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LELE SAVERI - FOTOGRAFO, VIVE A NEW YORK E HA LAVORATO PER DIVERSE RIVISTE, TRA CUI VICE, NME, ROLLING STONE E KRUGER.
Mi chiamo Lele Saveri.
Sono nato a Roma, ma me ne sono andato quando avevo 20, 21 anni.
Se avessi potuto, sarei partito anche prima.
LELE SAVERI FOTOGRAFO
Non perché non stessi bene dove vivevo,
ma perché c'è così tanto da vedere per il mondo.
Non parlavo inglese, non conoscevo nessuno,
poi ho iniziato a lavorare in una pizzeria,
il che è imbarazzante.
Mi ricordo che facevo innervosire le ragazze
perché facevo commenti ad alta voce.
Ma sono di Roma, e quello è il modo in cui anche mio papà
e mio nonno si esprimono.
Quindi pensavo di dovermi esprimere anch'io così.
Poi mi sono messo con una ragazza inglese che studiava arte,
che mi ha convinto a fare qualcosa di più artistico.
Credo che essere italiano mi abbia aiutato nel mio lavoro
perché era facile per le persone parlarmi
e fidarsi di me se dovevo fare loro delle foto.
Dall'altra parte, facevo anche graffiti,
e penso mi sia servito per allenare i miei occhi e per imparare ad andare in giro
a fare foto senza farmi vedere.
Dopo essere stato a Londra per sette, otto anni, dei miei amici mi hanno chiesto
di venire a Milano, nella loro redazione, per diventare photo editor.
Ma quando mi sono trasferito a Milano non conoscevo quasi niente dell'Italia,
ero così lontano da tutto e non riuscivo a capire
cosa stesse succedendo.
Quindi ho pensato di dover trovare un modo facile per fare in modo che in Italia ci fossero più fotografi,
perché eravamo davvero in pochi.
Ho pensato che un buon modo fosse chiedere ai giovani fotografi di mandarmi i loro lavori,
che poi io avrei spinto, per aiutarli a emergere.
E così è iniziato tutto.
New York riceve molta attenzione,
ha addosso i riflettori di tutto il mondo.
C'è molta energia e davvero molte persone che vogliono contribuire alla scena artistica.
Quindi pensavo che andando a New York avrei potuto fare meglio
le mie cose.
Perché sarei stato ispirato da una nuova città e da una nuova scena.
Ora sto lavorando a un progetto che avevo in mente
da molto tempo.
Tutto è iniziato perché mi stavo interessando molto
ai ritratti.
Ho cominciato le mie ricerche in Sicilia e ho trovato qualcosa di molto interessante
che volevo documentare,
la Festa dei Giudei.
È sempre un piacere per me tornare in Italia.
Sto cercando di fare più cose che rappresentino il mio passato e le mie origini.
Siamo diretti verso San Fratello, un piccolo paese in Sicilia.
Sto andando là per scattare delle foto alla festa religiosa.
Non è un posto facile da raggiungere, i turisti sono pochissimi
quindi non sono abituati ai forestieri.
Vorrei usare la fotografia come modo
per conoscere le persone.
Provo a fare abituare le persone alla fotocamera e alla mia presenza.
Di solito è quello il momento in cui riesco a fare belle foto.
A volte ci vogliono dai 600 ai 700 scatti prima di iniziare a farne
di buoni.
Abbiamo incontrato Saro, è un bravo ragazzo.
Quanti anni hai?
19.
Vedi? Questi sono i diavoli.
Sì, proprio quelli che mi aspettavo.
Anche a casa vostra vi travestite per la festa?
Sì, i tre maschi. Mio fratello, mio padre e me.
Il tuo costume è recente?
L'ho fatto tre anni fa.
Dal modo in cui i più anziani lo prendevano in giro
perché è sempre al bar, e per come si comportava davanti alla fotocamera
potrei scommettere che lui è quello che conosce tutti,
dal più giovane al più vecchio.
Siamo stati molto fortunati a incontrarlo perché
ci ha fatto fare un tour completo del paese,
e ci ha raccontato molte cose della storia locale.
Penso sia molto contento di essere nato in questo paesino.
La sua intera famiglia viene da qui.
Dimmi, chi ha fatto il costume?
Mia madre.
È lei l'artefice.
Quanto ci è voluto per farlo?
Ci vuole tempo, due o tre mesi almeno.
Ognuno può crearsi il proprio disegno,
mio fratello, per esempio ha un cavallo.
Hai scelto tu questo disegno?
Sì, ognuno cerca di avere il proprio, che sia unico.
Oggi vorrei allestire un piccolo studio all'aperto,
fuori dalla casa di Saro.
Stiamo andando a incontrare Saro e i suoi amici.
Ti ha insegnato tuo padre a suonare?
È una cosa per cui devi essere portato.
Devi avere buon orecchio e ti deve piacere da quando sei piccolo.
Penso che suonare la tromba qui sia una cosa molto tipica.
Un'usanza trasmessa per generazioni.
Provano per circa due mesi, due mesi e mezzo
prima della vera festa.
Mi hanno mostrato un volto dell'Italia che non mi aspettavo.
Sono stato in piccoli paesini in Italia, ma ho sempre avuto la sensazione che chi nasce in questi paesini italiani,
come del resto nei paesini di tutto il mondo,
voglia andarsene il prima possibile.
Si sentono perseguitati dalle tradizioni e dalla loro eredità culturale.
Qui, invece, ho capito che esistono persone davvero orgogliose delle loro
piccole tradizioni, anche se controllano Facebook dall'iPa d.
Hanno un fortissimo orgoglio per il loro paesello.
È davvero molto piccolo.
E pensare che io ho lasciato Roma, una grande città,
pensando che fosse troppo piccola per me.
Dovevo andarmene per vedere cosa succedeva nel resto del mondo.
Roma non era abbastanza.
È un paragone molto interessante con la mia esperienza di vita.