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Molti ritengono che il giorno della memoria in Italia nasca come presa d'atto di un
vuoto di memoria e dunque rappresenti una "memoria ritrovata". Non ne sono convinto.
Il "giorno della memoria" nasce a fronte della crisi dell'Italia post-resistenziale
quando il 25 aprile perde forza e nel frattempo non ci sono date che celebrino il "noi"
(il 2 giugno continua ad essere una data "debole"). Non è l'unico problema. In questi dieci
anni l'Italia ha adottato altre leggi di memoria: il 10 febbraio (vittime delle foibe);
il 9 novembre (abbattimento del muro di Berlino); il 9 maggio (vittime del terrorismo); il 12
novembre (caduti militari e civili nelle missioni internazionali per la pace).
Nessuna di queste, eccetto il "giorno della memoria" che entra nel calendario scolastico,
costituisce un appuntamento pubblico collettivamente riconosciuto.
E non basta. Sono attualmente giacenti in parlamenti progetti di legge relativi a giornate
della memoria dedicate "alle vittime dell'odio politico", "alle vittime della mafia",
nei gulag sovietici", "alle vittime di tragedie causate dall'incuria dell'uomo e delle
calamità naturali", alle "vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall'incuria
dell'uomo", alle "vittime del dovere", alle "vittime del lavoro", "agli emigrati
italiani deceduti sul lavoro all'estero", "ai martiri per la libertà religiosa".
Non so se tutte queste proposte passeranno, o anche solo una parte. E' certo però che
il risultato è un elenco di memorie specifiche, di gruppo, volte a sottolineare il proprio
dolore che non consentono la costruzione di una calendario civico condiviso. La strada
da percorrere è ancora lunga. perché noi oggi, in Italia, ci riconosciamo come collettività
nazionale unita da un rito civile, fatto di ricorrenze che parlino a tutti e per tutti.