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Per colli e valli, tra le macchie e i rovi,
per giardini e confini, tra le acque e le fiamme,
vaghiamo in lungo e in largo.
Veloci più del cerchio della luna;
al servizio della Regina delle fate
spargendo rugiada sulle sue orme.
Le primule sono il suo corteo fedele.
Le macchie nei loro manti dorati
sono rubini, doni delle fate,
in quelle efelidi riposano gli aromi.
Dobbiamo cercare gocce di rugiada
e appendere una perla ad ogni petalo.
Come va, spiritelli?
Forse la tua forma e il tuo aspetto m'ingannano,
non sei tu il folletto astuto e birbone chiamato Robin Goodfellow?
Non sei tu colui che spaventa le fanciulle dei villaggi,
screma il latte e talvolta inceppa la zangola
facendo inutilmente faticare senza respiro la massaia;
e a volte non lascia lievitare la birra;
di notte manda fuori strada i viandanti, per ridere alle loro spalle?
Ma aiuti e porti fortuna
a chi ti chiama "folletto birichino", "il caro Puck"!
Fate largo, fate! Ecco Oberon.
Ed ecco la nostra signora.
Se ne fosse andato!
Oberon è infuriato,
perché lei ha come paggio
un bel fanciullo, rapito a un re dell'India;
e il geloso Oberon lo vorrebbe per sé.
Brutto incontro al chiar di luna,
- orgogliosa Titania! - geloso Oberon!
Andate via di qui, fate.
Ho rinunciato al suo letto e alla sua compagnia.
Perciò i venti
hanno risucchiato dal mare vapori contagiosi.
Perciò il bue invano si sottomette al giogo,
la stalla è vuota nel campo inondato,
i corvi si ingrassano mangiando bestie malate;
le stagioni cambiano:
primavera,
estate,
- il fertile autunno - l'inverno rabbioso
variano di aspetto,
e il mondo stupito
dal loro cambiamento,
più non le distingue.
E questa successione di mali
nasce dalle nostre controversie,
dai nostri dissensi;
noi stessi ne siamo l'origine
e i modelli!
Sta a te dunque correggerli.
Chiedo solo che un fanciullo rapito diventi mio paggio.
Metti il cuore in pace.
Il regno delle fate non basterà per acquistarlo.
Sua madre era una mia sacerdotessa,
ma essendo mortale,
morì quando il *** nacque.
E per amore di lei non mi separerò dal fanciullo.
Dammi quel fanciullo ed io andrò con te.
- Nemmeno per tutto il regno. - Andrò con te!
Andiamo, fate!
Bene, vai per la tua strada:
non uscirai da questo boschetto
finché non ti avrò tormentato per questa offesa.
Vieni qui, dolce Puck.
Ricordi l'erba che ti mostrai un giorno;
il suo succo, versato sulle palpebre di un dormiente,
farà sì che un uomo o una donna s'innamori follemente
della prima creatura vivente sulla quale poserà lo sguardo.
Che sia leone, orso, lupo o toro,
scimmia petulante
o macaco indaffarato.
Portami quell'erba,
e ritorna
prima che il Leviatano possa nuotare una lega.
In quaranta minuti avrò steso un nastro
intorno alla terra.
Una volta impossessatomi del succo magico,
attenderò che Titania si addormenti,
e verserò il nettare nei suoi occhi;
e prima di rimuovere l'incantesimo dalla sua vista,
mi farò ridare il paggio.
Come stai, amore?
Perché così pallida?
Perché le rose sono sfiorite così presto?
Forse per mancanza d'acqua,
sebbene potrei irrorarle
con la pioggia delle mie lacrime.
Ahimè! Per quanto io potessi leggere,
o udire dai racconti o dalla storia,
un vero amore non ha mai avuto buona sorte.
O era la disparità delle loro condizioni.
S ventura!
Chi è troppo in alto per unirsi con chi sta troppo in basso.
O troppi anni di differenza.
Ahimè! Troppo vecchia per fidanzarsi con un giovane.
O chi è dipendente dalla scelta degli amici.
Maledizione! Scegliere l'amore tramite gli occhi di un altro!
Che il vero amore sia contrastato,
sembrerebbe una decisione
del destino.
Impariamo allora ad avere pazienza.
Buona idea:
ascoltami dunque, Ermia.
Ho una zia vedova, titolata
e benestante,
senza figli;
la sua casa dista sette leghe da Atene.
Mi considera come suo unico figliolo.
Là, dolce Ermia, potrò sposarti;
e in quel luogo la dura legge ateniese,
che ti costringe a sposare Demetrio,
non potrà perseguirci.
Ebbene, se tu mi ami,
vi andremo insieme.
Mio buon Lisandro,
se tu mi ami
io giuro sull'arco più forte di Cupido.
Io giuro sulla sua migliore freccia con la punta d'oro.
Io giuro sulle candide colombe di Venere.
Io giuro
su quel che unisce le anime e fa fiorire gli amori.
Io giuro
su quel fuoco che fece ardere
la regina di Cartagine
quando vide salpare
il Troiano traditore:
io giuro
su tutti i giuramenti infranti dagli uomini,
che sono assai più numerosi di quelli mai pronunciati dalle donne.
Io giuro.
Che sia leone, orso, lupo o toro,
scimmia petulante,
o macaco indaffarato.
Ma chi sta arrivando?
Sono invisibile;
ascolterò il loro discorso.
Io non ti amo, dunque non seguirmi.
Dove sono Lisandro
e la bella Ermia?
Il primo lo ucciderò,
l'altra mi uccide.
Dicesti che erano fuggiti in questo bosco;
ed eccomi qui, a tormentarmi nel bosco,
poiché non trovo la mia Ermia.
Dunque vattene, cessa di seguirmi.
Mi attiri, irremovibile cuore di pietra;
se abbandoni il potere che a te mi attira,
io perderò il potere di seguirti.
Ti seduco? Ti parlo con dolcezza?
O non ti sto dicendo,
in tutta sincerità, che non ti amo,
che non posso amarti?
E per questo ti amo ancora di più.
Sono il tuo cane fedele;
e, Demetrio,
più mi bastonerai,
più ti adulerò.
Trattami come un cane,
rifiutami, bastonami,
trascurami, abbandonami;
ma permettimi soltanto,
indegna come sono,
di seguirti.
Non mettere alla prova il mio rancore;
perché mi sento male alla tua vista.
Ed io mi sento male quando non ti vedo.
Fuggirò da te, mi nasconderò nella macchia
lasciandoti in preda alle bestie selvagge.
Ti seguirò...
Addio, ninfa.
- ...e farò - Addio,
- dell'inferno un paradiso - prima ch'egli lasci questo boschetto...
per morire per mano di colui che amo tanto.
...sarai tu a fuggire da lui, e lui a supplicarti di amarlo.
Benvenuto, viandante!
Hai con te il fiore?
Conosco una sponda
dove fiorisce il timo selvaggio,
dove crescono primule
e violette
dal capo chino.
Sotto una volta
di rigoglioso agrifoglio,
dolci rose muschiate
ed eglantina,
parte della notte
dorme Titania,
cullata dai fiori
fra danze
e musiche gioiose.
E là il serpente
lascia la sua pelle smaltata,
tanto ampia
da vestire una fata.
Del suo succo cospargerò le sue palpebre,
la farò traboccare,
di fantasie astiose.
Prendine un poco
e cerca nel boschetto
una dolce fanciulla ateniese
innamorata di un giovane sdegnoso.
Bagna i suoi occhi;
ma fallo quando al risveglio
potrà vedere per prima cosa la dama.
Riconoscerai il giovane
dal suo abito ateniese.
- Siamo tutti presenti? - Sì, sì.
Faresti meglio a chiamarli
uno per uno, in base alla lista.
Ma prima, buon Peter Quince,
spiegaci di cosa tratta il dramma.
Diamine, il nostro dramma è "La commedia più lamentevole,"
"la morte crudele"
"di Piramo e Tisbe".
"Di Piramo e Tisbe".
Un bel lavoro, ve lo assicuro,
e divertente.
Dunque, buon Peter Quince,
chiama gli attori secondo la lista.
Signori, in fila.
Rispondete quando vi chiamo.
Nick Bottom, tessitore.
Presente. Dimmi qual è la mia parte e procedi.
Tu, Nick Bottom, devi recitare la parte di Piramo.
Chi è Piramo?
Un amante o un tiranno?
Un innamorato che si uccide assai eroicamente per amore.
Sono più portato per il tiranno.
Potrei recitare benissimo Ercole
o una parte in cui fracasso tutto,
frantumo sassi ruggenti;
con sussulti tremendi che spezzano i battenti
dei cancelli del carcere,
e il carro di Febo splende lontano,
e fa e disfa...
e fa e disfa lo stolto Fato.
Che parole meravigliose!
Ora fai l'appello degli altri attori.
Francis Flute.
Questo è lo spirito di Ercole, lo spirito di un tiranno.
- Francis Flute, riparatore di mantici. - Un amante sarebbe più lamentevole.
Presente, Peter Quince.
Flute, reciterai la parte di Tisbe.
Chi è Tisbe?
Tisbe, un cavaliere errante?
È la signora di cui Piramo dovrà innamorarsi.
Per carità,
non fatemi recitare la parte di una donna;
mi spunta la barba.
Non ha importanza: reciterai con una maschera
e con un vocino piccolissimo.
Anch'io posso nascondere il volto,
fai recitare Tisbe anche a me,
parlerò con una vocina piccolissima.
"Tisbina, Tisbina."
"Ah, Piramo,"
"amor mio!"
"La tua Tisbina, il tuo amore!"
No, no; devi recitare Piramo;
e Flute, tu sarai Tisbe.
Bene, procediamo.
"Ah Piramo,"
- "amore mio," - Robin Starveling,
- "la tua Tisbina, il tuo amore..." - sarto.
- Presente, Peter Quince. - Robin Starveling,
reciterai la parte della madre di Tisbe.
- Tom Snout, stagnino. - Presente, Peter Quince.
Tu, il padre di Piramo; io, il padre di Tisbe;
Snug, falegname;
tu,
la parte del leone; e così, si spera,
la commedia sarà perfetta.
Ce l'hai il testo della parte del leone?
Se c'è, dammelo,
per imparare la parte, ho bisogno di tempo.
Puoi improvvisare,
perché non farai altro che ruggiti.
Fai fare il leone anche a me:
saprò ruggire a volontà,
che sarà un piacere sentirmi.
Ruggirò così bene, che il duca dirà:
"Fatelo ruggire ancora."
E ruggiresti così paurosamente,
che terrorizzeresti e faresti urlare dalla paura
la duchessa e le signore;
basterebbe per farci impiccare tutti.
Ci farebbero impiccare.
Poveri noi, figli di mamma!
Ma saprò ruggire per voi
con un vocino piccolissimo
e con la dolcezza di una colombella.
Ruggirò per voi
come un usignolo.
Farai la parte di Piramo e basta;
perché è un uomo di bell'aspetto;
una brava persona,
un vero gentiluomo.
Pertanto reciterai la parte di Piramo.
Ebbene, mi impegnerò.
Ecco, signori, i vostri ruoli;
e vi supplico, vi prego e vi scongiuro,
di impararli entro stasera,
affinché possiamo iniziare le prove.
Ci saremo;
e faremo le prove oscene
con il massimo coraggio.
Date il vostro meglio;
la perfezione sia la vostra mira: addio.
Addio.
C'incontreremo alla quercia del duca.
O dolce amore,
svieni dopo tanto vagare nel bosco;
e ti confesso
di aver smarrito la via.
Fermiamoci, Ermia,
se credi, sostiamo
per il riposo della giornata.
E sia, Lisandro;
trova un giaciglio;
io poserò il capo su questa sponda.
Una zolla servirà
da cuscino a entrambi;
un cuore, un giaciglio, due petti e un giuramento.
No, buon Lisandro;
per il mio bene, amore mio,
distenditi più in là,
non così vicino.
Stammi lontano;
buona notte, dolce amico.
Il tuo amore non muoia mai
finché tu vivrai!
Così sia, rispondo alla bella preghiera.
Che la vita finisca
quando sarà finita la mia lealtà!
Così sia.
Ho attraversato la foresta,
ma non ho trovato ateniesi
ai quali cospargere le palpebre
del potere amoroso di questo fiore.
Notte e silenzio.
Chi è?
Indossa un abito ateniese.
Costui, disse il mio padrone,
disprezza la fanciulla di Atene.
Zotico, cospargerò i tuoi occhi
del potere di questo fiore.
S vegliati quando sarò partito;
poiché ora devo recarmi da Oberon.
Così sia, rispondo alla bella preghiera.
Fermati, se anche per uccidermi,
dolce Demetrio.
Allontanati, te lo comando, e non perseguitarmi più così.
Vuoi lasciarmi nell'oscurità?
Non farlo.
Resta, a tuo rischio, io me ne andrò da solo.
Ho perso il fiato in questa folle corsa!
Più prego,
meno grazia mi è concessa.
Felice è Ermia, dovunque si trova;
perché possiede occhi beati e attraenti.
Felice è Ermia.
Ahimè, sono brutta come un orso.
Le bestie che incontro fuggono dalla paura.
Ma chi è?
Lisandro! Steso al suolo!
Morto? O addormentato?
Non vedo sangue né ferite.
Lisandro, se sei vivo,
signore, destati.
Per amor tuo attraverserei il fuoco.
Elena splendente! Natura mostra il suo potere,
facendomi vedere il tuo cuore attraverso il tuo petto.
Dov'è Demetrio?
Ah, quel vile è degno di morire
sulla mia spada!
Non dirlo, Lisandro;
non dire così.
S'egli ama la tua Ermia? Signore, che importa?
Ermia ama ancora te; sii contento.
Contento con Ermia?
No. Mi pento dei minuti tediosi trascorsi con lei.
Non amo Ermia,
bensì Elena;
chi non scambierebbe un corvo per una colomba?
Perciò sarei nata per soffrire questo scherno?
Perché ho meritato tanto disprezzo?
Mi fai torto, in verità,
a corteggiarmi con tanto sprezzo.
Dunque addio.
Devo confessare
che ti ritenevo più gentiluomo.
Non vede Ermia.
Ermia, dormi pure;
non ti avvicinare mai a Lisandro!
Dormi pure;
e tutte le mie facoltà
siano dirette ad amare Elena,
e a diventare il suo cavaliere!
Lisandro, aiuto, Lisandro,
che sogno ho avuto!
Lisandro, guarda, Lisandro,
tremo dal terrore.
Mi pareva che un serpente mi divorasse il cuore,
e tu guardavi sorridendo al suo crudele attacco.
Lisandro! Come, te ne sei andato?
Lisandro! Signore!
Come, non mi sente? Se n'è andato?
Non mi senti?
Ahimè, dove sei?
Parla, se puoi udirmi, parla, in nome dell'amore! Lisandro,
svengo dal terrore.
Lisandro!
Signore!
Vieni!
Vieni, un girotondo
e una canzone;
poi, per la terza parte di un minuto, via di qui;
alcune a uccidere bruchi
nei boccioli delle rose muschiate,
alcune a guerreggiare con i pipistrelli e rubare le pellicole delle loro ali,
per vestirne i miei elfetti;
ed altre a tenere lontana la stridula civetta
che la notte grida perché stupita
dai nostri spiriti bizzarri.
Fatemi assopire con il canto;
poi mettetevi all'opera e lasciatemi dormire.
Serpi macchiate dalla lingua biforcuta,
ricci spinosi, via di qui;
ramarri e orbettini, non recate del male,
non avvicinatevi alla Regina delle fate.
Filomela, intona con noi
una dolce ninnananna.
Ninna, nanna...
Dall'amabile signora stia lontano
ogni male, danno e incanto;
buonanotte, ninnananna.
Non avvicinatevi, via di qui
ragni tessitori dalle lunghe zampe!
Lontan da qui, scarabei neri;
vermi e lumache, non recate fastidio.
Filomela, intona con noi una dolce ninnananna.
Ninna, nanna...
Dall'amabile signora stia lontano
ogni male, danno e incanto;
buonanotte, ninnananna.
Ora andiamo! Tutto è tranquillo.
La più sveglia faccia da sentinella.
Quel che vedrai aprendo gli occhi,
sarà il tuo vero amore,
per lui dovrai soffrire.
Che sia lonza, gatto,
orso, leopardo
o cinghiale irsuto
a mostrarsi a te al tuo risveglio,
egli sarà il tuo amore.
Destati quando s'avvicina una creatura vile.
- Siamo tutti qui? - Sì, sì, sì.
Ecco un posto meravigliosamente adatto per la nostra prova.
- Peter Quince? - Cosa dici, carissimo Bottom?
Vi son degli aspetti in questa commedia,
che non piaceranno mai. Innanzitutto, Piramo deve sguainare la spada
per suicidarsi; le signore non lo apprezzeranno.
Perdinci, che paura.
Sono convinto che dovremo rinunciare al suicidio,
quando tutto è finito.
Neanche per sogno.
Ho un'idea su come risolvere tutto.
Scrivetemi un prologo;
dite loro che in realtà io non sono Piramo,
bensì Bottom, il tessitore:
così non si spaventeranno.
Le signore non avranno paura
del leone?
Temo di sì,
ve l'assicuro.
Pertanto occorre un altro prologo
per spiegar loro
che non si tratta di un vero leone,
bensì di Snug, il falegname.
Ma vi sono due complicazioni:
ovvero, far entrare il chiar di luna in una stanza;
poiché, come sapete, Piramo e Tisbe s'incontrano al chiar di luna.
La luna splenderà la sera della nostra recita?
Un calendario, un calendario, guardate nell'almanacco,
trovate il chiar di luna.
Chiar di luna, chiar di luna.
Altrimenti, qualcuno deve entrare con un fascio di spini e una lanterna
e annunciare ch'egli è giunto per impersonare il chiar di luna.
Poi vi è un altro problema:
nella grande sala occorre un muro.
Impossibile portar dentro un muro.
Tu che ne dici, Bottom?
Qualcuno dovrà impersonare il muro
e dovrà tenere le dita in questo modo:
attraverso quella fessura bisbiglieranno Piramo e Tisbe.
Allora va tutto bene.
Venite, sedetevi tutti,
figli di mamma, e recitate le vostre parti,
ognuno secondo la sua battuta.
Piramo, inizia tu.
Che razza di bifolchi si stanno dando arie,
così vicino al giaciglio della Regina delle fate?
Parla, Piramo.
Tisbe, vieni avanti.
Tisbe,
i fiori odiosi emanano dolci profumi...
Odorosi, odorosi.
...odorosi emanano dolci profumi.
Come il tuo alito, mia carissima Tisbe.
Ascolta, una voce!
Resta qui per un attimo,
e tra poco tornerò.
Ti seguirò.
Ti porterò in giro.
Ora tocca a me parlare?
Certo che tocca a te.
Perché devi capire che lui
va a vedere perché ha sentito un rumore,
poi torna subito.
Raggiante Piramo, dal color bianco come i gigli,
e rosso come una rosa sul rovo trionfante,
giovane possente, allegro e di bell'aspetto,
fedele come il destriero più fidato e instancabile,
t'incontrerò, Piramo, alla tomba del Ninno.
Questo non devi ancora dirlo.
È la risposta che darai a Piramo.
Stai leggendo tutta la parte d'un fiato, con le battute e tutto.
Entra, Piramo: la tua battuta è passata;
è "instancabile".
Ah, fedele come il destriero più fidato e instancabile.
Se fossi bello,
Tisbe, sarei soltanto tuo.
Mostruoso! Che strano!
Siamo sotto un incantesimo.
Pregate, signori!
Fuggite, signori!
Aiuto! Aiuto! Aiuto!
Perché fuggono?
È una bricconata per farmi paura.
Oh Bottom, Bottom, sei cambiato!
Cosa vedo sul tuo collo?
Cosa vedi?
Ci vedi la tua testa di somaro, non è così?
Dio mio, Bottom!
Sei trasfigurato.
Vedo che è una bricconata:
è per farmi passare da somaro;
per farmi paura, se ne fossero capaci.
Ma non mi sposterò di qui e canterò,
così sentiranno
che non ho paura.
Il corvo nero, dal becco giallo,
il tordo con il suo bel canto, lo scricciolo con il suo trillo...
Quale angelo mi desta
dal mio giaciglio di fiori?
Il fringuello, il passero e l'allodola,
il cuculo dal canto monotono:
molti ne odono il richiamo,
ma non osano rispondervi.
Ti prego, dolce mortale, canta ancora:
il mio orecchio è innamorato del tuo canto;
il mio occhio è incantato dalla tua forma;
sei saggio quanto bello.
Né l'uno né l'altro:
ma se avessi abbastanza ingegno
per uscire da questo bosco...
Da questo bosco
non devi desiderare di uscire.
Resterai qui,
che tu voglia o meno.
Io non sono uno spirito qualunque.
Ti affiderò delle fate che si occuperanno di te.
Fiordipisello!
Agli ordini.
Ragnatelo!
Anch'io.
Tignola!
Anch'io.
Mostardino!
Anch'io.
Dove dobbiamo andare?
Siate gentili e cortesi con questo gentiluomo.
Saltellate dov'egli cammina
e fategli festa;
nutritelo di lamponi e albicocche,
di uve nere,
fichi verdi e more.
Rubate il miele
ai calabroni,
e le zampe di cera, da accendere
come fiaccole
con la fiamma delle lucciole,
per accompagnare il mio amore quando si distende e quando si alza.
Elfi, inchinatevi davanti a lui, fategli la riverenza.
Salve, mortale, salve!
Imploro pietà da vostra signoria, la vostra pietà, di cuore.
Salve, mortale, salve!
Imploro pietà da vostra signoria.
Supplico di conoscere il nome di vostra signoria.
Ragnatelo. Salve, mortale, salve!
Desidero conoscervi meglio,
messer Ragnatelo.
Il vostro nome, signore?
Fiordipisello. Salve, mortale, salve!
Vi prego, raccomandatemi alla signora Buccia, vostra madre,
e al signor Baccello, vostro padre.
Il vostro nome, vi prego, signore?
Mostardino. Salve, mortale, salve!
La vostra compagnia mi ha fatto lacrimare spesso gli occhi,
caro messer Mostardino.
Desidero conoscervi meglio.
- Il vostro nome, signore? - Ti...
Vieni, siediti su questo letto fiorito,
mentre carezzo le tue dolci guance,
e pongo rose muschiate sulla tua fronte alta e liscia,
e bacio i tuoi begli orecchi grandi,
gioia mia.
Dov'è Fiordipisello?
Agli ordini.
Grattami la testa, Fiordipisello.
- Dov'è il messer Ragnatelo? - Agli ordini.
Messer Ragnatelo, afferrate le armi,
e uccidetemi un calabrone dalle zampe rosse,
e, buon signore, portatemi la sacca del miele.
- Dov'è il signor Mostardino? - Agli ordini.
Datemi la zampa,
messer Mostardino.
Vi prego, non disturbatevi, buon messere.
Desiderate?
Nient'altro, buon signore, che aiutare messer Ragnatelo a grattare.
Sono un asino così tenero,
se i capelli appena mi solleticano,
devo grattarmi.
Dov'è il messer Tignola?
- Presen... - Vuoi
ascoltare un po' di musica,
mio dolce amore?
Ho un orecchio discretamente musicale.
Sentiamo i tamburelli e le nacchere.
Ho un orecchio discretamente musicale.
Ma, vi prego,
che nessuno mi disturbi:
mi sta scendendo il sonno.
Dormi, mentre io ti cullerò nelle mie braccia.
Andatevene, fate, e restate lontane.
Così la vite
abbraccia dolcemente il tenero caprifoglio;
l'edera femmina si intreccia con i rami dell'olmo.
Oh, come ti amo!
Ti amo alla follia!
Salve, spirito pazzerello!
Quale incanto notturno regna in questo boschetto?
Guarda, guarda, la mia signora è innamorata di un mostro.
È ancora meglio
di quanto speravo.
Ma non hai ancora versato il nettare dell'amore
sulle palpebre dell'ateniese, come ti avevo ordinato?
Vieni a vedere: è lui, l'ateniese.
La donna è lei, ma l'uomo non è lui.
Oh, perché sgridi colui che t'ama tanto?
Se hai ucciso Lisandro nel sonno,
vai fino in fondo, e uccidi anche me.
Ah, buon Demetrio, mi restituirai l'amato?
Preferirei gettare la sua carogna in pasto ai miei cani.
Vattene, cane, vattene, vigliacco,
dunque l'hai ucciso?
- Non sono colpevole del suo sangue. - Allora dimmi, ti prego,
ch'egli è salvo.
Se te lo dicessi, che vantaggio ne avrei?
Quello di non vedermi mai più.
E così ti libero dalla mia odiosa presenza.
Ch'egli sia vivo o morto, non cercarmi mai più.
Inutile seguirla, è troppo impetuosa.
Dunque mi fermerò qui per un poco.
Così aumenta ancora
il peso del dolore.
Che cosa hai fatto? Hai confuso tutto
e hai cosparso il nettare dell'amore sulle palpebre di un amante fedele.
Vai nel bosco, più veloce del vento,
a ritrovare Elena di Atene.
Vado, guarda come vado veloce,
più rapido d'una freccia scoccata dall'arco del Tartaro.
Fiore di tinta porporina,
con l'arco di Cupido
trafiggi la sua pupilla.
Quando vedrà la sua amata,
ch'essa splenda, meravigliosa
come Venere in cielo.
Se è vicino a te al tuo risveglio,
supplicala, chiedi il rimedio.
Capitano della nostra compagnia fatata,
Elena è in arrivo, insieme al giovane che mi aveva tratto in inganno.
Vediamo il comportamento degli innamorati?
Signore, che stolti sono questi mortali!
Perché dovresti pensare ch'io ti corteggio per deriderti?
Questi giuramenti sono per Ermia.
Vuoi abbandonarla?
Quando ho giurato a lei, ero cieco.
A mio parere lo sei ancora, adesso che vuoi lasciarla.
Demetrio ama lei,
non ama te.
Elena, dea, ninfa, sei perfetta, divina!
A cosa, amore mio, posso paragonare i tuoi occhi?
Al confronto, il cristallo sembra torbido.
Quanto mature paiono le tue labbra,
come ciliegie piene di tentazione, che meritano un bacio!
La neve pura e bianca dei monti Tauri
esposta al vento d'oriente, appare nera come un corvo
quando alzi la tua mano.
Lascia ch'io baci questa candida principessa,
sigillo della felicità!
- Elena! Dea! - Oh, perfidia! Oh, inferno!
- Ninfa, perfetta, divina! - Oh, perfidia! Oh, inferno!
Vi siete uniti per farmi soffrire
- Sei crudele, Demetrio. - per il vostro divertimento.
Non far così, poiché ami Ermia.
Guarda, sta arrivando il tuo amore;
- Sai bene che io lo so. - quella è la tua amata.
Ah, Lisandro,
perché mi hai lasciato così crudelmente?
Ermia, mi offendi!
Fanciulla ingrata!
Hai congiurato
con loro per tramare una burla
e deridermi in modo orrendo?
Tutte le nostre confidenze, i segreti che abbiamo condiviso,
i giuramenti tra sorelle, le ore trascorse insieme
rimproverando il tempo perché troppo presto ci separava,
tutto è dimenticato?
L'amicizia dei tempi di scuola,
l'innocenza dell'infanzia? Noi due, Ermia,
come due artefici divine,
con due aghi abbiamo creato un unico fiore,
un unico ricamo, sedute su un solo cuscino,
cantando la stessa canzone,
sul medesimo tono;
come due bellissimi frutti
maturati sullo stesso ramoscello;
così, come due corpi somiglianti
che hanno un unico cuore;
ed ora vuoi spezzare il nostro antico affetto
per unirti agli uomini e deridere la tua povera amica?
Non è da amica, non è da fanciulla garbata.
Sono stupita dalle tue parole appassionate.
Io non mi prendo gioco di te: anzi, mi sembra il contrario.
Ebbene, continuate, fingete sguardi tristi,
fatemi le smorfie quando vi volto spalle;
strizzatevi l'occhio; continuate il giochetto.
- Addio. - Resta, dolce Elena.
- In parte è colpa mia; la mia morte, - Ascolta la mia scusa.
- la mia assenza, porrà presto rimedio. - Amore, vita mia, dolce Elena!
- Benissimo! - Caro, non burlarti così di lei.
Se non valgono le sue suppliche, posso usare la forza.
Non puoi costringermi più di quanto lei non possa supplicare.
Io dico che l'amo più di te.
Se lo dici, fermati e dimostralo.
Vieni, presto!
- Lisandro, che significa tutto ciò? - Vattene, moro! - Nossignore.
Finge di liberarsi, uomo docile, vai!
Vattene, gatta, lappola, vigliacca, lasciami,
o ti staccherò da me come un serpente!
Che mutamento è mai questo, amore mio?
- Amore mio? - Amore tuo! Via, zingara!
Vattene, medicina ripugnante! Pozione disgustosa, vattene!
- Non stai scherzando? - Sì, in verità,
- e anche tu. - Vorrei davvero potermi fidare.
- Non mi fido della tua parola. - Come, dovrei ferirla,
colpirla, ucciderla? Anche se la odio,
non le farò del male.
Più che odiarmi, che male peggiore puoi farmi?
Lisandro, tieniti la tua Ermia. Io non la voglio.
Non sono Ermia? Non sei tu Lisandro?
Siete rivali nell'amore per Ermia; e lo siete anche nel beffare Elena.
Intrigante! Malvagia!
Ladra d'amore!
Ingannatrice!
Marionetta!
Marionetta? E perché?
Ah, adesso capisco il gioco.
Ora capisco, ha fatto il confronto
tra le nostre stature;
ha messo in risalto la sua altezza;
e con la sua persona,
il suo aspetto, la sua statura, certo,
è riuscita ad aver ragione di lui.
E sei cresciuta tanto nella sua stima
perché io sono bassa e nanerottola?
Quanto sono bassa, palo riverniciato?
Dimmi, quanto sono bassa?
Sono alta abbastanza
da raggiungere i tuoi occhi con le unghie.
Vi prego, anche se volete burlarvi di me, signori,
non lasciate che mi ferisca;
forse penserete
ch'io possa difendermi da sola poiché lei
è alquanto più bassa di me.
Più bassa? Sentila, ancora!
Oh, quand'è infuriata,
è mordace e scaltra!
Era una bisbetica
quando andava a scuola;
e pur essendo piccolina, è accanita...
Ancora piccolina! Null'altro che "bassa" e "piccolina"?
- Sparisci, nana. - Sentila ancora!
Non sei che un filo di graminacea.
Perché le permettete di schernirmi così?
- Chicco! Granellino! - Sentila! Lasciatela a me!
- Perché le permettete di schernirmi così? - Sparisci, nana.
Non temere, Elena, non ti farà del male.
Nossignore, non me lo farà,
anche se state dalla sua parte.
Siete troppo invadente a favore di chi invece
disdegna i vostri servizi.
Lasciatela sola: non parlate di Elena.
Seguimi, se ne hai il coraggio.
No, andrò con te, spalla a spalla,
per vedere chi di noi due
avrà la meglio con Elena.
Signora, tutto questo per colpa vostra.
- No, fermatevi. - Non mi fido di voi, io...
Lontana dalla vostra infelice compagnia.
No, fermatevi.
Quando si tratta di litigare, le vostre mani son più leste delle mie,
ma quando si tratta di fuggire le mie gambe son più lunghe.
È la tua negligenza, hai fatto un altro errore,
oppure queste bricconate le hai commesse apposta.
Credimi, re delle ombre, mi sono sbagliato...
Vedi che questi amanti cercano un luogo per duellare.
Affrettati dunque, Robin, fai rannuvolare la notte;
fa' che questi irascibili rivali perdano la strada,
che l'uno non possa imbattersi nell'altro.
Finché non scenda sulle loro ciglia il sonno che somiglia alla morte,
il sonno pesante come il piombo,
con ali di pipistrello:
allora spremi quest'erba nell'occhio di Lisandro.
Quando si desteranno, tutta questa derisione
sembrerà loro un sogno, una futile visione.
Affrettati, Robin, non indugiare:
finiremo la faccenda prima del giorno.
Su e giù, su e giù,
li porterò su e giù.
Tutti mi temono, in campagna ed in città.
Folletto, portali su e giù.
- Ecco che ne arriva uno. - Chi sei,
fiero Demetrio?
Parla.
Sono qui, canaglia, in guardia.
Chi sei?
Dunque seguimi verso un terreno più adatto.
Lisandro! Ripetilo:
vigliacco, codardo,
sei fuggito?
Ti vanti urlando alle stelle ma non ti fai avanti?
Allora, ci sei?
Segui la mia voce: vediamo se sei un uomo.
Se ne va precedendomi
e continua a sfidarmi.
Lisandro!
Quando arrivo nel luogo da cui mi chiama, se n'è già andato.
E in questo sentiero, oscuro e accidentato, sono caduto.
Qui mi riposerò.
Vieni, o giorno!
Appena vedrò la luce dell'alba,
troverò Demetrio e mi vendicherò di questa offesa.
Ehi, codardo, perché non vieni?
Affrontami, se ne hai il coraggio.
Adesso dove sei?
Vieni avanti: sono qui.
No, allora ti stai burlando di me.
La pagherai cara, se mai riuscirò a vederti in faccia
alla luce del giorno:
ora vattene per i fatti tuoi.
Adesso la stanchezza mi costringe
a distendermi
su questo freddo giaciglio.
Allo spuntare del giorno preparati alla mia visita.
Oh notte stancante,
notte lunga e faticosa,
accorcia le tue ore!
La luce giunga presto a mio conforto!
E il sonno, che talvolta fa scordare il dolore,
mi sottragga per un po' a me stessa.
Soltanto tre?
Manca una persona.
Due di ciascun sesso e saranno quattro.
Ecco che arriva,
triste e sconsolata:
Cupido è un birbante
a far ammattire queste povere ragazze.
Più affaticata
e addolorata che mai,
fradicia di umidità, strappata dai rovi,
più non posso trascinarmi, non posso continuare.
Le gambe non obbediscono più alla mia volontà.
Qui mi riposerò fino allo spuntar del sole.
Il cielo protegga Lisandro,
se vengono alle mani!
Sulla terra
dormi profondamente.
Sui tuoi occhi, dolce amante, si apporrà la medicina.
Al tuo risveglio
proverai gran diletto alla vista
del tuo antico amore,
e si avvererà
il vecchio detto:
Gianni avrà la sua Giannetta, tutto è sistemato,
alla stalla torna la cavalla,
e tutto quanto a posto andrà.
E tutto quanto a posto andrà.
Vedi, caro Robin,
vedi che bello spettacolo?
Comincia a farmi pena per la sua infatuazione.
Ed ora che ho il fanciullo,
cancellerò questa odiosa imperfezione della sua vista.
Sii com'eri abituata ad essere,
vedi com'eri abituata a vedere.
Il bocciolo di Diana fiorito sullo stelo di Cupido
possiede la forza e il divino potere.
Sii com'eri abituata ad essere.
Ora svegliati, Titania mia, svegliati,
mia dolce regina.
Mio Oberon!
Che visioni ho avuto!
Credevo di essere innamorata di un asino.
Ecco lì disteso il tuo amore.
Com'è potuto accadere?
Oh, adesso come mi sembra odioso!
Silenzio.
Robin, liberalo da questa testa.
Titania, evoca la musica,
ed immergi nel sonno più profondo
i sensi di tutti e cinque.
Musica, olà!
- Olà, musica! - Date inizio alla musica!
Che evochi il sonno!
Vieni, mia regina, prendiamoci per mano,
culliamo il terreno
che accoglie questi dormienti.
Ora che tra noi è tornata l'armonia,
a mezzanotte danzeremo solennemente,
festeggiando nella dimora del duca Teseo,
ed augureremo prosperità a tutti.
Là saranno unite le coppie di fedeli amanti,
con Teseo, in grande allegria.
Re delle fate, ascolta bene:
sento il canto dell'allodola mattutina.
Elena!
Ermia!
Demetrio!
Lisandro!
Siete certi che siamo desti?
Mi pare di dormire ancora,
di sognare.
Mi pare di vedere con gli occhi divisi,
tutto mi sembra doppio.
Tutto sembra piccolo e indistinguibile,
come montagne lontane
che si trasformano in nuvole.
Sembra anche a me.
E ho visto Demetrio come un gioiello,
mio eppure non mio.
E ho visto la bella Elena
come un gioiello,
mio eppure non mio.
Ed io ho visto Lisandro come un gioiello,
- mio eppure non mio. - Ed io ho visto la dolce Ermia
come un gioiello,
mio eppure non mio.
Dunque siamo desti;
andiamo, e lungo il cammino
raccontiamoci i nostri sogni.
Quando è il momento della mia battuta,
chiamatemi e risponderò.
La prossima è
"eccelso Piramo".
Ehilà!
Peter Quince!
Flute, il riparatore di mantici?
Snout, lo stagnino? Starveling?
In nome di Dio,
siete fuggiti e mi avete lasciato dormire!
Ho avuto uno di quei sogni
inspiegabili con la ragione umana.
Mi sembrava di essere,
non saprei dire che cosa.
Mi sembrava di essere, mi pareva di avere...
Ma l'uomo non può essere che un asino per tentare di spiegare
quello che io ero convinto di avere.
Mai un occhio umano ha udito,
mai un orecchio umano ha veduto,
mai la mano ha gustato, mai la lingua ha pensato,
né il cuore ha mai narrato
quel che io ho sognato.
Il mio sogno!
Chiederò a Peter Quince, il carpentiere,
di comporre una ballata su questo sogno, e sarà intitolata
"Il sogno di Bottom",
perché non ha né capo né coda;
e la canterò alla fine della commedia,
innanzi al duca.
Forse, per renderla ancora più graziosa,
la canterò alla morte di lei.
Avete inviato qualcuno a casa di Bottom?
È tornato?
Non se ne sa nulla.
Senza dubbio è stato trasportato.
Se non arriva, la commedia è rovinata:
non può continuare, non è così?
Impossibile:
al di fuori di lui, non vi è nessuno ad Atene in grado di recitare Piramo.
No, è il più brillante dell'intera categoria di artigiani di Atene.
Sì, ed anche il più gentiluomo.
Signori,
il duca sta arrivando dal tempio.
Se il nostro spettacolo fosse andato avanti, avremmo fatto carriera.
O bel Bottom! Così si è perso sei centesimi,
sei centesimi al giorno per tutta la vita.
E se il duca non gli avrebbe dato sei soldi al giorno per recitare Piramo,
voglio farmi impiccare. Li avrebbe meritati.
Sei centesimi al giorno per Piramo, o nulla.
Non poteva farne a meno.
- Sei centesimi al giorno... - Sei centesimi. O nulla.
Dove sono questi ragazzi?
Bottom!
Dove sono questi cuori?
O giorno coraggioso!
Signori!
Bottom!
Ho meraviglie da raccontarvi:
ma non chiedetemi quali.
- Sentiamo, caro Bottom. - Di me non dirò una parola.
L'unica cosa che vi dirò è che il duca ha pranzato
e che la nostra commedia è favorita.
La nostra commedia è favorita.
Carissimi attori,
riunite i vostri costumi,
lacci buoni per le barbe,
nastri nuovi per le scarpe;
e che ognuno ripassi la sua parte.
Che Tisbe disponga di biancheria pulita;
che il leone non si tagli le unghie;
non mangiate aglio né cipolla, affinché tutti possano dire:
- È una buona commedia. - Basta discorsi, basta parole.
- È una buona commedia. - A palazzo, andiamo.
Ormai, bella Ippolita,
l'ora nuziale s'avvicina rapidamente;
questo giorno felice porta la nuova luna:
ma quanto è lenta a tramontare la vecchia luna!
Essa frena i miei desideri, come una matrigna o una vedova
che lesina a lungo le entrate a un giovane.
Questo giorno sprofonderà presto nella notte.
Questa notte consumerà rapidamente il tempo come un sogno.
Poi la luna, come un arco d'argento
teso nei cieli, contemplerà la notte
delle nostre solennità.
Ippolita, ti ho corteggiata con la spada,
e, conquistando il tuo amore, ti ho ferito;
ma ti sposerò con contegno ben diverso,
con fasto, onori e festeggiamenti.
Perdono, mio signore.
Alzatevi tutti, vi prego.
So che voi due eravate rivali e nemici.
Com'è nata dunque questa piacevole concordia?
Mio signore, vi rispondo con stupore:
mi recai laggiù con Ermia.
Era nostro intento fuggire da Atene,
per sottrarci al pericolo della legge ateniese.
Mio signore, la bella Elena mi narrò della loro fuga,
ed io, furioso, li rincorsi.
La bella Elena, innamorata, mi seguì.
Ma, mio buon signore...
Gentili amanti,
questo discorso lo continueremo tra poco.
Ermia, disubbidirò alla volontà di tuo padre;
poiché nel tempio, in nostra compagnia,
queste coppie verranno unite per l'eternità.
Gioia, cari amici!
Gioia e giorni felici d'amore
accompagnino i vostri cuori!
Orbene, quali commedie e danze abbiamo,
per allietarci queste interminabili tre ore
che separano la fine della cena dall'ora del sonno?
"Una piccola e noiosa scena con il giovane Piramo e la sua amata Tisbe:"
"un divertimento tragicissimo."
Allegro e tragico?
Noioso e breve?
Come dire, ghiaccio bollente e strana, miracolosa nevicata.
Quali sono gli attori?
Uomini dalle mani rozze che lavorano qui ad Atene,
e che finora non si sono mai sforzati ad usare l'intelletto.
Ascolterò quel dramma.
Poiché una cosa non può essere mai sbagliata,
quando viene offerta con semplicità e devozione.
Signore, accomodatevi.
Se vi offendiamo, è con buone intenzioni.
È bene che sappiate: non veniamo per offendervi, bensì con buon intento.
Mostrare la nostra semplice arte,
ecco il vero principio del nostro fine.
Pensate dunque che noi siamo qui per dispetto.
Non veniamo per compiacervi, il nostro vero intento è.
Darvi diletto non siamo qui.
Per costringervi al pentimento, gli attori sono pronti:
e mediante il loro dramma apprenderete tutto ciò che probabilmente già sapete.
Questi ragazzi non sanno dove mettere i punti.
Il suo discorso era come una catena ingarbugliata.
Hanno cavalcato il prologo come un puledro selvaggio.
In verità, era come un flauto suonato da un bambino.
Il suono c'era, ma senza alcun controllo.
Non basta parlare, occorre parlare correttamente.
- Nobili signori! - Chi è il prossimo?
Nobili signori, forse vi stupirete per questo spettacolo;
ma continuate a stupirvi, fin quando la verità non vi sarà chiara.
Quest'uomo è Piramo, se vi interessa;
questa bella signora è senza dubbio Tisbe.
Quest'uomo, impiastrato e intonacato,
rappresenta il muro, quel vile muro
che ha separato i due amanti.
Quest'uomo con la lanterna, il cane e il fascio di pruni,
rappresenta il chiar di luna.
Questa è l'orrenda bestia detta leone.
In conclusione, lasciate che il leone, il chiar di luna, il muro
e gli amanti vi raccontino la storia,
finch'essi sono qui.
Mi chiedo se parlerà anche il leone.
Non c'è da meravigliarsi, bella signora:
se parlano tanti asini, potrà parlare anche il leone.
In questo stesso interludio
il sottoscritto, di nome Snout, rappresenta un muro;
un muro che nel mezzo, dovete immaginare,
aveva una crepa, ovvero una fessura.
Ed è questa la fessura, da destra e sinistra,
attraverso la quale bisbigliano, timorosi, gli amanti.
Si può pretendere che un impasto di calce e peli reciti meglio di così?
È il muro più perspicace
ch'io abbia mai ascoltato.
Piramo si avvicina al muro.
Silenzio!
O notte triste!
O notte nera!
O notte sempre presente quando il giorno è assente!
O notte! Ahimè, ahimè, ahimè!
Temo che Tisbe abbia scordato la promessa!
E tu, o muro, o dolce, bellissimo muro,
che separi il terreno di suo padre da quello mio!
Muro, muro, o dolce, bellissimo muro,
mostrami la tua fessura, perché io possa spiare con gli occhi!
Grazie, gentile muro:
Giove te ne renderà merito!
Ma cosa vedo?
Non vedo nessuna Tisbe.
O perfido muro, che non mi lascia intravedere il mio bene!
Maledette siano le tue pietre, che mi hanno ingannato!
Il muro, credo, essendo intelligente, dovrebbe rispondere all'ingiuria.
No, signore, in fede mia, non dovrebbe.
"Per avermi ingannato"
è la battuta d'entrata per Tisbe.
Ecco che arriva.
Muro, quante volte hai udito i miei gemiti,
quando Piramo ed io ci siamo separati!
Spesso le mie rosse labbra hanno baciato le pietre,
le tue dolci pietre di calce e peli.
Vedo una voce: ora mi appresso alla fessura
per spiare e vedo il volto di Tisbe.
Tisbe!
Amore, tu sei l'amore mio, almeno credo.
Pensa quel che vuoi, sono la grazia del tuo amante.
Tu sei l'amore mio, almeno credo.
Pensa quel che vuoi: oh, baciami, baciami
attraverso il buco del vile muro!
- Oh, baciami, - Io, amore mio... tu, amore mio...
Bacio il buco del muro,
non le tue labbra.
Verrai subito a incontrarmi alla tomba del Ninno?
Per la vita o per la morte, vengo senza...
- "Indugio"! - ...indugio.
Così io, il muro, ho fatto la mia parte;
e, poiché ho finito, il muro se ne va via.
È la cosa più imbecille che abbia mai udito.
Il meglio in questo genere non è che un'ombra,
e il peggio non è peggio, se la fantasia lo ritocca.
Arrivano due nobili animali, un uomo e un leone.
Voi, signore
dal cuore sensibile,
che temete il più piccolo topolino che striscia mostruosamente per terra,
dovete sapere che io, Snug, il falegname,
sono una pelle di leone: del leone non sono nemmeno il cucciolo.
Una fiera docilissima, e molto coscienziosa.
La bestia più bestia ch'io abbia mai visto.
Ma ascoltiamo la luna.
Questa lanterna rappresenta la luna cornuta.
Avrebbe dovuto mettersi le corna in testa.
Io stesso ho il volto della luna.
Allora dovrebbero infilarlo nella lanterna.
Altrimenti come fa ad avere il volto della luna?
Questa lanterna rappres...
Non ha il coraggio di farsi avanti per via della candela.
Procedi, luna.
Tutto ciò che ho da dire è che questa lanterna è la luna;
Io, che sono il volto della luna,
questo fascio di pruni è il mio, e questo cane è il mio.
Basta con questa luna:
se almeno cambiasse fase!
Silenzio;
arriva Tisbe.
Questa è la tomba del vecchio Ninno.
Dov'è il mio amore?
Hai ruggito bene, leone.
Sei fuggita bene, Tisbe.
Ti sei scrollato bene, leone.
Sei fuggita bene, Tisbe.
Hai illuminato bene la scena, luna.
Davvero, questa luna splende con buona grazia.
Dolce luna,
grazie per i tuoi raggi luminosi;
grazie, luna,
che splendi così chiara;
ma fermati, oh, rabbia! Guarda, povero cavaliere,
che lutto orrendo? Occhi, vedete?
Come può essere!
Oh, uccellino mio!
Dio mio! Il tuo bel manto è macchiato di sangue!
Avvicinatevi, Furie feroci!
O Parche, venite, venite, tagliate il filo della vita;
seminate angoscia, morte e distruzione!
Sia maledetto il cuore mio,
ma sento pietà per lui.
Perché, o natura, hai creato i leoni?
Poiché un vile leone ha deflorato la mia diletta,
la quale è: no, no, la quale era la dama più bella.
Venite, lacrime, al diavolo; fuori, spada,
e ferisci il seno di Piramo.
Così muoio, così, così, così.
Ora sono morto.
Ora me ne sono andato; l'anima mia è in cielo.
Lingua, perdi la luce!
Luna, fuggi!
Ora muori, muori, muori...
Con l'aiuto di un medico potrebbe ancora guarire,
e si scoprirebbe che è un somaro.
Adesso arriva Tisbe, e il suo lamento conclude il dramma.
Spero che sarà breve.
Dormi, amore mio?
Sei morto, mio diletto?
O Piramo, alzati!
Parla, parla. Sei muto?
Morto...?
Una tomba copra i tuoi dolci occhi.
Queste labbra di giglio, il naso scarlatto,
queste guance che sembrano primule,
ahimè, più non sono.
Piangete, amanti: i suoi occhi erano verdi come porri.
Lingua, più non parlare.
Vieni, spada fedele,
vieni, o lama, macchia il mio petto.
Amici, addio;
così finisce Tisbe.
Addio, addio, addio.
Restano il chiar di luna e il leone a seppellire i morti.
Sì, e il muro.
No, vi assicuro: il muro che separava i loro padri è abbattuto.
Vi farebbe piacere vedere l'epilogo
o ascoltare una danza bergamasca?
Niente epilogo, vi supplico; il vostro dramma non richiede scuse.
Avanti con la bergamasca.
La ferrea lingua di mezzanotte ha pronunciato i dodici rintocchi.
A letto, amanti; è quasi l'ora delle fate.
Temo che domattina il sonno si riprenderà il tempo
che questa notte gli abbiamo rubato.
Cari amici, a letto.
Ora ruggisce il leone affamato, e il lupo ulula alla luna,
mentre il rozzo aratore russa esausto per la sua fatica.
Ora brillano le torce consumate, mentre la civetta lancia un grido
che tormenta chi giace sofferente, pensando al sudario.
È l'ora notturna
in cui i folletti escono dai sepolcri spalancati
e si aggirano per i sentieri del cimitero.
E noi spiriti, che rincorriamo il carro di Ecate triforme
allontanandoci dal sole per inseguire l'oscurità come un sogno,
adesso ci divertiamo: che neanche un topo osi recare disturbo
a questa casa consacrata.
Mi mandano avanti con la scopa, a spazzare la polvere dietro la porta.
Diffondete per la casa una luce splendente,
elfi e folletti, intonate con me il ritornello,
cantate e ballate allegramente.
Prima provate la canzone a memoria,
per ogni parola un gorgheggio.
Mano nella mano, con grazia incantata,
cantiamo e auguriamo ogni bene a questo luogo.
Gireremo per la casa
fino allo spuntare del giorno.
Presso il miglior letto nuziale
ci recheremo per benedirlo;
e la prole concepita
godrà sempre di fortuna.
Le tre coppie di sposi
si amino in eterno.
Con questa rugiada dei campi
le stanze siano consacrate,
una per una, dalle fate.
In questo palazzo ognuno riposi protetto,
sereno e tranquillo,
e il suo padrone sia benedetto.
Orsù, andate; non indugiate;
tornate da me allo spuntar del giorno.
Se noi ombre vi abbiamo offeso,
pensate a questo, e saremo perdonate:
che avete soltanto dormicchiato
mentre vi sono apparse queste visioni.
Nobili signori, non rimproverateci.
Perdonateci e faremo di meglio, altrimenti chiamate Puck un bugiardo.
Buona notte a tutti quanti.
Applaudite e restiamo amici,
poi Robin tutto sistemerà.