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La mia Dorabella capace non è;
fedel quanto bella il cielo la fe'.
La mia Fiordiligi tradirmi non sa;
uguale in lei credo costanza e beltà.
Ho i crini già grigi, ex cathedra parlo,
ma tali litigi finiscano qua.
No, detto ci avete che infide esser ponno,
provar ce 'l dovete se avete onestà.
- Tai prove lasciamo. - No, no, le vogliamo,
o fuori la spada,
o fuori la spada, rompiam l'amistà.
- O pazzo desire! - Sul vivo mi tocca
- Cercar di scoprire quel mal - chi lascia di bocca sortire
- che, trovato, meschini ci fa. - un accento che torto le fa.
Fuor la spada! Scegliete qual di noi più vi piace.
Io son uomo di pace
e duelli non fo se non a mensa.
O battervi, o dir subito
perché d'infedeltà le nostre amanti sospettate capaci.
Cara semplicità, quanto mi piaci!
Cessate di scherzar, o giuro al cielo...
Ed io giuro
alla terra.
Non scherzo, amici miei.
Solo saper vorrei
che razza d'animali son queste vostre belle,
se han come tutti noi carne, ossa e pelle,
se mangian come noi, se veston gonne,
alfin se Dee, se donne son.
Son donne,
ma son tali...
E in donne pretendete di trovar fedeltà?
Quanto mi piaci mai, semplicità!
È la fede delle femmine come l'araba fenice:
che vi sia ciascun lo dice,
dove sia
nessun lo sa.
- La fenice è Dorabella! - La fenice è Fiordiligi!
- Dorabella! - Fiordiligi!
Non è questa, non è quella,
non fu mai, non vi sarà.
Scioccherie di poeti!
Scempiaggini di vecchi!
Orbene, udite, ma senza andar in collera.
Qual prova avete voi, che ognor costanti vi sian le vostre amanti?
Chi vi fe' sicurtà che invariabili sono i lor cori?
Lunga esperienza.
Nobil educazion.
- Pensar sublime. - Analogia d'umor.
- Disinteresse. - lmmutabil carattere.
- Promesse! - Proteste! - Giuramenti!
Pianti, sospir, carezze, svenimenti.
Lasciatemi un po' ridere!
Cospetto! Finite di deriderci!
Pian piano.
E se toccar con mano oggi vi fo che come l'altre sono?
- Non si può dar! - Non è!
- Giochiam! - Giochiamo!
- Cento zecchini? - E mille, se volete.
- Parola? - Parolissima!
E un cenno, un motto, un gesto
giurate di non far di tutto questo alle vostre Penelopi?
Giuriamo.
- Da soldati d'onore? - Da soldati d'onore.
E tutto quel farete ch'io vi dirò di far?
- Tutto! - Tuttissimo!
Bravissimi!
Bravissimo, signor Don Alfonsetto!
A spese vostre or ci divertiremo.
E de' cento zecchini, che faremo?
Una bella serenata
far io voglio alla mia dea.
In onor di Citerea un convito io voglio far.
Sarò anch'io de' convitati?
Ci sarete, sì signor.
E che brindis replicati far vogliamo al Dio d'amor!
Ah, guarda, sorella...
se bocca più bella, se aspetto più nobile
si può ritrovar.
Osserva tu un poco,
osserva, che fuoco ha ne' sguardi,
se fiamma, se dardi non sembran scoccar.
Si vede un sembiante guerriero
ed amante.
Si vede una faccia che alletta
e minaccia.
- Felice son io! - lo sono felice!
Se questo mio core mai cangia desio,
amore...
mi faccia vivendo penar!
Mi par che stamattina volentieri farei la pazzerella.
Ho un certo fuoco, un certo pizzicor entro le vene.
Quando Guglielmo viene, se sapessi che burla gli vo' far!
Per dirti il vero, qualche cosa di nuovo anch'io nell'alma provo.
Io giurerei che lontane non siam dagli imenei.
Dammi la mano, io voglio astrologarti.
Che bell'Emme! E questo è un Pi!
Va bene: matrimonio presto.
- Affé, che ci avrei gusto! - Ed io non ci avrei rabbia!
Ma che diavol vuol dir che i nostri sposi ritardano a venir?
- Son già le sei. - Eccoli!
Non son essi, è Don Alfonso, l'amico lor.
Ben venga il signor Don Alfonso!
Riverisco!
Cos'è? Perché qui solo?
Voi piangete? Parlate, per pietà! Che cos'è nato?
- L'amante... - L'idol mio...
Barbaro fato!
Vorrei dir, e cor non ho.
Balbettando il labbro va.
Fuor la voce uscir non può, ma mi resta mezza qua.
Che farete? Che farò? Oh, che gran fatalità!
Dar di peggio non si può.
Ho di voi, di lor pietà!
Stelle! Per carità, signor Alfonso, non ci fate morir!
Convien armarvi, figlie mie, di costanza.
O Dei! Qual male è addivenuto mai, qual caso rio?
Forse è morto il mio bene?
È morto il mio?
Morti non son, ma poco men che morti.
- Feriti? - No. - Ammalati? - Neppur.
Che cosa, dunque?
Al marzial campo ordin regio li chiama.
Ohimè, che sento!
- E partiran? - Sul fatto.
- E non v'è modo d'impedirlo? - Non v'è.
Né un solo addio?
Gl'infelici non hanno coraggio di vedervi.
Ma se voi lo bramate, son pronti.
Dove son?
Amici,
entrate!
Sento, oh Dio,
che questo piede
è restio nel girle avante.
Il mio labbro
palpitante
non può detto pronunziar.
Nei momenti più terribili
sua virtù l'eroe palesa.
Or che abbiam la nuova intesa,
a voi resta a fare il meno.
Fate core,
a entrambe in seno immergeteci l'acciar.
ldol mio,
la sorte incolpa
se ti deggio abbandonar.
Ah, no, no, non partirai!
No, crudel, non te n'andrai!
Voglio pria cavarmi il core!
Pria ti vo' morire ai piedi!
Cosa dici?
Te n'avvedi?
Saldo, amico: finem lauda!
Il destin così defrauda
le speranze de' mortali.
Ah, chi mai fra tanti mali,
chi mai può la vita amar?
Chi mai può la vita amar?
Ah, no, no, non partirai!
No, crudel, non te n'andrai!
Voglio pria cavarmi il core!
Pria ti vo' morire ai piedi!
Cosa dici?
Te n'avvedi?
Saldo, amico: finem lauda!
Il destin così defrauda
le speranze de' mortali.
Ah, chi mai fra tanti mali,
chi mai può la vita amar?
Chi mai può la vita amar?
O cielo!
Questo è il tamburo funesto
che a divider mi vien dal mio tesoro.
Ecco, amici, la barca.
Io manco!
Io moro!
Bella vita militar!
Ogni dì si cangia loco,
oggi molto, doman poco,
ora in terra ed or sul mar.
Il fragor di trombe e pifferi,
lo sparar di schioppi e bombe
forza accresce al braccio e all'anima, vaga sol di trionfar.
Bella vita militar!
Non v'è più tempo, amici.
Andar conviene ove il destino, anzi il dover v'invita.
- Mio cor! - ldolo mio!
- Mio ben! - Mia vita!
Ah, per un sol momento...
Del vostro reggimento già è partita la barca.
Raggiungerla convien coi pochi amici
che su legno più lieve attendendo vi stanno.
Abbracciami, idol mio!
Muoio d'affanno!
Di scrivermi ogni giorno...
Due volte ancora...
- Non dubitar, mio bene! - Sii certa, o cara!
- ...giurami, vita mia. - ...tu scrivimi, se puoi.
Io crepo se non rido!
Sii costante a me sol!
Serbati fido!
Addio!
Addio!
Addio!
Mi si divide il cor,
bell'idol mio!
Io crepo se non rido!
Addio!
Bella vita militar!
Ogni dì si cangia loco,
oggi molto, doman poco,
ora in terra ed or sul mar.
Il fragor di trombe e pifferi,
lo sparar di schioppi e bombe
forza accresce al braccio e all'anima, vaga sol di trionfar.
Bella vita militar!
Dove son?
Son partiti.
O dipartenza crudelissima, amara!
Fate core, carissime figliuole.
Guardate, da lontano vi fan cenno con mano i cari sposi.
Buon viaggio, mia vita!
Buon viaggio!
O Dei! Come veloce se ne va quella barca!
Già sparisce!
Già non si vede più!
Deh, faccia il cielo ch'abbia prospero corso!
Faccia che al campo giunga con fortunati auspici!
E a voi salvi gli amanti,
e a me gli amici.
Soave sia il vento,
tranquilla sia l'onda,
ed ogni elemento
benigno risponda
ai nostri desir.
Non son cattivo comico!
Va bene: al concertato loco
i due campioni di Ciprigna e di Marte mi staranno attendendo.
Or senza indugio raggiungerli conviene.
Quante smorfie, quante buffonerie!
Tanto meglio per me: cadran più facilmente.
Questa razza di gente è la più presta a cangiarsi d'umore.
Oh poverini! Per femmina giocar cento zecchini!
“Nel mare solca e nell'arena semina”
“e il vago vento spera in rete accogliere”
“chi fonda sue speranze”
“in cor di femmina.”
Che vita maledetta è il far la cameriera!
Dal mattino alla sera si fa, si suda, si lavora,
e poi di tanto che si fa nulla è per noi.
È mezz'ora che sbatto; il cioccolatte è fatto,
ed a me tocca restar ad odorarlo a secca bocca?
Non è forse la mia come la vostra, o garbate signore,
che a voi dessi l'essenza, e a me l'odore?
Per Bacco, vo' assaggiarlo.
Com'è buono!
Vien gente! O ciel, son le padrone!
Madame, ecco la vostra colazione.
Diamine, cosa fate?
Che cosa è nato?
Ov'è un acciaro? Un veleno dov'è?
Padrone,
dico...
Ah, scostati!
Paventa il tristo effetto d'un disperato affetto!
Chiudi quelle finestre!
Odio la luce, odio l'aria che spiro,
odio me stessa.
Chi schernisce il mio duol?
Chi mi consola?
Deh, fuggi, per pietà!
Fuggi!
Fuggi per pietà!
Lasciami sola!
Smanie implacabili che m'agitate,
dentro quest'anima più non cessate
finché l'angoscia mi fa morir.
Esempio misero
d'amor funesto
darò all'Eumenidi, se viva resto,
col suono orribile de' miei sospir!
Signora Dorabella,
signora Fiordiligi,
ditemi, che cosa è stato?
Oh, terribil disgrazia!
Sbrigatevi, in buon'ora!
Da Napoli partiti sono gli amanti nostri.
Non c'è altro? Ritorneran.
Chi sa!
Come, chi sa? Dove son iti?
Al campo di battaglia!
Tanto meglio per loro: li vedrete tornar carchi d'alloro.
Ma ponno anche perir!
Allora, poi, tanto meglio per voi.
- Sciocca, che dici? - La pura verità:
due ne perdete, vi restan tutti gli altri.
Ah, perdendo Guglielmo, mi pare ch'io morrei!
Ah, Ferrando perdendo,
mi par che viva a seppellirmi andrei!
Brave!
Vi par, ma non è ver.
Finora non vi fu donna che d'amor sia morta.
Per un uomo morir!
Altri ve n'hanno che compensano il danno.
E credi che potria altr'uom amar chi s'ebbe per amante
un Guglielmo,
un Ferrando?
Han gli altri ancora tutto quello che han essi.
Un uomo adesso amate, un altro n'amerete.
Uno val l'altro, perché nessun val nulla.
Ma non parliam di ciò.
Sono ancor vivi, e vivi torneran.
Ma son lontani,
e piuttosto che in vani pianti perdere il tempo,
pensate a divertirvi.
Divertirci?
Sicuro! E, quel ch'è meglio, far all'amor come assassine,
e come faranno al campo i vostri cari amanti.
Non offender così quelle alme belle,
di fedeltà, d'intatto amore esempi.
Via, via! Passaro i tempi da spacciar queste favole ai bambini!
In uomini, in soldati...
sperare fedeltà?
In uomini sperare fedeltà?
In soldati sperare fedeltà?
Non vi fate sentir, per carità!
Di pasta simile son tutti quanti.
Le fronde mobili, l'aure incostanti
han più degli uomini stabilità.
Mentite lagrime,
fallaci sguardi,
voci ingannevoli, vezzi bugiardi
son le primarie lor qualità.
In noi non amano che il lor diletto,
poi ci dispregiano, neganci affetto,
né val da' barbari chieder pietà.
Paghiam, o femmine, d'ugual moneta
questa malefica razza indiscreta.
Amiam per comodo, per vanità!
Che silenzio!
Che aspetto di tristezza spirano queste stanze!
Poverette! Non han già tutto il torto:
bisogna consolarle.
Temo un po' per Despina.
Quella furba potrebbe riconoscervi,
potrebbe rovesciarmi le macchine.
Vedremo...
Despinetta!
Chi batte?
Despina mia, di te bisogno avrei.
- Ed io niente di lei. - Ti vo' fare del ben.
A una fanciulla un vecchio come lei non può far nulla.
Parla piano ed osserva.
- Me la dona? - Sì, se meco sei buona.
E che vorrebbe? È l'oro il mio giulebbe.
Ed oro avrai, ma ci vuol fedeltà.
Non c'è altro?
- Son qua. - Prendi,
ed ascolta.
Sai che le tue padrone han perduto gli amanti?
Lo so. So tutto.
Orben, se mai per consolarle un poco
e trar, come diciam, chiodo per chiodo,
tu ritrovassi il modo da metter in lor grazia
due soggetti di garbo, che vorrieno provar...
Già mi capisci...
C'è una mancia per te di venti scudi, se li fai riuscir.
Non mi dispiace questa proposizione.
Ma con quelle buffone...
Basta, udite: Son giovani? Son belli?
E, sopra tutto, hanno una buona borsa i vostri concorrenti?
Han tutto quello che piacer può alle donne di giudizio.
Li vuoi veder?
E dove son?
Son lì. Li posso far entrar?
Direi di sì.
Alla bella Despinetta
vi presento, amici miei.
Non dipende che da lei consolare il vostro cor.
Per la man
che lieto io bacio,
per quei rai di grazia pieni,
fa' che volga a me sereni
i begli occhi il mio tesor.
Che sembianze! Che vestiti!
Che figure! Che mustacchi!
Io non so se son Vallacchi o se Turchi son costor.
Che ti par di quell'aspetto?
Per parlarvi schietto schietto,
hanno un muso fuor dell'uso,
vero antidoto d'amor.
Or la cosa è appien decisa:
se costei non ci ravvisa
non c'è più nessun timor.
Ehi, Despina! Olà, Despina!
- Le padrone! - Ecco l'istante!
Fa' con arte; io qui m'ascondo.
Ragazzaccia tracotante!
Che fai lì con simil gente?
Falli uscire immantinente
o ti fo pentir con lor.
Ah, madame, perdonate!
Al bel piè languir mirate
due meschin di vostro merto
spasimanti adorator.
Giusti Numi! Cosa sento?
Dell'enorme tradimento chi fu mai l'indegno autor?
- Deh, calmate - Chi?
- quello sdegno! - Chi fu mai l'indegno autor?
Deh, calmate quello sdegno!
Ah, che più non ho ritegno! Tutta piena ho l'alma in petto
di dispetto e di terror!
- Mi dà un poco di sospetto - Qual diletto è a questo petto
- quella rabbia e quel furor! - quella rabbia e quel furor!
Ah, perdon, mio bel diletto!
lnnocente è questo cor.
Tutta piena ho l'alma in petto di dispetto e di terror!
Che sussurro! Che strepito! Che scompiglio è mai questo!
Siete pazze, care le mie ragazze?
Volete sollevare il vicinato?
Cos'avete? Ch'è nato?
Oh, ciel! Mirate:
uomini in casa nostra!
Che male c'è?
Che male?
In questo giorno! Dopo il caso funesto!
Stelle! Sogno o son desto?
Amici miei, miei dolcissimi amici!
Voi qui? Come?
Perché? Quando?
In qual modo?
Numi! Quanto ne godo!
Secondatemi.
Amico Don Alfonso!
Amico caro!
Oh, bella improvvisata!
- Li conoscete voi? - Se li conosco!
Questi sono i più dolci amici ch'io m'abbia in questo mondo,
e vostri ancor saranno.
E in casa mia che fanno?
Ai vostri piedi
due rei, due delinquenti,
ecco, madame!
- Amor... - Numi, che sento!
Amor, il Nume sì possente, per voi qui ci conduce.
Vista appena la luce di vostre fulgidissime pupille,
- che alle vive faville, - farfallette amorose agonizzanti,
- vi voliamo davanti - ed ai lati ed a retro
per implorar pietade
in flebil metro!
Stelle! Che ardir!
Sorella, che facciamo?
Temerari! Sortite fuori da questo loco!
E non profani l'alito infausto degli infami detti
nostro cor, nostro orecchio e nostri affetti!
lnvan per voi, per gli altri invan
si cerca le nostr'alme sedur.
L'intatta fede
che per noi già si diede
ai cari amanti
saprem loro serbar
infino a morte,
a dispetto del mondo
e della sorte.
Come scoglio
immoto resta
contro i venti
e la tempesta,
così ognor quest'alma è forte
nella fede e nell'amor.
Con noi nacque quella face
che ci piace e ci consola,
e potrà la morte sola
far che cangi affetto il cor.
Come scoglio
immoto resta
contro i venti
e la tempesta,
così ognor quest'alma è forte
nella fede e nell'amor.
Rispettate, anime ingrate,
questo esempio di costanza,
e una barbara speranza non vi renda audaci ancor!
Per carità, ragazze, non mi fate più far trista figura!
- E che pretendereste? - Eh, nulla!
Ma mi pare che un pochin di dolcezza...
Alfin son galantuomini e sono amici miei.
Come! E udir dovrei...
Le nostre pene e sentirne pietà!
La celeste beltà degli occhi vostri la piaga aprì nei nostri
cui rimediar può solo il balsamo d'amore.
Un solo istante il core aprite, o belle, a sue dolci facelle,
o a voi davanti spirar vedrete
i più fedeli amanti.
Non siate ritrosi, occhietti vezzosi:
due lampi amorosi vibrate un po' qua.
Felici rendeteci,
amate con noi,
e noi felicissime faremo anche voi.
Guardate, toccate, il tutto osservate:
siam due cari matti, siam forti e ben fatti,
e come ognun vede, sia merto, sia caso,
abbiamo bel piede, bell'occhio, bel naso.
Guardate, bel piede,
osservate, bell'occhio,
toccate, bel naso,
il tutto osservate.
E questi mustacchi chiamare si possono
trionfi degli uomini,
pennacchi d'amor.
Trionfi, pennacchi, mustacchi...
- E voi ridete? - Certo, ridiamo.
- Ma cosa avete? - Già lo sappiamo.
- Ridete piano! - Parlate invano!
Se vi sentissero, se vi scoprissero, si guasterebbe tutto l'affar.
- Ah, che dal ridere l'alma dividere... - Mi fa da ridere questo lor ridere,
ma so che in piangere dee terminar.
...ah, che le viscere sento scoppiar!
Si può sapere un poco la cagion di quel riso?
Eh, cospettaccio!
Non vi pare che abbiam giusta ragione, il mio caro padrone?
Quanto pagar volete, e a monte è la scommessa?
Pagate la metà.
Pagate solo ventiquattro zecchini!
Poveri innocentini!
Venite qua, vi voglio porre il ditino in bocca!
E avete ancora coraggio di fiatar?
- Avanti sera ci parlerem. - Quando volete.
lntanto, silenzio ed ubbidienza fino a doman mattina.
Siamo soldati ed amiam la disciplina.
Orbene, andate un poco ad attendermi entrambi in giardinetto.
Colà vi manderò gli ordini miei.
- Ed oggi non si mangia? - Cosa serve?
A battaglia finita fia la cena per noi più saporita.
Un'aura amorosa del nostro tesoro
un dolce ristoro al cor porgerà.
Al cor che, nudrito da speme d'amore,
d'un'esca migliore bisogno non ha.
Un'aura amorosa del nostro tesoro
un dolce ristoro al cor porgerà.
Ah, che tutta in un momento
si cangiò la sorte mia!
Ah, che un mar pien di tormento
è la vita omai per me!
Finché meco il caro bene
mi lasciar le ingrate stelle,
non sapea cos'eran pene,
non sapea languir cos'è.
Ah, che tutta in un momento
si cangiò la sorte mia!
Ah, che un mar pien di tormento
è la vita omai per me!
Si mora, sì, si mora onde appagar le ingrate!
C'è una speranza ancora; non fate, o Dei, non fate!
Stelle, che grida orribili!
- Lasciatemi! - Aspettate!
L'arsenico mi liberi di tanta crudeltà!
Stelle! Un velen fu quello?
Veleno buono e bello che ad essi in pochi istanti la vita toglierà!
Il tragico spettacolo gelare il cor mi fa.
Barbare, avvicinatevi.
D'un disperato affetto mirate il tristo effetto
e abbiate almen pietà.
Il tragico spettacolo gelare il cor mi fa.
Ah, che del sole il raggio
fosco per me diventa!
Tremo, le fibre e l'anima
par che mancar si senta,
né può la lingua o il labbro
accenti articolar!
Già che a morir vicini sono quei meschinelli,
pietade almeno a quelli cercate di mostrar.
Gente, accorrete, gente!
Nessuno, o Dio, ci sente!
Despina! Despina!
- Chi mi chiama? - Despina! Despina!
Cosa vedo!
Morti i meschini io credo, o prossimi a spirar!
Ah, che purtroppo è vero!
Furenti, disperati, si sono avvelenati.
Oh, amore singolar!
Abbandonar i miseri saria per voi vergogna:
soccorrerli bisogna.
- Cosa possiam mai far? - Soccorrerli bisogna.
Di vita ancor dan segno.
Colle pietose mani fate un po' lor sostegno.
E voi con me correte: un medico, un antidoto voliamo a ricercar.
- Dei, che cimento è questo! - Più bella commediola
- Dei, che cimento è questo! - non si potea trovar!
Evento più funesto non si potea trovar!
Sospiran gl'infelici!
Che facciamo?
Tu che dici?
In momenti sì dolenti, chi potriali abbandonar?
Che figure interessanti!
Possiam farci un poco avanti.
Ha freddissima la testa.
Fredda fredda è ancora questa.
- Ed il polso? - Io non gliel' sento.
Questo batte lento lento.
Ah, se tarda ancor l'aita,
speme più non v'è di vita!
Più domestiche e trattabili sono entrambe diventate.
- Poverini! Poverini! - Sta' a veder
che lor pietade va in amore a terminar.
La lor morte mi farebbe lagrimar.
Eccovi il medico, signore belle!
Despina in maschera! Che trista pelle!
Salvete, amabiles bones puelles!
Parla un linguaggio che non sappiamo.
Come comandano, dunque, parliamo.
So il greco e l'arabo, so il turco e il vandalo,
lo svevo e il tartaro so ancor parlar.
Tanti linguaggi per sé conservi.
Quei miserabili per ora osservi.
Preso hanno il tossico; che si può far?
Signor dottore, che si può far?
Saper bisognami pria la cagione,
e quinci l'indole della pozione:
se calda o frigida, se poca o molta,
se in una volta ovvero in più.
Preso han l'arsenico, signor dottore.
Qui dentro il bevvero, la causa è amore,
ed in un sorso se 'l mandar giù.
Non vi affannate, non vi turbate.
Ecco una prova di mia virtù.
Egli ha di un ferro la man fornita.
Questo è quel pezzo di calamita, pietra mesmerica,
ch'ebbe l'origine nell'Alemagna,
che poi sì celebre là in Francia fu.
Come si muovono, torcono, scuotono!
In terra il cranio presto percuotono.
Ah, lor la fronte tenete su.
Eccoci pronte!
Tenete forte!
Forte, forte! Coraggio!
Or liberi siete da morte.
Attorno guardano, forze riprendono.
Ah, questo medico vale un Perù!
Dove son?
Che loco è questo?
Chi è colui? Color chi sono?
Son di Giove innanzi al trono?
Sei tu Palla
o Citerea?
No, tu sei l'alma mia dea!
Ti ravviso al dolce viso
e alla man ch'or ben conosco
e che sola è il mio tesor.
Son effetti ancor del tosco; non abbiate alcun timor.
Sarà ver, ma tante smorfie
fanno torto al nostro onor.
Per pietà, bell'idol mio!
Più resister non poss'io!
Volgi a me le luci liete!
Son effetti ancor del tosco!
Dammi un bacio, o mio tesoro,
un sol bacio, o qui mi moro!
Stelle!
Un bacio?
Secondate per effetto di bontate.
Ah, che troppo si richiede da una fida, onesta amante!
Oltraggiata è la mia fede, oltraggiato è questo cor!
Un quadretto più giocondo non s'è visto in questo mondo,
ma non so se finta o vera sia quell'ira e quel furor.
Disperati, attossicati, ite al diavol quanti siete!
Tardi inver vi pentirete
se più cresce il mio furor!
Un quadretto più giocondo non s'è visto in questo mondo,
ma non so se finta o vera sia quell'ira e quel furor.
Dammi un bacio, o mio tesoro,
un sol bacio, o qui mi moro!
- Un sol bacio! - Stelle!
Un bacio?
Secondate per effetto di bontate.
Ch'io ben so che tanto foco cangerassi in quel d'amor.
Né vorrei che tanto foco terminasse in quel d'amor.