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Sono perfettamente d'accordo con te.
In un certo senso è una questione di cultura della valutazione.
Se un'organizzazione è consapevole
che la performance non si raggiunge una volta e per sempre,
ma va costantemente perfezionata, allora la valutazione diventa necessaria.
Una cultura della valutazione comprenderà presumibilmente
il concetto di superamento della cosiddetta autovalutazione.
Mi riferisco alla scelta interna di un ufficio o un'istituzione
di sottoporre a valutazione le scelte passate e i criteri adottati
per arrivare a conclusioni che consentano un miglioramento.
E' un elemento essenziale.
La valutazione rientra nelle competenze gestionali.
La valutazione indipendente, però, è una cosa leggermente diversa.
E' una valutazione di tipo istituzionale.
Si prefigge di promuove l'uso continuo dell'autovalutazione
all'interno di un organo gestionale.
Non si tratta solo di promuovere l'uso dell'autovalutazione,
ma di promuovere un'autovalutazione obiettiva e onesta.
Questo è possibile solo se esiste un'unità di valutazione indipendente.
Se i programmi e i progetti vengono sottoposti solo a valutazione interna,
i risultati saranno immancabilmente positivi.
Se invece l'unità di valutazione è indipendente
e periodicamente controlla come realmente stanno le cose,
allora assistiamo a un rapido cambiamento.
Quanto sia rapido dipende dall'organizzazione.
Però c'è un cambiamento nella gestione.
La valutazione interna diventa più onesta e sincera.
Proprio perché noi abbiamo chiaro il concetto di valutazione indipendente,
la ownership delle nostre conclusioni e raccomandazioni assume un ruolo chiave.
E' un concetto su cui dobbiamo investire.
Se le raccomandazioni sono buone, se ne percepisce l'utilità.
Questo è positivo, rappresenta l'elemento fondante della ownership.
Nessuno rifiuta una cosa che ritiene utile in principio.
Bisogna, però, andare oltre.
Abbiamo parlato delle raccomandazioni come frutto di un processo.
Il punto non è solo arrivare alle raccomandazioni.
Bisogna essere in grado di comunicare che l'analisi è stata rigorosa,
che l'analisi è stata basata su determinati criteri e domande
sottoposti a un dibattito aperto.
Le conclusioni derivano da questo tipo di analisi.
Non ci limitiamo a sfornare conclusioni, ma sappiamo anche presentarle
all'interno di una trama interessante. Anche questo è essenziale.
Presentarsi a un partner con 100 conclusioni
può avere effetti devastanti, anche in termini di credibilità.
Può sembrare solo una critica fine a se stessa.
Quindi bisogna essere in grado di inserire le conclusioni
in una trama interessante e incisiva, che fornisca anche un quadro d'insieme.
Ritengo che questo sia il primo requisito essenziale
per suscitare un senso di ownership.
Poi le cose si complicano.
C'è un ciclo molto più complesso da gestire.
E' quello che un nostro caro amico definisce "horror satisfaction cycle".
Siamo realistici. Spesso la valutazione comporta solo delle critiche.
A nessuno piacciono le critiche,
soprattutto se derivano da un controllo sulle responsabilità.
In altre parole, ogni posizione implica una serie di responsabilità
il cui adempimento può risultare parziale in sede di valutazione.
"L'horror satisfaction cycle" è un concetto molto interessante.
E' stato anche oggetto di studi.
Descrive le reazioni degli stakeholder,
lo shock e lo sconcerto che provano davanti alla prima bozza del rapporto.
Si mettono sulla difensiva, iniziano a negare i fatti.
Protestano.
Reclamano.
Poi, gradualmente, nonostante lo shock iniziale sia stato molto forte,
uno dopo l'altro iniziano ad accettare le conclusioni della valutazione.
Poi iniziano a collaborare.
Infine, fanno proprie le conclusioni e le raccomandazioni
e si impegnano a implementarle.
E' un processo molto delicato e va gestito con grande attenzione.
Uno degli strumenti che usiamo a tal fine è la Core Learning Partnership.
Presentando agli stakeholder l'Approach Paper,
che contiene i risultati intermedi della valutazione,
cerchiamo di evitare brutte sorprese.
Se non ci confrontiamo con gli stakeholder
e poi gli presentiamo un rapporto molto critico con fare aggressivo,
resteranno scioccati.
Alcuni si abbatteranno,
ci odieranno e metteranno in discussione la nostra metodologia.
Proprio ieri ho avuto una discussione in un comitato di valutazione
perché eravamo stati molto duri con le Autorità di Gestione.
Il responsabile operativo è una persona molto particolare.
Ha contestato duramente la nostra metodologia e ho dovuto controbattere.
Gli ho detto che non aveva senso contestare la metodologia.
Era come andare dal medico e poi non fidarsi di lui.
Si può cambiare medico a volte, ma non si può fare sempre così.
Forse questa è una particolarità della nostra organizzazione. Grazie.