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L’ultimo comunista è il titolo, un titolo che evoca grandi titoli della letteratura,
ma che invece in questo caso è profondamente radicato nella politica, la politica del Partito
Comunista, quella che Giorgio Napolitano, a cui questa biografia è dedicata ha saputo
ricostruire e salvaguardare come uno stile, uno stile tutto politico.
Quello stile che in qualche modo il PCI di quelli anni, negli anni del dopoguerra, il
PCI Togliattiano ha saputo dare alla politica italiana, e cioè come fosse una specie di
scuola di alti studi politici, quella scuola che l’Italia non ha mai avuto, sul modello
delle grandi scuole francesi. Ecco, Napolitano in questo si è rappresentato
e ha rappresentato se stesso, fino al punto di diventare l’ultimo rappresentante di
quella scuola e lo si vede nel fare politica. Il sottotitolo infatti dice la presa del potere
di Giorgio Napolitano. Evoca grandi stagioni del potere centrale
dello Stato, ma si riferisce proprio a quel meccanismo che ha portato Napolitano, Presidente
della Repubblica, sempre proprio in quanto comunista, proprio perché quel sostantivo
è stato salvaguardato dall’aggettavo, lo ha portato a occupare, a surrogare, sostituirsi
agli spazi e ai vuoti che la crisi della politica della seconda Repubblica, mai attuata, in
una attesa di una terza che non arriverà probabilmente mai, l'aveva lasciato
E di fronte a questo, questo non è un giudizio diciamo così positivo politicamente, è un
giudizio storico, vuole essere un giudizio storico, il libro da questo punto di vista
è pieno di racconti, la ricerca è stata fatta non sono sugli archivi del PCI, ma anche
su quelli della polizia, Napolitano, come si sa dalla metà anni 50 era spiato, e allora
anche la polizia aveva una grande capacità di interpretazione politica e le relazioni
delle spie sono assolutamente di un livello storico culturale molto molto elevato e quindi
ci permettono di entrare in quella parte della Vita di Napolitano che lui stesso in qualche
modo non ha nascosto, ma ha semplicemente tenuto sottotono.
Napolitano quando racconta se stesso non racconta mai tutto, lo racconta a suo modo, aggiusta
un po’ la realtà, come penso abbia creduto giustamente di fare anche quando ha pensato
che questa grande alleanza tra l’ultimo comunista e la nuova Borghesia imprenditoriale
e mondiale potesse risolvere il problema, ma poi lo stesso Monti in qualche modo lo
ha tradito, nel momento in cui scendendo in politica ha tolto a quel modo di fare di Napolitano
quell’essere superpartes stando dentro le cose, ha tolto quella valenza e ha tolto forza
e la spinta propulsiva che lui era riuscito a dargli.
Quindi la storia va vista dalla fine e la fine ancora non la sappiamo, potrebbe anche
essere, ma è un azzardo, potrebbe anche essere che Napolitano non andrà subito via dal Quirinale,
non è proprio sicuro, lui dice di no, ma leggendo questo libro si scopre che tutte
le volte che Napolitano ha fatto forse le cose migliori e quelle su cui più massimamente
si è impegnato, sono state quelle che non voleva fare.
Napolitano un po’ assomiglia a quei personaggi del no della storia letteraria, che ne so,
come personaggio di Melville, ma è una storia troppo lunga.
Beh, in questo libro c’è scritta. Post scriptum: mi chiedo che cosa ne penserà
Vauro, sì, Vauro il vignettista, quel simpaticone, mi sta davvero simpatico, è bravissimo, satiro
Satireggiante che si considera lui l’ultimo comunista, sarà diventato penultimo?!