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L'Assemblea udirà adesso una dichiarazione
di Sua Eccellenza Benjamin Netanyahu,
Primo Ministro dello stato di Israele.
E' mio grande piacere dare il benvenuto a Sua Eccellenza Benjamin Netanyahu,
Primo Ministro dello stato di Israele.
Grazie. Grazie.
Lo invito a rivolgersi all'Assemblea Generale.
Grazie, Sig. Presidente.
Signore e signori,
Israele ha teso la sua mano in segno di pace
dal momento in cui lo stato è stato fondato, 63 anni fa.
A nome di Israele e del popolo ebraico,
io oggi tendo nuovamente quella mano.
La tendo alle popolazioni egiziana e giordana,
con rinnovata amicizia nei confronti dei vicini con i quali abbiamo fatto pace.
La tendo alla popolazione turca,
con rispetto e buona volontà.
La tendo alle popolazioni di Libia e Tunisia,
provando ammirazione per coloro
che tentano di costruire un futuro democratico.
La tendo alle altre popolazioni del Nordafrica,
e della Penisola Arabica,
con le quali vogliamo forgiare un nuovo inizio.
La tendo alle popolazioni di Siria, Libano e Iran,
con ammirazione per il coraggio di coloro che combattono una brutale repressione.
Ma più di tutto,
tendo la mia mano al popolo palestinese,
con il quale cerchiamo una pace giusta e duratura.
Signore e signori,
in Israele la speranza di pace non declina mai.
I nostri scienziati, dottori e inventori
utilizzano la loro genialità per migliorare il mondo di domani.
I nostri artisti, i nostri scrittori, arricchiscono il patrimonio dell'umanità.
Adesso,
so che questa non è esattamente l'immagine di Israele
che è sovente raffigurata in questa aula.
Dopo tutto, fu qui che, nel 1975,
l'antico desiderio del mio popolo
di restaurare la vita nazionale nella nostra antica patria biblica...
fu allora che questo fu stigmatizzato, vergognosamente, come razzismo.
E fu qui, nel 1980,
proprio qui,
che lo storico accordo di pace tra Israele e Egitto
non fu elogiato;
fu biasimato!
Ed è qui, anno dopo anno,
che Israele viene ingiustamente isolata e condannata.
E'isolata e condannata
più spesso di tutte le nazioni del mondo messe insieme.
21, delle 27 Risoluzioni dell'Assemblea Generale,
condannano Israele - l'unica vera democrazia del Medio Oriente.
Questo è un aspetto sgradevole dell'istituzione delle Nazioni Unite.
E' il teatro dell'assurdo.
Non etichetta solamente Israele come la canaglia;
ma assegna spesso a vere canaglie ruoli di primo piano:
la Libia di Gheddafi ha presieduto
la Commissione sui Diritti Umani delle Nazioni Unite;
l'Iraq di Saddam ha presieduto
la Commissione delle Nazioni Unite sul Disarmo.
Potreste dire: questo è il passato.
Questo è ciò che sta succedendo oggi - proprio adesso, oggi,
il Libano controllato da Hezbollah adesso presiede
al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Ciò significa, ai fatti, che un'organizzazione terroristica
presiede al corpo al quale è affidato
il compito di garantire la sicurezza mondiale.
Tal cosa non potrebbe essere nemmeno inventata.
Così qui alle Nazioni Unite,
le maggioranze possono decidere qualsiasi cosa.
Possono decidere che il sole tramonta o sorge in Occidente.
Penso che la prima cosa sia già stata pre-ordinata.
Ma possono anche decidere - hanno deciso,
che il Muro del Pianto a Gerusalemme, il luogo più sacro all'ebraismo,
è territorio palestinese occupato.
Ma talvolta anche qui all'Assemblea Generale,
la verità può farsi strada.
Nel 1984,
quando fui nominato ambasciatore di Israele alle Nazioni Unite,
mi recai in visita al rabbino di Lubavich.
Mi disse,
e signori e signore, non voglio che alcuno di voi si senta offeso
perchè per la mia esperienza personale di servizio qui,
so che ci sono molti uomini e donne onorevoli,
molte persone capaci e rispettabili,
che qui prestano servizio per le loro nazioni,
e questo è ciò che mi dise il rebbe..
Mi disse, “Presterai servizio in una casa di molte bugie".
E poi aggiunse, “Ricordati che anche nel luogo più oscuro,
“la luce di una singola candela può essere vista bene e da lontano".
Oggi spero che la luce della verità possa brillare,
anche se solo per pochi minuti,
in una'aula che per troppo tempo è stata un luogo oscuro per il mio paese.
Come Primo Ministro di Israele,
non sono venuto qui per conquistare degli applausi.
Sono venuto qui per parlare della verità.
E la verità è...
la verità è che Israele vuole la pace.
La verità è che io desidero la pace.
La verità è che in Medio Oriente in ogni momento,
ma in particolar modo durante questi giorni turbolenti,
la pace deve essere ancorata alla sicurezza.
La verità è che non possiamo ottenere
la pace attraverso le Risoluzioni delle Nazioni Unite,
ma solamente attraverso negoziati diretti fra le parti.
La verità è che fino ad ora
i palestinesi si sono rifiutati di negoziare.
La verità è che Israele vuole la pace con uno stato palestinese,
ma i palestinesi vogliono uno stato senza la pace.
E la verità è che non dovreste permettere che ciò accada.
Signore e signori la prima volta che sono venuto qui 27 anni fa,
il mondo era diviso tra Oriente e Occidente.
Da allora, si è conclusa la Guerra Fredda,
grandi civiltà sono sorte dopo secoli di quiescenza,
centinaia di milioni di persone sono state sollevate dalla povertà,
e innumerevoli altre sono pronte a seguire,
e la cosa notevole e che fino ad adesso questo monumentale cambiamento storico
è in gran parte avvenuto pacificamente.
Ma nonostante ciò c'è una malignità che si sta sviluppando tra Oriente e Occidente
che minaccia la pace di tutti.
Cerca non di portare liberazione, ma schiavitù,
non di costruire, ma di distruggere.
Quella malignità è l'Islam militante.
Si adorna del mantello della pura fede,
ma in realtà assassina ebrei, cristiani e musulmani
con un'imparzialità che non perdona.
L'11 Settembre ha ucciso migliaia di americani,
e ha lasciato le torri gemelle in rovine fumanti.
La scorsa notte ho deposto una corona sul memoriale dell'11 Settembre.
E' stato estremamente commovente.
Ma mentre mi recavo lì, una cosa mi risuonava nella mente:
le vergognose parole del presidente iraniano dette ieri dal suo pulpito.
Ha suggerito che l'11 Settembre sia stato una cospirazione tutta americana.
Alcuni di voi hanno lasciato questa aula.
Tutti voi avreste dovuto farlo.
A partire dall'11 Settembre,
islamisti militanti hanno assassinato innumerevoli altri innocenti
a Londra e a Madrid, a Baghdad e Mumbai,
a Tel Aviv e Gerusalemme, in ogni parte di Israele.
Credo che il maggior pericolo che il nostro mondo deve affrontare
sia quello che il fanatismo si armi con armi nucleari.
E questo è precisamente ciò che l'Iran sta tentando di fare.
Potete immaginare quell'uomo che declamava qui ieri
potete immaginarlo armato di armi nucleari?
La comunità internazionale deve fermare l'Iran prima che sia troppo tardi.
Se l'Iran non viene fermato,
tutti dovremmo affrontare lo spettro del terrorismo nucleare,
e la Primavera Araba potrebbe presto divenire un Inverno Iraniano.
Questa sarebbe una tragedia.
Milioni di arabi si sono riversati per le strade,
per sostituire la tirannia con la libertà,
e nessuno ne ricaverebbe maggior beneficio di Israele
se coloro che si impegnano per la pace
e per la libertà dovessero avere la meglio.
Questa è la mia fervida speranza.
Ma come Primo Ministro dello Stato di Israele,
non posso rischiare il futuro dello stato ebraico per un mero desiderio.
I leader devono vedere la realtà per quello che è,
non per quello che dovrebbe essere.
Dobbiamo fare del nostro meglio per determinare il futuro,
ma non possiamo allontanare con la speranza i pericoli del presente.
E il mondo intorno a Israele
sta decisamente diventando più pericoloso.
L'Islam militante ha già preso possesso di Libano e Gaza.
E' determinato a distruggere
i trattati di pace tra Israele e Egitto
e tra Israele e la Giordania.
Ha avvelenato le menti di molti arabi mettendole contro gli ebrei e Israele
contro l'America e l'Occidente.
Non si oppone alle politiche di Israele ma all'esistenza di Israele.
Alcuni sostengono che la diffusione dell'Islam militante,
specialmente in questi tempi turbolenti -
se volete rallentarla, essi sostengono,
Israele deve affrettarsi a fare concessioni,
a fare compromessi territoriali.
E questa teoria suona semplice.
Praticamente propone questo:
lasciate il territorio, è la pace verrà portata avanti.
I moderati saranno rafforzati, i radicali saranno tenuti a freno.
E non preoccupatevi dei dettagli noiosi
del come Israele si difenderà;
se ne occuperanno le truppe internazionali.
Queste persone mi dicono costantemente:
“Fai un'offerta radicale e tutto si sistemerà".
Ma sapete, c'è solo un problema con questa teoria.
Abbiamo provato ma non ha funzionato.
Nel 2000 Israele ha fatto un'offerta di pace radicale
che incontrava virtualmente tutte le richieste dei palestinesi.
Arafat l'ha rifiutata.
I palestinesi hanno poi scatenato un attacco terroristico
che è costato la vita a un migliaio di israeliani.
Il Primo Ministro Olmert,
in seguito, fece un'offerta ancora più considerevole, nel 2008.
Il Presidente Abbas non ha nemmeno risposto.
Ma Israele ha fatto ben più di offrire proposte radicali.
Abbiamo di fatto lasciato parte del territorio.
Ci siamo ritirati dal Libano nel 2000
e da ogni centimetro quadrato di Gaza nel 2005.
Ma ciò non ha quietato la tempesta islamica,
la tempesta islamica militante che ci minaccia.
Ha solo avvicinato la tempesta e l'ha rinforzata.
Hezbollah e Hamas hanno lanciato centinaia di razzi
contro le nostre città
da quegli stessi territori dai quali ci siamo ritirati.
Vedete, quando Israele ha lasciato il Libano e Gaza,
i moderati non hanno sconfitto i radicali,
i moderati sono stati divorati dai radicali.
E mi addolora ammettere che le truppe internazionali
come l'UNIFIL in Libano e l'EUBAM a Gaza
non hanno impedito ai radicali di attaccare Israele.
Abbiamo lasciato Gaza sperando nella pace.
Non abbiamo congelato gli insediamenti a Gaza, li abbiamo sradicati.
Abbiamo fatto esattamente quello che la teoria dice:
andatevene, tornate ai confini del 1967, smantellate gli insediamenti.
E non penso che le persone ricordino
quanto in là ci siamo spinti per ottenere ciò.
Abbiamo sradicato migliaia di persone dalle loro case.
Abbiamo strappato i bambini alle loro scuole e agli asili.
Abbiamo abbattuto sinagoghe.
Abbiamo persino spostato i nostri cari dalle loro tombe.
E quindi, dopo aver fatto tutto ciò,
abbiamo dato le chiavi di Gaza al Presidente Abbas.
La teoria sostiene che adesso tutto dovrebbe funzionare,
e che il Presidente Abbas e l'Autorità Palestinese
adesso potrebbero costruire uno stato pacifico a Gaza.
Potete ricordare che il mondo intero applaudì.
Applaudì il nostro ritiro come un grande atto di abilità politica.
E' stato un chiaro atto di pace.
Ma, signore e signori, non abbiamo ottenuto la pace.
Abbiamo ottenuto la guerra.
Abbiamo ottenuto l'Iran, che tramite il suo procuratore, Hamas,
ha rapidamente cacciato l'Autorità Palestinese.
L'Autorità Palestinese è collassata in un giorno.
In un solo giorno.
Il Presidente Abbas ha solamente detto dal suo pulpito
che i palestinesi sono armati solo delle loro speranze e dei loro sogni.
Certo, speranze, sogni,
e 10,000 missili e razzi Grad forniti dall'Iran,
per non parlare poi del fiume di armi letali
che scorre verso Gaza passando per il Sinai, per la Libia e altrove.
Migliaia di missili sono già state fatte piovere sulle nostre città.
Così potete capire che, detto tutto ciò,
gli israeliani giustamente si chiedono:
Cosa impedisce che tutto ciò accada anche in Cisgiordania?
Vedete, la maggior parte delle nostre città più grandi nel sud del paese
si trovano a qualche dozzina di chilometri da Gaza.
Ma nel centro del paese, davanti alla Cisgiordania,
le nostre città si trovano a qualche centinaio di metri,
o al più a qualche chilometro
di distanza dal confine con la Cisgiordania.
Dunque vi chiedo.
Qualcuno di voi...
qualcuno di voi esporrebbe a un rischio così vicino le proprie città,
le proprie famiglie?
Vi comportereste in modo così sconsiderato
nei confronti delle vite dei vostri cittadini?
Israele è pronta ad accogliere uno stato palestinese in Cisgiordania,
ma non siamo pronti ad avere lì un'altra Gaza.
E questo è il motivo per cui abbiamo
necessità di disposizioni di sicurezza reali,
che i palestinesi semplicemente rifiutano di negoziare con noi.
Gli israeliani ricordano l'amara lezione di Gaza.
Molti dei critici di Israele li ignorano.
In modo irresponsabile, consigliano ad Israele
di intraprendere quello stesso pericoloso cammino.
Leggete ciò che queste persone dicono ed è come se niente fosse accaduto,
continuano a proporre lo stesso consiglio, le stesse formule
come se niente di tutto ciò fosse mai accaduto.
E questi critici continuano a fare pressione su Israele
per fare concessioni di vasta portata
senza prima garantire la sicurezza di Israele.
Tessono le lodi di coloro che involontariamente nutrono
l'insaziabile coccodrillo,
l'Islam militante, come un audace statista.
Etichettano come nemici della pace
quanti fra noi insistono sul fatto
che bisogna prima di tutto erigere una barriera robusta
per tenere fuori il coccodrillo,
o quantomeno incastrare una barra di ferro tra le sue fauci spalancate.
Così, nonostante le etichette e le diffamazioni,
Israele deve cercare un consiglio migliore.
Meglio una cattiva rassegna stampa di una buona eulogia,
e meglio ancora sarebbe una stampa giusta
il cui senso della storia sorpassi il tempo della colazione,
e che riconosca le legittime preoccupazioni
di Israele in merito alla sicurezza.
Credo che durante seri negoziati di pace,
queste necessità e queste preoccupazioni possano essere propriamente affontate,
ma non saranno affrontate senza negoziati.
E i bisogni sono molti, perchè Israele è un paese così piccolo.
Senza la Giudea e la Samaria, la Cisgiordania,
Israele è in tutto larga 9 miglia.
Voglio metterlo in prospettiva,
perchè vi trovate tutti in questa città.
E' circa due terzi della lunghezza di Manhattan.
E' la distanza tra Battery Park e la Columbia University.
E non dimenticate che le persone che vivono a Brooklyn e nel New Jersey
sono decisamente più carine di alcuni dei vicini di Israele.
Quindi come si protegge un paese così piccolo,
circondato da persone votate alla sua distruzione
e armate fino ai denti dall'Iran?
Ovviamente
non può essere difeso solamente dall'interno di quello spazio ristretto.
Israele ha bisogno di maggiore profondità strategica
e questo è esattamente il motivo
per cui la Risoluzione 242 del Consiglio di Sicurezza
non ha imposto a Israele di lasciare
tutti i territori conquistati durante la Guerra dei Sei Giorni.
Ha parlato di ritiro dai territori,
verso confini sicuri e difendibili.
E di difendere se stessa.
Israele per questo motivo deve mantenere
una propria presenza militare a lungo termine
in zone di grande importanza strategica in Cisgiordania.
L'ho spiegato al Presidente Abbas.
Ha risposto che se uno stato palestinese dovesse essere uno stato sovrano,
non potrebbe mai accettare tali disposizioni.
Perchè no?
Gli Stati Uniti hanno mantenuto truppe in Giappone, Germania e Corea del Sud
per più di cinquant'anni.
L'Inghilterra ha avuto una base area a Cipro.
La Francia mantiene le proprie forze in tre nazioni africane indipendenti.
Nessuno di questi stati sostiene di non essere uno stato sovrano.
E ci sono anche molte altre questioni vitali di sicurezza
che devono essere indirizzate.
Prendete la questione dello spazio aereo.
Ancora una volta,
le contenute dimensioni di Israele creano enormi problemi di sicurezza.
L'America può essere attraversata da un jet nell'arco di sei ore.
Per attraversare in volo Israele occorrono tre minuti.
Dovremmo quindi tagliare a metà il minuscolo spazio areo israeliano
per darlo a uno stato palestinese che non è in pace con Israele?
Il nostro maggiore aeroporto internazionale
si trova a pochi chilometri di distanza dalla Cisgiordania.
Senza pace, i nostri aerei diverrebbero l'obiettivo di missili antiaerei
sistemati nell'adiacente stato palestinese?
E come potremmo arrestare il contrabbando in Cisgiordania?
Non è solamente la Cisgiordania, si tratta delle montagne della Cisgiordania.
Domina la rete costiera
dove la maggior parte della popolazione israeliana si trova.
Come potremmo prevenire il contrabbando in queste montagne
di quei missili che potrebbero essere lanciati sulle nostre città?
Porto all'attenzione questi problemi perchè non sono solo problemi teorici.
Sono estremamente reali.
E per gli israeliani si tratta di questioni di vita o di morte.
Tutte queste potenziali falle nella sicurezza di Israele
devono essere sigillate in un accordo di pace
prima che uno stato palestinese venga dichiarato, non dopo,
perchè se le lasciate al dopo, non verranno sigillate.
E così questi problemi ci esploderanno in faccia e faranno esplodere la pace.
I palestinesi dovrebbero prima fare pace con Israele
e poi ottenere il loro stato.
Ma voglio anche dirvi questo.
Dopo che un tale accordo di pace verrà siglato,
Israele non sarà l'ultimo paese
a dare il benvenuto a uno stato palestinese
come nuovo membro delle Nazioni Unite.
Saremo i primi.
E c'è anche un'altra cosa.
Hamas sta violando la legge internazionale
nel tenere prigioniero il nostro soldato Gilad Shalit da più di cinque anni.
Non ha nemmeno concesso una singola visita della Croce Rossa.
Viene tenuto in una prigione sotterranea,
al buio, contro tutte le norme internazionali.
Gilad Shalit è il figlio di Aviva e Noam Shalit.
E' il nipote di Zvi Shalit,
che fuggì dalla Shoà venendo in Israele negli anni ‘30
da ragazzino.
Gilad Shalit è il figlio di ogni famiglia israeliana.
Ogni nazione rappresentata qui dovrebbe richiedere il suo immediato rilascio.
Se volete far passare una risoluzione sul Medio Oriente oggi,
questa è la risoluzione che dovreste far passare.
Signore e signori, lo scorso anno in Israele
all'Università di Bar-Ilan,
quest'anno alla Knesset e al Congresso degli Stati Uniti,
io ho esposto la mia visione per la pace,
nella quale uno stato palestinese demilitarizzato
riconosce lo stato ebraico.
Si, lo stato ebraico.
Dopo tutto, questo è l'organo che ha riconosciuto lo stato ebraico
64 anni fa.
Ora, non pensate che sia giunto il momento per i palestinesi di fare lo stesso?
Lo stato ebraico di Israele
proteggerà sempre i diritti di tutte le sue minoranze,
inclusi più di un milione di cittadini arabi presenti in Israele.
Vorrei poter dire lo stesso a proposito di un futuro stato palestinese,
perchè i rappresentanti ufficiali palestinesi
hanno detto chiaramente l'altro giorno,
di fatto, credo l'abbiano espresso in modo chiaro proprio qui a New York.
Hanno detto che lo stato palestinese non accetterà al suo interno alcun ebreo.
Saranno liberi da ebrei.
Judenrein.
Questa è pulizia etnica.
Ci sono leggi oggi a Ramallah
che fanno della vendita di terra agli ebrei un crimine punible con la morte.
Questo è razzismo.
E voi sapete quale legge ricorda questo.
Israele non ha alcuna intenzione
di cambiare il carattere democratico del proprio stato.
Non vogliamo solamente che i palestinesi provino a cambiare
il carattere ebraico del nostro stato.
Vogliamo che abbandonino il sogno
di inondare Israele con milioni di palestinesi.
Il Presidente Abbas è semplicemente rimasto lì,
e ha detto che il nocciolo del conflitto israelo-palestinese
sono gli insediamenti.
Beh, questo è strano.
Il nostro conflitto infuria
da circa mezzo secolo,
prima che ci fosse un singolo insediamento israeliano in Cisgiordania.
Dunque se quello che il Presidente Abbas sta dicendo fosse vero,
penso che gli insediamenti dei quali sta parlando
siano Tel Aviv, Haifa, Jaffa, Be'er Sheva.
Forse questo è quello che intendeva l'altro giorno
quando ha detto che Israele sta occupando la terra palestinese
da 63 anni.
Non ha detto dal 1967; ha detto dal 1948.
Spero che qualcuno si prenda la briga di porgli questa domanda
perchè mostra una semplice verità:
il nocciolo del conflitto non sono gli insediamenti.
Gli insediamenti sono il risultato del conflitto.
E' una questione che deve essere affrontata e risolta
nel corso dei negoziati.
Ma il cuore del conflitto è sempre stato, e sfortunamente rimane,
il rifiuto dei palestinesi di riconoscere
uno stato ebraico in qualsiasi confine.
Penso sia giunto il momento che la leadership palestinese
riconosca ciò che ogni serio leader internazionale ha riconosciuto
da Lord Balfour e Lloyd George nel 1917, al Presidente Truman nel 1948,
al Presidente Obama due giorni fa proprio in questa sede:
Israele è lo stato ebraico.
Presidente Abbas, smetta di girare intorno a questa questione.
Riconosca lo stato ebraico e faccia la pace con noi.
In tale genuina pace, Israele è pronta a fare dolorosi compromessi.
Noi crediamo che i palestinesi debbano essere
nè i cittadini di Israele nè i suoi sottoposti.
Dovrebbero vivere in un proprio stato libero.
Ma dovrebbero essere pronti, come lo siamo noi, al compromesso.
E noi sapremo che sono pronti al compromesso e alla pace
nel momento in cui inizieranno a prendere
sul serio le richieste di sicurezza di Israele
e quando smetteranno di negare la nostra connessione storica
alla nostra antica patria.
Li sento spesso accusare Israele di giudaizzare Gerusalemme.
E' come accusare l'America di americanizzare Washington,
o gli Inglesi di anglicizzare Londra.
Sapete perchè ci chiamiamo ‘Giudei'?
Perchè veniamo dalla Giudea.
Nel mio ufficio a Gerusalemme c'è un antico sigillo.
E' un anello di un ufficiale ebraico dei tempi della Bibbia.
Questo sigillo è stato trovato proprio accanto al Muro del Pianto,
e risale a 2.700 anni fa, al tempo del re Ezechia.
C'è il nome di un ufficiale ebreo inscritto sull'anello
in ebraico.
Il suo nome era Netanyahu.
Questo è il mio cognome.
Il mio nome, Benjamin,
ci riporta indietro di mille anni ancora a Beniamino,
Beniamino, il figlio di Giacobbe, che era anche conosciuto come Israele.
Giacobbe e i suoi 12 figli,
percorsero queste stesse colline della Giudea e della Samaria 4.000 anni fa,
e da allora in questa terra c'è sempre stata una continua presenza ebraica.
E per quanto riguarda quegli ebrei che sono stati esiliati dalla nostra terra,
non hanno mai smesso di sognare di tornare:
gli ebrei in Spagna alla vigilia della loro cacciata;
gli ebrei in Ucraina, che fuggivano dai pogrom;
gli ebrei che combatterono nel ghetto di Varsavia mentre i nazisti lo circondavano.
Non hanno mai smesso di pregare, non hanno mai smesso di desiderare.
Sussurravano: il prossimo anno a Gerusalemme.
Il prossimo anno nella terra promessa.
Come Primo Ministro di Israele,
parlo a nome centinaia di generazioni di ebrei
che sono state disperse in terre diverse,
che hanno sofferto ogni male possibile
ma che non hanno mai abbandonato la speranza
di restaurare la loro vita nazionale nel solo e unico stato ebraico.
Signore e signori,
io continuo a sperare
che il Presidente Abbas sia il mio partner per la pace.
Ho lavorato duramente per portare avanti quella pace.
Il giorno che sono entrato in servizio,
ho proposto negoziati diretti senza precondizioni.
Il Presidente Abbas non ha risposto.
Ho descritto una visione di pace fatta da due stati per due popoli.
Non ha ancora risposto.
Ho rimosso centinaia di posti di blocco stradali e checkpoint,
per facilitare la libertà di movimento nelle aree palestinesi;
questo ha facilitato un'eccezionale crescita dell'economia palestinese.
Ma ancora - nessuna risposta.
Ho compiuto il passo senza precedenti
di congelare nuove costruzioni negli insediamenti per 10 mesi.
Nessun primo ministro lo aveva mai fatto prima.
Ancora una volta...
applaudite, ma non c'è stata risposta.
Nessuna risposta.
Nelle ultime settimane,
ufficiali americani hanno mandato avanti idee per riprendere dialoghi di pace.
In quelle idee, c'erano cose riguardo ai confini che non mi sono piaciute.
C'erano cose che riguardavano lo stato ebraico
che sono sicuro che ai palestinesi non sono piaciute.
Ma nonostante tutte queste riserve
ero dell'idea di portare avanti queste idee americane.
Presidente Abbas, perchè non si unisce a me?
Dobbiamo smettere di negoziare sui negoziati.
Procediamo e basta.
Negoziamo la pace.
Ho trascorso anni a difendere Israele sul campo di battaglia.
Ho speso decenni a difendere Israele di fronte all'opinione pubblica.
Presidente Abbas, lei ha dedicato la sua vita
a promuovere la causa palestinese.
Questo conflitto deve continuare per generazioni,
o metteremo in grado i nostri figli e i nostri nipoti
di parlare, tra qualche anno, di come abbiamo trovato il modo di concluderlo?
Questo è ciò cui dovremmo aspirare,
e questo è ciò che penso possiamo ottenere.
In due anni e mezzo ci siamo incontrati a Gerusalemme una sola volta,
anche se le mie porte sono state sempre aperte per lei.
Se vuole, verrò a Ramallah.
Di fatto, ho una proposta migliore.
Abbiamo entrambi volato migliaia di chilometri per venire a New York.
Adesso ci troviamo nella stessa città.
Siamo nello stesso palazzo.
Incontriamoci oggi, alle Nazioni Unite.
Chi può fermarci?
Chi può fermarci?
Se veramente vogliamo la pace,
cosa ci impedisce di incontrarci oggi
e iniziare negoziati di pace?
Suggerisco che parliamo in modo aperto e onesto.
Ascoltiamoci l'un l'altro.
Facciamo come si dice in Medio Oriente: parliamoci ‘dugri'.
Vuol dire in modo schietto.
Le dirò i miei bisogni e le mie preoccupazioni.
Lei mi dirà le sue.
E con l'aiuto di Dio, troveremo il terreno comune per la pace.
C'è un vecchio proverbio arabo che
dice che non si può applaudire con una mano.
Questo è vero anche per quanto riguarda la pace.
Non posso fare la pace da solo.
Non posso fare la pace senza di lei.
Presidente Abbas,
io tendo la mia mano - la mano di Israele - in segno di pace.
Spero che lei stringa questa mano.
Siamo entrambi i figli di Abramo.
Il popolo lo chiama Avraham.
Il suo lo chiama Ibrahim.
Condividiamo lo stesso patriarca.
Dimoriamo nella stessa terra.
I nostri destini sono incrociati.
Proviamo a realizzare la visione del profeta Isaia:
“Coloro che camminavano nell'oscurità vedranno una grande luce."
Facciamo che quella sia la luce della pace.
A nome dell'Assemblea generale
voglio ringraziare il Primo Ministro dello Stato di Israele
per la dichiarazione che ha appena reso.