
e che pianificano le istituzioni finanziarie e produttive,
o ci inventiamo una nuova maniera di relazionarci con il mondo, con coloro che ci circondano e con il medio-ambiente.
Quindi io, la unica teoria con la quale mi identifico, e credo che è verso dove dovremmo scommettere,
è la teoria della decrescita, che dice
che dobbiamo ridurre drasticamente i nostri livelli di consumo e di produzione.
Beh, la decrescita non è un'idea nuova. La decrescita in realtà nasce con l'ecologia politica 40 anni fa.
Già diceva un economista, negli anni '70, che chi crea una crescita infinita
in un pianeta finito, o è un pazzo, o è un'economista.
E la cosa oggi non è cambiata. Proprio adesso, per dare una cifra, almeno per difenderci,
Se tutti, in questo mondo, vivessero come le spagnole e gli spagnoli, avremmo bisogno di tre pianeti.
Ovvero non abbiamo sufficiente pianeta per dar da mangiare, per dare un rifugio, a tutte queste persone,
se tutti avessimo lo stesso modello di vita che abbiamo qui in occidente.
È semplicemente un'impossibilità ecologica. La decrescita non dice altro che questo.
Crescita infinita in un pianeta finito non è possibile.
Pertanto dobbiamo già immaginare altre forme di vivere in un mondo finito,
dove possiamo vivere felici, dentro i limiti ecologici del pianeta.
È che dobbiamo rompere questo fraudolenta identificazione, che ci impongono ovunque,
tra il consumo per un lato ed il benessere e la felicità per un altro.
Se siamo capaci di riordinare le nostre società, di assumere uno stile di vita molto più austero,
privilegiando come ricompensa la vita sociale, la ripartizione del lavoro, l'ozio creativo,
riducendo le dimensioni di molte infrastrutture, recuperando la vita locale.
Crediamo che questa teoria bisogna introdurla, come dicevo all'inizio, nella natura e nella giustizia.
Ti possono dire, sì la vita in città è molto più comoda che in campagna.
In molti casi sì, però a che costo, di distruggere il pianeta
e di che l'80% della popolazione è in situazione di povertà o di povertà estrema o morendo di fame.
E crediamo che i passi che stiamo facendo di nuovo, tornando a prenderci i paesi, niente più che un passo,
ovvero non è una realtà perfetta e realizzata,
se non solamente un passo,
però che stanno essendo passi decisi e fermi.
E la vita rurale ha una serie di scommesse.
Abbassare l'impronta ecologica, ridurre il consumo di infrastrutture di trasporto, relocalizzare le attività produttive,
Crediamo anche che sia molto importante la creazione di un ozio creativo e liberatorio.
Ovvero, la gente che vive in campagna impara una delle cose, o perlomeno io nei primi anni,
come cambia il valore del tempo vivendo nel campo e vivendo in città.
Ciò che dobbiamo cercare è in che maniera andremo coordinandoci, la quantità di gente che stiamo venendo a vivere in campagna,
per complementarci ed andar evolvendo in questa indipendenza.
Scopriamo nuove maniere di rivitalizzare i paesi. Una di queste è l'occupazione di quelli che si trovano abbandonati.
Questo è il caso di Ibort y Aineto, in Huesca,
che alla fine ottennero la cessione e legalizzazione della loro situazione attraverso l'associazione ArtIborAin.
In altri paesi come Salentinos, in León, restavano solo due abitanti, quando una famiglia
decise di insediarsi, comprando e restaurando un'antica casa del paese.
Nei nostri obiettivi fondamentali c'è recuperare la vita rurale.
Che questo non sia semplicemente un paese dormitorio, anzi recuperare un pò questa vita ancestrale,
soprattutto l'allevamento, l'agricoltura, recuperare un pò questo tipo di cultura di vita che si è persa a marcia forzata.
Basato anche, non nel modello industriale di campagna che ci vendono, o di agricoltura, o di allevamento,
ma provare a recuperare un altro tipo di vita rurale. È quello che manca, tra le altre cose.
Credo che sarebbe fondamentale ora un ritorno alla campagna. La campagna è molto abbandonata, è in un processo di distruzione.
E beh, adesso con questo della crisi sì che sta facendo modo che qualcosa torni.
A me sì che sembra che è ciò che dovrebbe tornare. Sempre credo che sia stata un'alternativa, e sempre è stata lì,
e mi sembra che sia ciò di cui ha bisogno questo mondo.
Lo stress che è andato generandosi in tutti questi anni nelle città, questo non lo conosciamo.
- Forse abbiamo meno bisogni, andare alla visita dello psicologo... - Ti fai un paio di corse qui intorno...
La forma di vita sicuramente è un'altra. Quindi, non soffriamo questa bastonata che si è sofferta in questi anni nelle città.
Beh, ora sì lo vediamo, che adesso abbiamo certi vantaggi, ed anche la gente di città ha questa necessità,
di dire "Che ci facciamo qui? C'è un'altra forma di vita, c'è un'altra forma di vedere le cose.
Non tanto materiale, non tanto per interesse."
Cio che è chiaro è che ora i paesi sono in condizioni migliori che 25 anni fa.
La gente ora ha le cose più facili che 25 anni fa.
Quando noi venimmo qui, non avevamo possibilità di un computer, di entrare in internet. Non c'era neanche la strada.
Adesso la gente viene nei paesi ed ha la possibilità di queste cose.
50 anni fa la gente abbandonava le zone rurali perché capiva, legittimamente, che nelle città si viveva meglio.
L'ambiente era più libero, la vita risultava più fluida, più semplice.
Oggi temo che siamo obbligati a realizzare
una riflessione ipercritica su questo, perché?
perché i principali problemi economici, l'emarginazione sociale,
l'esclusione, lo sfruttamento più estremo, si trova soprattutto nell'area urbana.
Il progetto della decrescita implica, in una delle sue matrici centrali,
una scommessa per la reruralizzazione. Che è, a sua volta, una critica a ciò che suppongono le città.
La logica, per esempio, dei sistemi di trasporto, l'alta velocità ferroviaria,
è una logica chiaramente vincolata all'ingrossamento delle città.
Ciò che collegano questi treni d'alta velocità sono città, mentre facilitano una nuova desertificazione delle aree rurali.
Questa crisi bisogna analizzarla come qualcosa di positivo, qualcosa che ci deve far rivalutare da capo molte cose.
E tra tutte, che il popolamento urbano, il modello industriale, io credo che ha toccato il fondo.
La campagna è sempre lì, c'è un'alternativa, e sta chiedendo nuove forze.
Il progetto iniziò molti anni fa, con un gruppo di ragazzi, perché è ciò che ancora siamo.
Decidemmo di comprare un terreno, che fù questo podere, e fare piccole casette semplici
e iniziare a veder mano a mano cosa potevamo porre in comune, cosa avevamo in comune, cosa no. 288 00:24:50,820 --> 00:24:57,160 Ognuno mantenendo la sua identità, però mantenendo dei criteri minimi di ecologia e rispetto
che potessero far funzionare tutto, nelle relazioni e nei progetti.
Vieni qui, stai un mese con noi, e molte volte quello che comunichiamo alla gente è:
guarda, adesso sai qual'è la differenza tra quello che pensi e quello che senti.
Forse non vuoi che questo ti cada dal cielo, se lo vuoi devi imparare come fare questa digestione,
perché devi cambiare il tuo schema mentale.
E noi adesso ci siamo messi in un'ottica di lavorare, delle banche... è una forma di vivere che non permetto questo.
E siamo ancorati a questa forma di vita. Cioè che il cambio tra questa forma di vivere e l'ideale,
una cosa è ciò che io immagina che sarebbe bene, un'altra cosa è ciò che sento.
Tra le attività ed i corsi che si impartiscono, sia per bambini che per adulti,
risaltano la biocostruzione, il trattamento delle acque, la loro depurazione naturale e le energie rinnovabili. 299 00:25:45,200 --> 00:25:52,100 Si incentrano anche nella creazione di tessuto sociale, con accampamenti e convivenze, dinamizzazione di gruppi e gestione delle emozioni,
Altre delle loro aree di attuazione sono la cura della terra, la coltivazione ecologica e la permacoltura.
Permacultura è come un gioco di parole tra permanente e cultura, tentare di creare una coltura che sia permanente nel tempo.
Raccogliendo informazioni di molte tecniche e mescolandole per poter progettare tanto ecosistemi, come relazioni,
come infrastrutture, come tutta una filosofia che circonda il tentar di creare una "cultura" permanente.
La permacultura è una maniera di intendere, di vedere ciò che ti circonda, la realtà,
Adesso la forma con la quale vediamo ed intendiamo il mondo viene ereditata dal pensiero riduzionista di Newton e Cartesio,
che ci ha fatto vedere la realtà in forma riduzionale, ovvero, abbiamo suddiviso,
ci siamo incentrati nelle parti ed abbiamo rotto questo contesto, questo vincolo con il tutto.
Però questa forma di intendere, di vedere il mondo, ha avuto da un lato successo nel mondo meccanico,
però ha fallito in quello che è il mondo vivo. Ha avuto le conseguenze delle contaminazioni acquifere,
avere sistemi di alimentazione intossicati, abbiamo terre che si stanno erodendo,
Ovvero tutta una serie di problemi, di conseguenze o effetti ambientali che stanno mettendo in crisi o in rischio il nostro sostentamento.
C'è una frase, che lo rappresenta molto bene, di Lynn Margulis, che dice che ciò che è un rifiuto per uno è alimento per un altro.
E la permacultura si basa su questo, nel flusso di materia e di energia.
Al giorno d'oggi anche se vediamo la realtà in forma lineare o riduzionista,
entrano alimenti ed entrano rifiuti, e questi rifiuti sono conti in sospeso,
che o generano lavoro, o inquinamento.
E dalla permacultura, o per questa nuova forma di vedere la realtà,
è un'opportunità, è una risorsa.
Cioè, capire come funziona la natura per poterla influenzare.
Finora l'essere umano ha voluto controllare tutto,
ha voluto insegnare alla natura come doveva essere.
Il capitalismo pone un ritmo brutale di estrazione, produzione e consumo,
e ciò che tenta la permacultura è andare al ritmo della natura,
che è un ritmo più calmo, più pausato, di meno consumo, molto diverso.
Quello che tentiamo qui è un misto di permacultura e coltivazione ecologica.
E nei frutteti ovviamente c'è una filosofia, che è basicamente appoggiare la biodiversità.
Appoggiare molto la biodiversità, provare a generare un terreno molto ricco, come è nei boschi,
e quando c'è molta biodiversità, quando ci sono piante di qualsiasi tipo,
si genera un'ecosistema sano e così funzionano bene le coltivazioni.
La biocostruzione si basa, secondo me, su tre pilastri.
Un pilastro è riprendere la costruzione tradizionale, come si è sempre fatto.
Cosa deve andare avanti della costruzione tradizionale?
Materiali locali, lavorare con la pietra, il legno, la sabbia , con la calce, con la terra,
con tutti questi materiali locali. E lo facevano in un forma molto cooperativa.
Un'altra base importante, che è forse quella che va più di moda, è il tema dell'efficienza energetica.
Per ora è soprattutto pannelli fotovoltaici, riscaldare l'acqua con il sole, orientare bene la casa,
ma anche progettare la casa perché consumi meno possibile,
e quello che consuma, che lo consumi da energie rinnovabili.
E la terza colonna, e forse quella che si tiene meno in conto,
e che per me è però la principale, è la salute.
Che lo spazio che stiamo creando sia sano. E lì si studiano le geopatie del terreno,
cioè se ci sono acque sotterranee, difetti o alterazioni artificiali;
se ci sono campi elettromagnetici, linee di alta tensione, elettrodomestici, sostanze tossiche dentro i materiali.
Insomma è un pò il punto centrale, che la casa sia un luogo sano.
Qui amiamo i tetti verdi, perché per un lato restituiamo i metri di suolo che rubiamo.
Qui non implica molto, però se si fa questo nelle città, quanta più vegetazione c'è più inquinamento assorbe.
L'ecotraspirazione che producono le piante fa sì che le zone intorno siano come più refrigerate,
In casa se il tetto è ben fatto con la terra ed i suoi isolanti
fa da ammortizzatore termico, e da più calore alla casa.
L'idea è come di integrare tutti questi cambi, in una società che non permette cambi,
che se permette cambi, ti bastona.
Come gestire tutto questo, allo stesso tempo? Questo ci fa molta paura.
Ci addentriamo in Francia per dirigerci a Mas de Boileau, base logistica di "Terre e Humanisme".
Un'associazione libera da ogni referenza ideologica.
Concentra le sue azioni umaniste nella pratica di alternative che conciliano la sicurezza e la salubrità alimentare
e così salvaguardare l'autonomia e la sopravvivenza delle popolazioni.
Fu fondata da Pierre Rabhi, agricoltore, politico, scrittore e filosofo francese di origine algerina.
Uno dei principali precursori dell'agro-ecologismo.
Difende un modello di società più rispettosa con le persone e la terra,
lavorando con la trasmissione dell'agroecologia attraverso di diversi corsi, e con l'aiuto di volontari
e lavoratori stagionali che vengono qui per imparare sui frutteti ecologici, apicultura, compostaggio e fitodepurazione.
La maggior parte delle persone che riceviamo qui è gente coscente di che
il modello di consumo che la società gli propone non gli conviene, e stanno cercando altro.
Per questo sono contento di lavorare qui, perché negli anni '80 non c'erano molte alternative,
e quando ero in cerca di alternative, di sentieri di riflessione, non c'era granchè.
Ora, finalmente ci sono posti come questo, ecovillaggi, ecc... dove la gente può scoprire forme alternative
di avere altre attività, altri modi di vivere. Che sia in relazione all'energia,
in relazione alla natura, al lavoro, verso gli esseri umani.
Invece, dobbiamo ridefinire quelle che sarebbero due domande: la qualità del cibo e l'autonomia alimentare.
Circa la qualità degli alimenti, non ci sono dubbi che la maggior parte degli alimenti industriali
sono completamente denaturalizzati, ormai non contengono nulla.
E vediamo tutti i problemi di salute che ci sono nella società.
Oggi viviamo in un modello agricolo e alimentario che, basicamente, è controllato da una manciata di multinazionali
che antepongono i loro interessi particolari e privati alle necessità collettive.
Tanto che, nonostante oggi viviamo in un mondo di abbondanza di cibo,
nel quale si produce più cibo che mai nella storia, nel quale si calcola, secondo la FAO,
che si produce cibo per 12.000 milioni di persone nel mondo,
Nonostante tutto questo, oggi, una ogni sette persone nel pianeta soffre la fame.
Ci sono difficoltà nell'accedere a questi alimenti, non c'è democrazia nel sistema agricolo e alimentario.
Il mercato delle sementi è monopolizzato da poche aziende,
Monsanto, Carsil, Dupont, sono quelle aziende che nell'arco della storia
hanno privatizzato i semi, così che oggi se un contadino o una contadina vuole avere accesso
a delle determinate sementi, deve pagare per queste.
Un alimento transgenico è un organismo modificato geneticamente
in funzione degli interessi del mercato e dell'industria agroalimentare.
È il massimo esponente, potremmo dire, di ciò che implica la privatizzazione degli alimenti.
Implica al contadino la dipendenza dall'agroindustria per svolgere questa agricoltura
che necessita l'acquisto di queste materie a queste multinazionali.
Il fatto di modificare i geni di un organismo, può avere un impatto sulla nostra salute,
e nello stesso tempo contamina il resto dell'agricoltura, con il vento, l'impollinazione...
E se cominciamo per quello che è il primo passo della catena alimentare, la produzione di alimenti,
vediamo quanto sia una produzione agricola intensiva, una produzione agricola che pone fine alle agrodiversità.
Negli ultimi cento anni sono scomparse un 75% delle agrodiversità.
E ogni volta ciò che mangiamo è sempre più simile, dato che tutta una serie di varietà
locali, autoctone, diverse, sono andate scomparendo.
Che succede se queste poche varietà vengono colpite da una piaga, una malattia?
Anche questo genera una situazione d'insicurezza.
Al capitale, al mercato, alle multinazionali, non interessa l'agrodiversità.
Gli interessa avere poche varietà controllate che siano brevettate, che siano privatizzate,
per le quali tu debba pagare, e che siano le più produttive secondo gli interessi del mercato.
Il settore che genera un maggior impatto climatico, secondo varie relazioni come quella del Grain,
un centro di ricerche, che segnalano che il 55% dei gas serra
sono generati dall'attuale modello di produzione, distribuzione e consumo degli alimenti.
Si tratta anche di un modello di agricoltura chilometrica,
con alimenti che viaggiano migliaia di chilometri prima di arrivare nel nostro piatto.
È un modello di alimentazione che promuove inoltre l'acquisto
in grandi ipermercati o supermercati, a volte lontani dalle grandi città
e con la necessità di usare l'auto per accedervi.
Pertanto, se sommiamo tutti gli elementi che fanno parte dell'attuale modello agricolo alimentare,
vediamo come ha un impatto centrale nella generazione del cambio climatico e di gas serra.
Abbiamo bisogno quindi di ridefinire una vera agricoltura biologica, una vera agricoltura natural.
E qui sono l'agroecologia, l'agrobiologia e la permacultura quelle che meglio rispondono.
Dopo c'è l'aspetto dell'autonomia alimentare dove la gente, ogni giorno di più,
ha voglia di provare a prodursi una parte della sua alimentazione più che di dipendere completamente dall'esterno.
La risposta globale all'autonomia si è dimostrata in Mali, in Burkina Faso, in Senegal, adesso in Camerùn,
posti dove Terre & Humanisme è coinvolta, dove ci sono azioni che sostengono le popolazioni locali,
che formano le provviste locali e che hanno permesso sviluppare la loro sovranità alimentare.
Deve essere un modello di agricoltura di prossimità, che si basi nei circuiti corti
di commercializzazione di alimenti, con una relazione diretta tra produttore e consumatore,
creando e tessendo reti di solidarietà tra la campagna e la città.
Implica un'agricoltura diversa, un'agricoltura che si prenda cura del territorio,
un'agricoltura che difenda un mondo rurale vivo e la gente che vive nei campi.
Implica un modello di agricoltura e alimentazione, in definitiva, al servizio della gente
e che tenga in conto e che rispetti l'ecosistema. 425 00:37:22,240 --> 00:37:28,280 È esattamente il contrario di ciò che difende il modello di agricoltura e alimentazione che abbiamo oggi.
La riflessione deve essere globale, per salvare il pianeta. Però, per avere una vera azione globale,
che sia concreta e che abbia senso, dobbiamo applicarci a livello locale.
Non possiamo predicare grandi idee finchè non abbiamo fatto qualcosa.
Quindi, l'azione deve cominciare dal locale, la vita locale, sociale, la vita nella natura.
Trovare una certa forma d'autonomia, di vivere con l'ambiente, e quando troveremo un equilibrio
nel modo di funzionare, allora potremo irradiare verso l'esterno.
Il lato agroecologico contiene già il lato sociale.
L'agroecologia è un concetto globale dove tutti hanno il loro spazio,
sia l'uomo che l'animale, la natura e gli alberi.
Ognuno deve trovare il suo posto in questo equilibrio globale.
L'agroecologia è come vivere insieme. Non è solo frutteti biologici
e "io non inquino la mia terra", è come viviamo con gli altri.
Le cose sono gravi sul pianeta; i terreni si deteriorano, i boschi scompaiono,
i mari sono inquinati, la radioattività è una catastrofe. Bisogna agire rapidamente.
Però c'è un enorme cambio in paragone a 20 o 30 anni fa, dove non importava niente a nessuno.
Quando avevo 16 anni ed era l'inizio degli anni '80,
eravamo pochissima gente e ci prendevano per stupidi, per pazzi...
Tutti pensavano a Wall Street, ai soldi, alle auto grandi...
e quando noi parlavamo di ecologia eravamo uno su mille, o diecimila. Era molto più difficile.
Adesso, almeno, ogni volta c'è più gente che inizia a riflettere un pò e qualcuno ad agire.
Non sarà fino al giorno nel quale la presa di coscienza sarà della grande *** della società,
quando si potrà spingere i politici ad agire.
Siamo qui a Couzia, nel dipartimento di Áude,
questa fiera d'agricoltura biologica è di altissima qualità.
Il tema di queste due giornate è "biodiversità in resistenza".
Ed è molto appropriato. perché la biodiversità è minacciata
dall'agricoltura industriale, lo sviluppo economico, il transgenico, il cambio climatico.
Quando siamo nel grande commercio internazionale, mai niente è "bio",
è un'opera di distruzione a vicenda dei paesi.
E qui la maggiora parte della gente rifiuta il concetto di "bio" del supermercato.
Sembra duro, perché tutti dovrebbero avere accesso al "bio",
però se lasciamo che finisca nella grande distribuzione, sarà completamente sfigurato.
Il contesto, sul piano ecologico e sociale, non è del "bio".
Si tratta di capire i grandi progetti, sul piano planetario,
che sotto il pretesto di salvare la biodiversità sta, in realtà, preparando gli strumenti finanziari
per far sì che tutti gli ecosistemi abbiano una valorizzazione in borsa.
Sotto lo slogan della "economia verde" si sta tentando di costruire un sistema di sfruttamento
di quelli che sono servizi quasi ecologici. Cioè costruire un'economia
passata nel setaccio della speculazione finanziaria, con servizi e risorse naturali.
In realtà non è altro che un nuovo filone che hanno scoperto per fare soldi.
Una delle incorporazioni chiave che fa la teoria neoclassica dell'economia
è ridurre il concetto di valore al concetto di prezzo.
Diciamo che è oggetto economico, e ha valore dentro l'economia,
solamente ciò che può essere espresso in unità monetaria.
Che succede? Che ci sono moltissime cose che sono imprescindibili per l'esistenza di una vita degna
che non possono essere tradotte in denaro. Non si può fissare un prezzo per il ciclo dell'acqua,
alla sfera d'ozono, non si può porre un prezzo alla fotosintesi,
non si può porre un prezzo alla fertilità di un terreno.
Chiaro, mentre si specula con gli alimenti con i prezzi, si comprano i raccolti futuri, etc...
si alzano i prezzi degli alimenti e ci sono paesi come Kenia,
Messico, Tunisia, etc... che stanno soffrendo carestie impressionanti.
Lo stesso succede con l'acqua, lo stesso succede con il petrolio.
Lo stesso succede con l'aria, con le emissioni di CO2.
Insomma stiamo entrando in una fase nella quale il capitalismo è allo stremo.
L'economia capitalista pone sotto i riflettori solo ciò che crea valore monetario.
E, ovvio, ci sono molte cose che non creano valore monetario
o, incluso, ci troviamo che alzano i valori monetari con la distruzione.
Per esempio, il Prodotto Interno Lordo sale quando un fiume è contaminato
perchè c'è da spendere per purificarlo.
Un disastro come quello della petroliera Prestige, 10 anni fa, fece salire il PIL.
Una guerra fa salire il Prodotto Interno Lordo, perchè si produce una vendita incredibile
di materiale bellico e di armamenti.
L'industria farmaceutica, per esempio, non guadagna con la salute, guadagna con le malattie.
Utilizzano un'unico metro di misura, cioè il metro di misura dei soldi, per considerare tutto.
E questo è quello che si utilizza per dare colpi di timone all'economia.
Quindi creiamo una specie di universo invisibile, non rilevabile dagli indicatori monetari,
che però continua ad essere imprescindibile per la vita.
Se vogliamo un'economia tanto ecologica come socialmente giusta,
a livello locale ed a livello mondiale, dobbiamo seguire la dialettica che cerca
di ridurre fortemente il consumo energetico ed il consumo materiale.
Si tratta di un'altra logica economica.
Per esempio, diamo più importanza ai beni sociali, all'educazione,
alla salute, alla cultura, ad un'altra agricoltura, ad un'altra forma di bene comune.
E queste sono le cose con le quali non si può guadagnare soldi.
Il capitalismo non può far funzionare correttamente queste attività necessarie.
Per riassumere, lo sviluppo sostenibile, la crescita verde,
sono un alibi per non cambiare le fondamenta del sistema.
Che i paesi si sveglino, perchè c'è molto cinismo.
Non ho mai visto un tale livello di cinismo: approfittarsi di questa presa di coscienza,
del desiderio di sempre più gente su questa terra di salvare il pianeta per le generazioni future,
Ed approfittarsi questo risvegliarsi, per portarlo di nascosto su un'altra strada.
Perchè siamo esseri viventi, ed io credo che l'effetto che ha su di noi
la distruzione della natura va oltre il razionale,
lo sentiamo nelle fibre del nostro proprio corpo.
Perchè una civilizzazione che sta sacrificando le generazioni future
non merita il nome di civilizzazione.
Permablitz nasce a Barcellona con l'intenzione di utilizzare la permacultura come ponte per l'azione locale.
L'ambizione è portare la permacultura non solo ad ambiti locali,
ma anche convincere gli agricoltori tradizionali dei vantaggi nel praticarla.
L'impresa è formata da un gruppo multidisciplinare,
nel quale ogni membro apporta qualcosa di diverso.
Ci raccontano che riassumono il loro lavoro di gruppo
come un poliedro con facce differenti.
Uno solo non può vederle tutte, ma insieme sì.
Il giovane che oggi chiamiamo della "generazione persa" è come in attesa di sapere
quale sarà il suo ruolo, la sua funzione, in che maniera darà senso alla sua vita.
Credo che in questo nuovo contesto che opera per l'agricoltura rigenerativa,
che opera la permacultura, le città di transizione,
i giovani rispondono meravigliosamente, perchè da senso alle loro vite.
Per esempio, il nostro gruppo di sette persone ha avuto questa esperienza.
All'improvviso avere passione, entusiasmo, perchèp è qualcosa di meraviglioso
tornare ad integrarci con la trama della vita.
E vedendo che ci sono tutta una serie di preoccupazioni e problemi a livello globale
non solo economici e sociali, ma anche ecologici, beh, anche questo ti carica un pò
questa energia e questa voglia di fare qualcosa.
Io, per esempio, avevo sempre avuto un'attitudine reattiva o passiva,
aspettavo sempre che succedessero le cose.
Se hai l'idea, hai le capacità e l'attitudine è l'attitudine,
puoi farlo succedere. Questo contesto promuove l'intraprendenza.
Non è più solo una cosa di uno che deve tirare il carro, iniziare e rischiare,
ma un movimento globale, con il quale tutto è molto più facile.
Di questi tempi dobbiamo rompere la tendenza nella quale hai un'idea, un'innovazione,
la brevetti, la proteggi e la blindi, così che tu ci possa lucrare sopra.
Per promuovere questa creatività, ciò che proponiamo, ciò per cui lavoriamo,
è che la conoscenza sia accessibile per tutti,
per far sì che ogni persona possa migliorarsi, e che tutti possano partecipare,
e che da lì si possa generare una rete, che sia semplicemente un intercambio di esperienze.
Alla fina una delle mete è anche incrementare il bene comune, incrementare la qualità della vita.
Non solo di pochi, ma una spartizione giusta della ricchezza, e questo prevede che si abbia una spartizione della conoscenza.
Eravamo in progetti medioambientali relazionati con il sequestro di carbonio,
cioè come attraverso l'agricoltura o i rimboschimenti potremmo risolvere il problema del carbonio nell'atmosfera,
e poco a poco vedevamo che le ONG dipendono da aziende
e dipendono dai governi per poter funzionare.
E lì entravamo un pò in contrasto. Non siamo d'accordo con il modello economico,
regolato solo dal lucro, però andiamo a chiedere soldi a loro.
Noi possiamo organizzarci. Possiamo generare valore, possiamo generare ricchezza
che ci permetta di consolidare questa forma di vivere.
Questo ibrido tra azienda e ONG che sarebbe modello di economia o azienda del bene comune.
Ci proponiamo di poter offrire sistemi di alimentazione
di alta qualità o alto valore, oltre l'ecologico,
a prezzi competitivi, che non distrugga gli ecosistemi, e che anzi li rigeneri.
Rompere il luogo comune che il sano è caro, l'ecologico è caro.
Con loro impariamo a vedere la permacultura con occhi ancora più curiosi.
I dubbi ci sorgevano quando parlavano di poter portare la permacultura nelle città.
Fino ad allora, nessuno ci aveva detto che questo si poteva fare,
ed i posti dove avevamo visto praticarla erano molto lontani dalle grandi città. 562 00:51:37,580 --> 00:51:40,980 Per convincerci, ci mostrarono un esempio di una delle aree
con la quale stanno lavorando in città, l'Aquaponix.
Mancavano esempi o maniere di poter produrre questi spazi
con le condizioni o il contesto che ci pone la città.
Abbiamo collegato vasche di pesci con coltivazioni di verdure.
Nella parte in basso c'è l'acquario, dove stanno i pesci,
e nella parte in alto su una tavola, all'altezza della vita, ci sono le verdure.
L'acqua, come nel ciclo dell'acqua, sale come se formasse nuvole per evaporazione,
innaffia con tutti gli escrementi, nutrienti e minerali dei pesci,
le piante si nutrono, crescono, ed i residui o gli eccessi tornano di nuovo ai pesci.
Quindi è un circuito, un sistema di retroazione.
Ciò che è residuo per uno, è alimento per l'altro.
Nel settore dell'agricoltura ecologica sempre si è criticato molto dicendo
che la permacultura è da "hippie fighetti", o per la gente con un piccolo orticello
e che questo funziona solo in casi precisi. Bisogna rompere molti luoghi comuni,
ed il principale è non equivocarsi, "la permacultura qui non serve" o "questo non funziona qui".
Per esempio Darren Doherty in Australia sta lavorando un milione di ettari
con l'approccio della permacultura. In Messico con 500 ettari, solo di verdure,
e sorvolano in aereo per vedere le coltivazioni.
Quindi come puoi dirmi che una cosa non può servire, è che ancora non hai trovato il modo
di poter influire o poter migliorare questa prospettiva.
Nelle città, dove il sistema ci garantisce le necessità più basilari dell'essere umano,
ci domandiamo come risolvere il problemi abitativi e del lavoro.
In questo senso, la necessità e la ricerca di un cambio sociale profondo,
a volte ci conduce inevitabilmente a saltare le norme giuridiche stabilite.
Alla disobbedienza civile, un atto cosciente, pubblico e non violento
di ribellione contro l'autorità.
Fu Thoreau che nel 1849 forgiò i principi della disobbedienza civile
che ispireranno personaggi come Gandhi, Martin Luther King o Tolstoj.
La disobbedienza civile esiste già da parecchi anni
nei casi nel quale si è tentato di migliorare la società si è andati verso quelle leggi che si consideravano più ingiuste
e si ha disobbedito per tentare di cambiarle, per tentare di migliorare.
Adesso in molti siamo forse in un'altra fase, dove già non si disobbedisce a una legge in concreto,
ma si disobbedisce ad un sistema di potere, per favorire e per costruire un altro.
All'interno di questo, qui abbiamo promosso quella che chiamiamo disobbedienza economica,
sempre per l'idea di smettere di collaborare con l'economia dello stato e del capitalismo,
e fare in modo che questa collaborazione di diriga a costruire queste alternative.
Io credo che oggi il provare a costruire alternative rispettando la legalità sia molto limitato.
Si deve cambiare e si deve andar sostituendo per costruire dei diritti
e dei valori che generino davvero equità e giustizia sociale.
Per i temi legali servono sempre più soldi, pagare avvocati,
e tutto questo è una prova chiarissima che non è davvero un sistema di diritto. 604 00:55:02,660 --> 00:55:07,360 Questo è uno degli ambiti nel quale dalla Cooperativa Integrale Catalana abbiamo approfondito di più.
L'uso delle entità giuridiche per proteggere le iniziative di autogestione.
Oggi Enric Durán è l'attivista massimo esponente in Spagna di questa disobbedienza.
È promotore della Cooperativa Integrale Catalana, una proposta costruttiva di disobbedienza ed autogestione,
il cui fine è ricostruire la società dal basso, in maniera integrale.
Nei suoi principi risaltano l'interesse per il bene comune, l'equita e la giustizia sociale.
l'ecologia, la democrazia diretta e l'autogestione.
La sua struttura legale è una cooperative che conta su un mercato interno di produttori e consumatori
che utilizzano una moneta sociale propria per effettuare intercambi di prodotti e servizi,
assicurandosi, allo stesso tempo, un aspetto giuridico che li protegga dalla banca e dallo stato.
In città, per come stiamo ora, si possono fare da un lato alcuni progetti
che siano di riferimento, visibili, per collegare la gente della città con tutte queste alternative;
come può essere qui in Aurea Social, o a Barcellona con progetti che vanno avanti anche da anni, come Can Masdeu.
Si possono anche proporre alternative concrete come possono essere gli orti urbani, gli orti comunitari.
Ed in tutto ciò che è autogestione o generare lavoro in proprio, la città è un fermento di iniziative di questo tipo.
In un certo senso la Cooperativa Integrale Catalana, è un'iniziativa che non si può immaginare
senza una relazione tra l'urbano ed il rurale ed una interazione a diversi livelli.
Qui possiamo riciclare molti materiali e portarli in campagna perchè siano utili per la biocostruzione.
E nelle campagne si può coltivare e consumare qui, in città. Quindi questa interazione è fondamentale.
C'è un prezzo quando alla fine molta gente che fa questo processo interno se ne vuole andare dalla città.
Risulta difficile mantenere la base sociale potente ed impegnata
nelle città perchè è molto mutevole e va assestandosi.
Sono sfide nelle quali a volte con progetti motivanti, come per esempio qui ad Aurea Social,
si mantiene una rete di persone sufficientemente potente,
e sì che c'è gente che se ne va in campagna, e c'è anche molta gente che sta entrando
e che sta facendo della sua partecipazione in spazi come questo il suo ponte per poter poi fare un cambio di vita.
Beh, negli ambiti locali c'è molta dinamicità, allo stesso tempo molta differenza.
Vanno creandosi progetti cooperativi di autolavoro, soprattutto nell'ambito locale in molti settori.
C'è anche la generazione di comunità, progetti che, soprattutto in ambienti rurali, sono generati
da gente che va dalla città alla campagna, o gente che già ha avuto esperienze rurali e si raggruppo in una nuova esperienza.
Sono progetti di cessione di terreni, o di affitti economici, o in alcuni casi anche di acquisto cooperativo,
nei quali si sviluppa un progetto di comunità, di autosufficienza e di autolavoro.
La Cooperativa Integrale tenta di sfilare cose del capitalismo, del sistema economico del capitalismo,
ed integrarle in un sistema economico proprio, dove gli strumenti li maneggiamo noi e non la banca e lo stato.
Già un primo passo nella Cooperativa Integrale era stato mettere in contatto produttori e consumatori
di agricoltura ecologica, che formano le Ecoxarxas,
E si voleva dare un secondo passo fabbricando cose in maniera diversa per i soci della cooperativa,
implementando i servizi che dà il capitalismo, andare oltre l'agricoltura ecologica e fare le cose in un'altra maniera.
L'idea era risolvere con pochissimi soldi due problemi che sono fondamentali
soprattutto per i giovani, che sono la casa ed il lavoro.
Ti dà la soluzione per una casa economica, visto come sta il mercato immobiliario. 645 00:59:31,620 --> 00:59:34,700 E poi ti da la possibilità di autogestirti il tuo stesso lavoro.
Ovviamente qui non si tratta di avere lavori disponibili nel quale arrivi e chiedi "quanto pagate l'ora?",
ma devi creartelo, che è qualcosa abbastanza complicato, che però è un primo passo.
Cooperativa abitativa vuol dire che tu compri l'uso di una casa ad un prezzo sociale, normale, che possa raggiungere.
Il piano è che, e per questo si chiama ecoindustria, qui si faranno produzioni industriali
che siano ecologiche e che siano all'interno dell'economia sociale, nelle quali non si sfruttino ne risorse ne persone.
Quello che si cerca qui è riscattare cose che siano rispettose verso la gente e le risorse.
Dare la possibilità di cooperare, che si possa essere in molti a voler alzare tutto questo,
non solo noi che stiamo qui, ma molta gente di fuori che ci appoggia, la gente dei paesi.
Questa idea che le società siano più che individui sommati,
che insieme... facciamo molto di più in 30 qui che 30 unità individuali facendo cose. 656 01:00:31,880 --> 01:00:36,920 Ciò che si cerca è che sempre più gente venga qui con inquietudini, voglia di imparare, capacità di lavorare,
e che creai spazi che possano generare di più per la comunità.
C'è da gestire un mostro talmente grande, e fare cose che per molti è la prima volta che si fanno.
Non c'è formazione nel riabilitare colonie industriali. No tienes formación en rehabilitar colonias industriales.
Ancora non ci sono, ci stiamo lavorando. Però arriverà solo.
Siamo totalmente impotenti di fronte a ciò che succede. Quindi penso che progetti così,
e come molti altri che adesso stanno uscendo come funghi...
Oggi c'è una cosa che è molto chiara, ed è il futuro che ci aspetta.
Infatti la gente davvero si sta svegliando molto in fretta.
Progetti come questo sono molto importanti, perchè danno sostegno per un cambiamento,
È un modello di transizione.
Nella valle di Collserola, molto vicino a Barcellona, si trova Can Masdeu,
un progetto di progetti situato nel mezzo della natura.
Questo antico lebbrosario, occupato nel 2001 in maniera provvisoria, fu il seme di quello che troviamo oggi.
Il centro sociale è gestito dalla gente che vive nella casa e dai vicini, realizzando diverse attività.
Dal risultato di questa interazione, non solo si è ottenuto la buona relazione con i vicini,
ma anche il mantenimento congiunto della valle, arrivando incluso a bloccare lo sgombero.
Si lasciò abbandonato per 50 anni, e poi siamo arrivati noi
e si occupò per delle giornate internazionali che si chiamavano Rais in Tie
incentrate sul cambio climatico quando non se ne parlava molto, e venne molta più gente di fuori che di qua,
però anche gente dei movimenti sociali. Ci avvicinammo per curiosità,
Quando si occupò, l'obbiettivo era basicamente avere un posto per fare queste giornate, non c'era nessun progetto dietro.
Fu a partire del primo anno, più o meno, che si iniziò a creare un gruppetto più piccolo,
che era più fisso ed interessato a questo. E dopo venne anche la gente della zona.
Si cominciò quindi a generare un'interazione, tra molta gente anziana in media sui 60, 70, 80 anni
e la gente che sta occupando qui. E da questa interazione uscì fuori quello che c'è adesso.
Cioè il centro sociale, che è la parte più pubblica,
che è gestito da noi e da esterni, però basicamente noi.
La parte degli orti comunitari, che funziona con un'altra assemblea.
E poi partecipazione nella zona e attività come gruppo.
A livello di partecipazione, ogni domenica vengono un 120 persone.
È uno dei centri sociali che muove più gente per attività che non siano feste.
Basicamente, con pochissimi soldi gestiamo un'economia comune, nella quale il basico l'abbiamo assicurato.
Un'altro spazio occupato simile è quello che troviamo a Madrid,
nel quartiere di Moratalaz, lo Spazio Sociale Autogestito Salamanquesa.
Un progetto che sorse, come molti altri a Madrid, partendo dal 15M, sotto la parola d'ordine di "un centro sociale in ogni quartiere".
Nel novembre del 2012 occuparono questa vecchia scuola in Moratalaz,
dimenticata dalla giunta e dal comune,
per realizzare un progetto educativo per il quartiere.
Nasceva l'idea di fare come una specie di università popolare,
dove quello che si sarebbe offerto, sarebbe stato creato dal gruppo stesso.
Non che un gruppo venga perchè qui si offre qualcosa,
ma che un gruppo che ha interesse per qualcosa e costruisca ciò che vuole imparare.
Fin dal primo giorno arrivò moltissima gente con voglia di fare cose.
In questo periodo si sta lavorando anche con assistenti sociali del quartiere,
che vedono le necessità di alcune famiglie che non hanno risorse economiche sufficienti,
quindi le mandano alla Salamanques e qui possono usufruire del negozio gratis,
gli si dà cibo della rete degli alimenti, e vedono tutte le attività, totalmente gratuite, alle quali possono accedere.
Le basi sono un pò l'autogestione, l'orizzontalità, la solidarietà, il lavoro comune,
la collettività, l'autosufficienza, imparare dagli altri, creare un altro mondo.
Siamo molto abituati a vivere in una maniera, con delle regole,
e questo è rompere e creare altre regole che vengono da noi stessi,
dal pensiero, anche rompere un pò queste basi del pensiero,
di come viviamo, come ci vediamo e ci relazioniamo.
È un spazio di comunione, di condividere con le persone,
di condividere tempo, condividere desideri, di condividere progetti, idee,
Al giorno d'oggi andiamo tutti così, guardando a terra, con tanta fretta, ognuno nel suo mondo,
E qui forse c'è una maniera per rilassarsi, lavorando molto, perchè ci sono molte cose da fare, però in un'altra maniera.
Sviluppando come vogliamo che sia questo spazio in cui ci troviamo,
che è qualcosa che non ci chiedono mai per niente nelle città.
Questo è così, questo è un centro commerciale ed è così, e questo è così...
Non ti danno la possibilità di costruirti gli spazi che dovrai vivere nella tua città.
Questa scuola era abbandonata ed i vicini e le vicine te lo possono dire perfettamente.
L'ultimo investimento che si fece fu alzare il recinto, così che i bambini non scavalcassero per giocare.
È l'abbandono dell'educazione, di come stanno 40 bambini in una classe,
mentre ci sono scuole abbandonate, dove si possono fare moltissime attività,
che lasciano in decadenza a cadere a pezzi.
Le persone si possono organizzare possono autogestire
e possono fare moltissime cose, senza entrare in queste strutture così rigide.
La questione politica, durante tutto il suo sviluppo, dalla rivoluzione industriale,
il capitalismo è stato associato alla democrazia.
In poche parole, il liberalismo economico e quello politico sono andati mano nella mano.
Sempre di più, siamo di fronte ad una situazione politica nella quale abbandoniamo la democrazia
per avvicinarsi ad un sistema che è oligarchia. Oligoi significa che pochi decidono tutto. 730 01:07:23,220 --> 01:07:28,340 Direi che è la terza crisi nella quale ci ritroviamo, la crisi politica.
Mentre pensiamo di vivere in una democrazia, negli Stati Uniti, Spagna, Francia, Germania, Inghilterra...
in realtà stiamo andando verso un'oligarchia. Ed il suo obiettivo non è che la società progredisca,
nè che la crisi ecologica si risolvi, nè che i giovani trovino lavoro,
ma che "bisogna conservare le nostre ricchezze, i nostri privilegi".
La responsabilità è di queste "élite", sono quelli che hanno il potere e rifiutano il cambio,
mentre tutti i segnali della degradazione sono ogni volta più vistosi.
Ed è soprattutto nei paesi occidentali dove l'oligarchia ha più responsabilità,
dato che i paesi occidentali sono i più ricchi e potenti.
Però possiamo anche iniziare ad analizzare come si comporta l'oligarchia dei paesi emergenti o poveri.
In India, in China, in Brasile, in Sudafrica... E spesso ritroveremo gli stessi interessi,
le stesse grandi disuguaglianze, lo stesso tipo di degradazione ecologica.
La via istituzionale per affrontare i problemi vincolati alla crisi ecologica,
è, oggi, chiusa. Per questo non ci resta altro rimedio, ci piaccia o no,
che occuparci dell'"altro" progetto. Quello della costruzione dal basso autogestita,
di questi spazi di autonomia. Con la fiducia che in futuro questi spazi
si convertano in un esempio che induca una parte della cittadinanza,
non solo ad appoggiarli, ma ad esercitare pressione sui governanti.
Però temo che oggi, non possiamo ingannarci,
i nostri governanti sono sfacciatamente subordinati ad interessi privati,
completamente inconscienti di cosa significhi la crisi ecologica. 751 01:09:34,520 --> 01:09:41,360 Sembra che per il momento siamo ancora in disposizione di applicare formule di decrescita
in virtù di un criterio volontario. Cioè, per prevenire il futuro,
abbiamo deciso di assumere questo insieme di comportamenti. Però è sicuro che, entro qualche anno,
l'opzione può non essere volontario, che si imponga, perchè?
Beh, la parola chiave è collasso, quanto più rimandiamo il nostro intervento,
maggiori risorse, sforzi ed energie saranno necessarie. Per questo è urgente intervenire.
Ci sono due grandi percezioni distinte, rispetto a ciò che dobbiamo fare
per affrontare questo problema del collasso. La prima è molto pessimista, però crudamente realista.
Dice: non ci resta altro rimedio che attendere che arrivi il momento del collasso, perchè?
Perchè sarà l'unica maniera per la quale la maggioranza dei concittadini prendano atto di quali sono i loro doveri.
Il collasso è cattivo consigliere, se arriva il momento del collasso vorrà dire
che i problemi si moltiplicano incredibilmente e che la nostra capacità di risolverli si riduce allo stesso tempo.
Qual'è l'altra risposta, che è la mia. Dobbiamo puntare con urgenza ad uscire dal capitalismo..
Che significa uscire dal capitalismo: Costruire spazi di autonomia
nei quali procediamo ad applicare regole del gioco diverse da quelle che ci impongono.
È il progetto di una banca sociale ed autogestita che non funziona conforme
al criterio di lucro dell'arricchimento privato, del beneficio.
È il progetto che nasce della Cooperativa Integrale Catalana.
È il progetto che si collega con i gruppi di consumo che sono andati proliferando in molte città.
È il progetto che, si spera, germini dalla mano di molti lavoratori
che decidano dirigere le attività che si trovano in bancarotta in regime di autogestione.
Credo però che oggi questo sia un progetto, non mi illudo, esclusivamente volontario.
Però mi sembra che non ci resti altro rimedio che iniziare ad optare per la costruzione di spazi di autonomia.
Tra tante ragioni, una, per l'effetto pedagogico di dimostrare che le cose si possono fare in maniera differente.
In questo senso, paradossalmente il vecchio progetto libertario, utopico
della costruzione di spazi di autonomia sia molto più realista.
Risolve, qui e subito, alcuni dei nostri problemi.
Ed in questo senso mi sembra che ci sia sempre più gente che se ne sta accorgendo.
Io non disdegno la prospettiva che si possa utilizzare l'aspetto istituzionale
sempre che la questione resti molto raso terra.
Qui il concetto centrale è la democrazia diretta.
A livello politico si possono fare moltissime cose, però sempre secondo i livelli dove ci stiamo muovendo.
Per esempio a livello globale, a livello mondiale, ovviamente
nei grandi vertici che avvengono esiste poco margine di manovra
Soprattutto perchè ci sono grandi tendenze, grandi blocchi che si stanno confrontando.
Questo l'abbiamo visto per esempio con gli ultimi vertici, i vertici sul cambio climatico,
dove non c'è stato davvero neanche un cambio,
e anzi, ancora meglio, le decisioni che si sono prese hanno fatto peggio.
Quindi credo che la politica abbia molta più capacità di attuazione a livello locale.
I comuni ed i livelli più locali sono in grado
di raccogliere queste proposte, questi semi che si stanno spargendo.
Per esempio il tema degli orti urbani, il tema delle monete locali, il tema dell'agricoltura ecologica, 793 01:13:54,460 --> 01:13:57,600 Graine de Jardin fa parte di una rete che si chiama
Le Jardin dans Tous Ses États (Il giardino in tutte le sue forme)
È una rete nazionale, noi lavoriamo nella re gione Île-de-France.
Aiutiamo a mettere in marcia nuovi orti condivisi e connettiamo le associazioni già esistenti,
organizzando picnic negli orti, organizzando manifestazioni.
E siamo in contatto con le amministrazioni locali ed i soci per creare nuovi orti.
A Parigi esistono approssimativamente 60 orti condivisi e nella regione Île-de-France più di 100.
Ogni orti è gestito in maniera diversa. L'associazione ha un terreno
che il municipio lascia gratuitamente ai soci, quindi si decide cosa si vuole fare con il terreno.
Si può scegliere di dividere il terreno in particelle individuali, o lasciare l'orto intero per il collettivo.
Quello che interessa molto alla gente è conoscere i suoi vicini in una città densa come Parigi.
Spesso si trovano molto soli, isolati nelle loro case, è hanno necessità di comunicare con i loro vicini,
di conoscere gente sotto casa, di essere coinvolti in un progetto locale.
E poi l'attività stessa dell'orto in sè attrae molta gente.
A molti piace coltivare le proprie verdure, sapere da dove vengono i pomodori che mangeranno.
C'è gente che, con gli orti, si sensibilizza in temi come il non usare prodotti chimici,
si interessano all'approvvigionamento delle nostre verdure e dei nostri supermercati.
E c'è gente che già non vuole più comprare nei supermercati.
Ciò che rivendichiamo è fare in modo che la vita sia meno densa e che ci siano più spazi
dedicati a tutto quello che è appropriazione di spazi pubblici per gli abitanti,
e... anche cambiare un pò le mentalità.
In Francia abbiamo una cultura della funzione publica dove una persona che è paesaggista
è lei che va a sviluppare gli spazi verdi, e lì gli abitanti non hanno voto.
Noi desideriamo che la gente abbia voce e voto nei progetti che la circondano,
che sia uno sviluppo urbanistico, abitativo o altro.
E poi, l'idea è che la gente si converta in attori del loro quartiere,
che si implichino, e questo fa in modo che man mano ci sia più rispetto nei quartieri.
Quando si tratta di un individuo o di un gruppo di abitanti,
la gente ha più rispetto di quando è qualcosa fatto dal servizio spazi verdi della città,
perchè sanno che forse sono i suoi vicini quelli che hanno piantato quei pomodori.
Alla fine del 2009 nel quartiere di Lavapiés di Madrid si realizzò un corso sulle nuove forme di occupazione di spazio urbano.
Per gli ultimi due giorni del corso, il comune gli cedette un terreno che si trovava abbandonato da 30 anni.
I partecipanti domandarono ai vicini cosa gli sarebbe piaciuto avere nel quartiere,
e le risposte furono molto variate: un orto, uno spazio per i bambini, un teatro,
in definitiva, uno spazio d'incontro.
Lo adattarono in un giorno, e lo aprirono ai vicini ottenendo una ottima accoglienza.
Però, finito il corso, dovettero restituire le chiavi al municipio,
ed il terreno rimase vuoto un'altra volta. Non si arresero e lo occuparono per 8 mesi,
finchè le macchine del comune non entrarono distruggendo tutto.
Questo provocò un movimento di protesta vicinale enorme ed una immensa raccolta di firme d'appoggio.
ottenendo che si approvasse la cessione dello spazio.
Penso che soprattutto questo tipo di spazi aiutano a creare città più gradevoli, 835 01:17:54,600 --> 01:17:59,360 è un altro tipo di modello di città, di gestire lo spazio pubblico.
Ed in più recuperi terreni che non avevano nessun valore, che erano fatiscenti.
Alcuni che erano incluso come centri marginali li recuperi per la città.
Dal punto di vista paesaggistico introduce natura nella città,
e poi la dimensione sociale che ha questo tipo di iniziative.
Alla fine in 3 anni abbiamo creato tutto questo con lo sforzo dei vicini
che vengono qui e danno il loro tempo, energia, la creatività, e la volontà che ci mettono.
Abbiamo dimostrato che esiste un'altra forma di gestire lo spazio pubblico dalla cittadinanza.
A parte il verde, che era una delle carenze del quartiere,
credo che porti un luogo di incontro, crea tessuto sociale,
Io ho visto come è andato crescendo il progetto, e ogni volta c'è più gente che viene a relazionarsi.
All'inizio con la scusa dell'orto, che attrae, vuoi avere questo contatto con la terra,
vuoi imparare a riconoscere gli ortaggi... Però alla fine è il relazionarsi.
Abbiamo perso un pò il contatto con i vicini e questo è proporre un altro modello.
Dobbiamo recuperare le relazioni.
Credo che sono spazi che facciano in modo che la gente tiri fuori la creatività.
Con il sistema che abbiamo pensiamo che non si può fare niente e che è tutto inscatolato,
nel quale uno può solo la tal cosa, però questo è una forma di espressione, di creatività.
Ed ha fatto anche guadagnare una zona molto importante di incontro per i bambini,
ché nel barrio non ci sono zona di gioco, e qui già partecipano due gruppi di genitorialità condivisa.
C'è carenza di asili, sono sempre più cari,
E qui nelle stagioni in cui fa buon tempo ci sono due gruppi che funzionano,
Possono lasciare i loro figli con due o tre genitori e i bambini stanno nella natura,
che non ha niente a che vedere con un aula chiusa, e possono andare con le loro faccende o a pagare le bollette.
Abbiamo attività dell'orto, anche una officina di biciclette gratuita.
Molta gente che viene da fuori, si innamora del posto e propone attività.
Esiste una rete, la Red de Huertos Urbanos de Madrid, nella quale siamo integrati,
Man mano, dalla rete stiamo vedendo che queste iniziative stanno avendo molto successo.
Iniziarono 4 o 5 anni fa quando ce n'erano 3, 4 o 5 in tutta Madrid, e già sono 40 orti urbani.
C'è una resurrezione, tanto dell'agricoltura urbana, come un movimento nel quale la cittadinanza
vuole appropriarsi di spazi inutilizzati ed adattarli alle sue necessità.
Credo ci sia gente giovane o non tanto giovane a cui piacerebbe saper gestire un ecosistema agricolo,
come produrre... e questo è molto facile se disponi dello spazio vicino alla città.
Ero a Madrid due mesi fa e quando arrivai su "20minutos"
vidi un'articolo che diceva: "Il parco Madrid Rio ora è verde,
però adesso costa ai madrileni 800.000 euro al mese"
Cioè, finalmente abbiamo uno spazio verde, uno spazio verde che produce vita,
ed ha un enorme costo di mantenimento. Come possiamo in un futuro ribaltare tutto questo?
Di fatto già lo stanno facendo per esempio a Noáin, a Pamplona.
Che i parchi pubblici non siano semplicemente posti di ricreazione
e di riposo, passeggiate, sport... ma che generino anche ricchezza.
Se c'è qualcuno che vuole partecipare, vuole mostrarsi proactivo nel cambio del paradigma agroecologico, 877 01:21:54,080 --> 01:22:00,720 bisogna poter creare progetti sociali, culturali, agroecologici, dentre le città.
I movimenti sociali, o le alternative in piccole comunità,
la piccola scala è ciò che lo fa funzionare.
Parliamo di autogestione, di cooperative, di autoimpiego...
Sembra come se a Madrid, ed in città grandi in generale, ti possa perdere.
Però è tutto il contrario. Madrid è un esempio incredibile della quantità di alternative che sono già in funzione,
e alla radice della crisi la gente si sta arrangiando come può.
Decrece Madrid nasce a settembre del 2009, e ci dedichiamo soprattutto alla diffusione.
Mappare i gruppi di consumo, banche del tempo, un negozio che vende prodotti ecologici,
un'officina di riparazione di bici autogestito... tutto questo tentammo di all'intera Comunidad di Madrid,
ed attraverso questi incontri, l'unione con la gente, la mappa è andata crescendo
ed ora abbiamo una grande mappa che riguarda tutta la Penisola Iberica.
L'altro gruppo che abbiamo è quello di documentazione.
Vuole creare una specie di "decresciteca," dove caricare video, pdf, documenti,
tutto il materiale che troviamo sulla decrescita.
E l'ultimo gruppo, che è dove sono io, è il gruppo delle giornate,
Lo chiamiamo "la carovana decrescentista". E questo è un gruppo di domande dall'esterno,
per gente che, ad esempio, vuole mettere su un gruppo di consumo.
"Come facciamo?" Insomma, si pongono in contatto con noi
e noi li seguiamo, diamo un piccolo discorso sulla decrescita e poi un corso su come montare un gruppo di consumo.
La decrestia sarebbe, per me, consumare meno per vivere meglio.
Una delle pratiche basiche sarebbe chiedersi di che ho bisogno? Perchè ne ho bisogno?
e se realmente questa cosa mi fa felice.
Per ora quello che dobbiamo fare è che, se abbiamo un mondo finito,
dobbiamo imparare ad autolimitarci, perchè ovviamente non possiamo superare
alcuni limiti ecologici che esistono nel pianeta. Quindi l'autolimitazione
è una priorità adesso per quello che sarebbe un altro mondo possibile senza crescita.
E questo suppone una questione democratica molto importante, cioè come facciamo ad autolimitarci;
soprattutto in un mondo che pensa che nessuno si può autolimitare, perchè qui è la libertà.
Se vuoi quattro automobili, beh, puoi comprare quattro automobili.
Credo che alla fine la gente con la decrescita si domanda molte cose
e dice: "aspetta, ti sei fermato a pensare che forse un'azione qui a Madrid
ha una ripercussione in diversi luoghi del mondo.
Sembra che siano problemi che ci risolveranno Amnesty International e le ONG.
Però no. Tutti siamo parte del problema e della soluzione.
Dobbiamo riflettere su una cosa fondamentale,
il perchè, il per cosa ed il come stiamo producendo, lavorando e consumando.
E dobbiamo definire tra tutti e tutte ciò che andremo a produrre, consumare e lavorare.
In città come Bilbao, Madrid o Barcellona ovvio che il cambio è più complesso, più complicato,
perchè sono metabolismi sociali totalmente insostenibili.
Per farci un'idea, Bilbao ha bisogno di 100 volte il suo territorio per poter sostenere il suo stile di vita.
Quindi siamo coscienti che il cambio può essere lungo e duro, però è possibile.
Com'è possibile. Pensando ovviamente a lungo tempo e, ancora, a livello locale.
Dobbiamo riapprendere a coltivare ed anche a saper mangiare ciò che produciamo,
perchè la crisi sarà talmente dura, talmente lunga, che sicuramente ne avremo bisogno.
Chiaro è che questa crisi sembra una crisi economica, ed invece è sistematica.
È una crisi di mentalità, è una crisi ecologica, politica, social.
Comprende molte cose, e l'economia ne è una parte importante, ma non l'unica.
A me la decrescita convince. Per me è come un velo
che ti togli ed all'improvviso vedi la realtà, e ti rendi conto che ci sono moltissime cose
che sono lì, ma che nessuno gli dà l'importanza che hanno.
Siamo una minoranza, ma lo sono quelli che dominano,
come noi che stiamo chiedendo, costruendo un cambio; siamo minoranze.
Che stiamo ampliando i circoli e le reti di persone, questo senza dubbio.
Sta succedendo anche a persone che non sono dentro queste minoranze, e che stanno facendo lo stesso.
Per esempio, un uomo che impara a cucire di nuovo, sta facendo un cambio.
Una persona che vuole recuperare un orto, per lui, dietro casa sua, anche lui sta facendo un cambio.
Persone che si raggruppano per comprare un edificio e riabilitarlo in forma ecologica,
tipo cooperativa abitativa, anche loro fanno un cambio.
E questo sì che lo vediamo che sono circoli di affinità tra persone che stanno facendo la stessa cosa,
si stanno ampliando e stanno andando oltre.
Credo ci siano due strade che ci si aprono davanti e non so verso quale ci dirigeremo.
La prima, la strada pessimista, è quella nella quale i capitalisti, gli oligarca, si aggrappano a mantenere il sistema.
E per seguire questa strada vanno sempre di più verso una svolta autoritaria.
Dato che, per colpa di questa crisi ecologica, ci sarà una sfida per ottenere risorse naturali
come il petrolio, il gas, il cibo, le materie prime, i minerali...
ci sarà anche una tendenza dei paesi diretti da oligarchie a confrontarsi in guerre per le risorse naturali.
Quindi potrebbe esserci un'evoluzione verso la violenza, verso un sistema dittatoriale, un regime autoritario,
con guerre civili e partiti di estrema destra, e tensioni sempre maggiori tra i paesi.
Per esempio, gli U.S.A., dove c'è una violenza sociale estremamente forte
ed assecondata dai grandi mezzi di comunicazione della destra.
Anche in Europa si può vedere uno slancio dei partiti di ultradestra,
ampiamente suscitati dai partiti oligarchici. 950 01:28:48,850 --> 01:28:58,120 L'altra strada possibile, è che ci sia una presa di coscienza collettiva.
Che allo stesso tempo ci sono alternative, possibilità di fare le cose in un altro modo,
prendendo coscienza del che le cose si giocano a livello interazionale.
Possiamo vedere che in molti posti c'è una ribellione, un rifiuto che si sta consolidando.
Per esempio, la Primavera Araba nel 2011, il movimento de los Indignados che nacque in Spagna,
e che troviamo anche in Francia, Stato Uniti, Occupy Wall Street,
in Cile si è prodotto un movimento studentesco molto importante
che coniuga una protesta ecologica con la protesta studentesca sostenuta dalla società.
Quando il sistema si smembrerà, in quel momento molti dei nostri concittadini si troveranno persi,
ed è in quel momento che dobbiamo essere capaci di dire: "ci sono alternative"
e che possiamo essere pronti a proporlo quando il sistema si troverà realmente guasto.
Abbiamo queste due possibilità. Ed obbiamo arrivare a dimostrare che "un altro mondo è possibile",
seconda questa bella e giusta espressione del movimento altermondialista.
Già ci sono le brecce, già ci sono i semi, e se continuiamo a dargli forza
un giorno potrà superare l'altro sistema, non sostenibile né socialmente né ambientalmente.
In questo momento si sta rovinando la vita di moltissime persone,
e l'unica situazione dove trovi una speranza per affrontare tutto in maniera
molto più speranzosa è quando sei in contatto con gli altri.
E trovi la possibilità di creare un mondo molto diverso di quello che c'è oggi.
Io credo che i giovani devono inventarsi altre cose.
Non te ne resti depresso in camera guardando la TV.
Ci sarà da uscire e scommettere, sperimentare, rischiare.
Speriamo che la gente veda che c'è un altro modo di vivere, e che non deve per forza essere qui.
Che possono andare in altri posti, o cambiare piccole cose della loro vita,
per fare in modo che iniziamo a vivere in maniera più sostenibile,
che la vita che abbiamo fatto finora, sembra proprio che finirà entro poco.
O così dice chi studia queste cose.
Sembra che restiamo rinchiusi nelle nostre bolle, nei nostri problemi,
ed alla fine ci renderemo conto che dobbiamo rompere queste bolle e prendere le bolle di tutti.
Alla fine la strada c'è quando ci uniamo, quando siamo forti.
Io credo ci sia sempre più gente che prende coscienza e spero e desidero che sia attraverso
di un movimento pacifico, di disobbedienza civile, di resistenza.
Resistenza. Non sto parlando di non fare niente, sto parlando di agire.
Ed io ciò che ho visto fino ad ora è che la violenza viene sempre dall'altro lato.
Io sì che credo che può succedere. Non so se riuscirò a vederlo,
però almeno mentre vivo ho la felicità di sapere che sto facendo qualcosa
che, se non altro, ti procura un pò di dignità.
Vale di più vivere la vita così che stare chinato, con vergnogna, anche avendo le tasche piene di soldi.
Nel cammino ci liberiamo da vecchie convinzioni.
La nostra generazione è cresciuta credendo che non ci fossero alternative possibili a questo sistema.
Ci abituarono a vedere l'ingiustizia, la disuguaglianza, la distruzione,
come parte di un mondo impossibile da cambiare.
Le alternative esistono.
Costruire una nuova società giusta ed ugualitaria, dove la libertà ed il rispetto siano le basi,
è la sfida che ora ci si pone avanti.
Una sfida che dobbiamo affrontare per inventare nuovi cammini,
e cominciare così a guardare il futuro di nuovo con speranza.